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Editoriale

Criticità della waterpolo

  Pubblicato il 21 Feb 2015  10:52
Tra i diversi editoriali che compariranno su questo sito, alcuni esamineranno con serenità e la massima obiettività le problematiche del nostro sport. Proporremo anche ipotesi di sviluppo con suggerimenti che potranno essere condivisi, criticati e, ci auguriamo, possano avere il contributo delle vostre esperienze.
Penso sia utile iniziare con una prima riflessione sull'anomalia della gestione delle discipline acquatiche. Tra esse la waterpolo è quella che presenta le maggiori criticità.
Pur avendo tutte le discipline un elemento in comune, l'acqua, questa diventa spesso motivo di contrasti che, il più delle volte, vedono la waterpolo penalizzata. Inoltre, la carenza degli spazi acqua con i loro notevoli costi di gestione, il presupposto della capacità natatoria degli atleti che ha imposto ad essi lunghi periodi di scuole nuoto, le trasferte, le attrezzature, ecc. penalizzano ulteriormente il nostro sport rispetto alle altre discipline.
Oggi, inoltre, la waterpolo è una disciplina praticata e diffusa ad un certo livello solo in poche aree geografiche, è poco seguita dai media e, conseguentemente, poco interessante per sponsor/partner importanti. Con questi presupposti difficilmente è possibile reperire risorse economiche indispensabili per il miglioramento della popolarità del nostro sport.
Strana anomalia è quella che si verifica nella pratica della waterpolo: i Paesi dove è maggiormente sviluppata hanno un reddito basso ma da decenni sono leader dei più importanti eventi. Al contrario, la waterpolo è poco sviluppata nei Paesi con alto reddito.
Il motivo di questo limitato sviluppo nei Paesi con alto reddito è dovuto al comportamento di quelle famiglie benestanti che, dopo aver fatto avvicinare i figli al gioco della palla in acqua, li obbligano a dedicarsi allo studio nella prospettiva di un futuro lavorativo. Peraltro, nessun dirigente ha la possibilità di convincere le famiglie a permettere ai ragazzi di impegnarsi nello studio e contemporaneamente dedicarsi allo sport. Non possono prospettare alle famiglie un "rimborso spese" che giustifichi il "sacrificio" del doppio impegno dei ragazzi poichè non hanno risorse economiche in quanto la waterpolo in quei Paesi  è poco conosciuta e sviluppata.
Tale problematica esisterà fino a quando in quei Paesi non sarà promossa e diffusa la cultura del nostro sport formando dirigenti/promoter, tecnici, arbitri e suscitando passione.
Anche se la soluzione del problema è compito delle istituzioni, è indispensabile  un impegno, forse maggiore, dai parte di tutto il mondo della waterpolo.
Gabriele Pomilio