DAL QUOTIDIANO "LA REPUBBLICA" (articolo di Marco Caiazzo)
Franco Porzio. Cinquant'anni, ex campionissimo della pallanuoto: scudetti, Coppe Campioni e Olimpiadi Oggi si dedica ai giovani con il progetto Acquachiara, che lui considera "la mia vittoria più bella nello sport"
"Volevo fare il calciatore ho trionfato in piscina" Giura che la sua vittoria più bella è al Frullone,
periferia nord di Napoli. Qui ha costruto Acquachiara, modello di gestione sportiva con un'identità forte che ha poi esportato in altre tre strutture. Ma nei primi cinquant'anni di Franco Porzio) ci sono stati scudetti e Coppe dei Campioni, medaglie d'oro olimpiche, mondiali ed europee, le avventure di uno scugnizzo che voleva giocare a calcio ma non aveva fatto i conti col papà che lo obbligò a
portare il suo talento nella pallanuoto.
Porzio, è vero che voleva fare il calciatore?
«Mio padre lavorava alla Mostra d' Oltremare, siamo cresciuti vedendo i derby nella piscina scoperta. Io e mio fratello Pino eravamo due scugnizzi, tormentavamo i portieri lanciando pietrine dalla piattaforma dei tuffi. Il calcio mi piaceva di più, avevo fatto un provino col Napoli e mi avevano preso. Peccato che Mino Cacace, il mio primo allenatore, e mio padre non ne volessero sapere. Mi hanno costretto a restare in piscina».
Primi passi...
«A otto anni allo Sporting Club San Giorgio. Quando Cacace andò al Posillipo mi portò con
lui, era il 1976. Pino mi raggiunse l'anno dopo. Cacace ci accompagnava in piscina dopo
pranzo e a casa la sera tardi: è stato un secondo padre. Tempo per la scuola non ce n' era tanto,
giocavo sempre».
Una carriera al Posillipo.
«A 15 anni ero in serie A, a 17 in Nazionale. Al Posillipo mi sento radicato. Da giocatore discutevo spesso con i dirigenti: dopo di noi non c' è ricambio, bisogna puntare sui giovani. Non mi ascoltarono e feci di testa mia, fondando l' Acquachiara nel 1997, quando ancora giocavo».
Il Posillipo non ha smesso di pensare a lei: un giorno potrebbe diventare presidente?
«Mi è stato chiesto di scendere in campo dopo Marinella, ma oggi sono concentrato sull'Acquachiara. Al Frullone era una struttura abbandonata, le erbacce arrivavano fin sopra il cancello d'ingresso. Oggi è una famiglia e vorrei che diventasse una sorta di club, da vivere tutto l'anno».
La sua vittoria più bella: perché?
«A trent' anni credevo che avrei vissuto con i soldi guadagnati in carriera. Invece amo le sfide e sento forte il legame col territorio, l'importanza dello sport per ragazzi. Oggi Acquachiara è una realtà aperta a tutti, trasversale e che parte dal basso. Non ho mai fatto avvicinare nessuno che non avesse i requisiti».
Come s'impara a fare il dirigente?
«Al Posillipo il presidente Cerciello mi faceva fare tutto anche fuori dalla piscina. Dopo il ritiro diventai
dirigente e vicepresidente, alcuni soci s'adombrarono e andai via. È stata la mia fortuna, ho creato una creatura che dal nulla è arrivata in serie A1 e in finale di Euro Cup».
Si sente diverso dal Porzio di trent'anni fa?
«No, sono sempre stato metodico, mi sono posto domande. Coi primi soldi della pallanuoto io e Pino
abbiamo comprato due case. Mio padre si confidò con mia madre: questi ragazzi hanno la testa sulle spalle, altri a 19 anni avrebbero comprato macchine di lusso. Veniamo da una famiglia umile, di
lavoratori. Ci siamo trovati in una situazione più grande di noi ma abbiamo saputo gestirla».
Con Pino il rapporto è speciale.
«Ci separa un solo anno, la carriera l' abbiamo vissuta tutta insieme. Prima finale scudetto nel 1985,
vincemmo 32 con la Canottieri. L' anno dopo perdemmo la finale mondiale con la Serbia dopo 8 tempi supplementari: partita storica, ci allenava Fritz Dennerlein. Abbiamo vinto 8 scudetti, le Olimpiadi a Barcellona nel '92, gli Europei di Sheffield '93 e i Mondiali di Roma 94. Ricordo un'aggressione degli ungheresi a Pino, una tonnara in acqua: lo difesi e mi beccai una squalifica. Ma quello è uno dei punti più alti della mia carriera».
Era l'inizio della una parabola discendente?
«Macché, nel 1995 vincemmo lo scudetto a Roma, dove erano pronti i palloncini con i nomi dei giocatori a bordo vasca: non li hanno mai gonfiati. La soddisfazione più grande è aver sconfitto anno dopo anno le squadre che prendevano i grandi stranieri per batterci. Accadeva perché eravamo compagni di squadra ed amici, abbiamo scritto una favola irripetibile, girando il mondo».
Il ritiro dei Porzio fece scalpore.
«Vincemmo due Coppe dei Campioni, Napoli '97 e Zagabria '98. Quando uscimmo dalla piscina croata io e Pino ci guardammo negli occhi, lui era da una parte, io dall'altra. Bastò un cenno: è il momento. Non ne avevamo mai parlato, ci sembrava giusto chiudere al vertice la nostra storia in rossoverde. Abbiamo stracciato un ricco contratto biennale».
Il futuro, Porzio?
«Dobbiamo fare di più per i giovani. Non ci sono risorse economiche, avremo sempre più difficoltà per mettere a posto gli impianti e farci crescere i giovani. Ma da noi si fa socializzazione e aggregazione, non solo sport. Acquachiara è un'eccellenza internazionale, il prototipo di come oggi si gestiscono le realtà sportive. La nostra è una realtà fatta da decine di ragazzi che lavorano e di eventi: con Yellowball portiamo alla Mostra centinaia di giovani pallanuotisti di tutto il mondo. Ecco perché è la mia vittoria più bella, sono partito da sottoterra per arrivare sulla luna».
Marco Caiazzo
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