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Le prime quattro puntate

  Pubblicato il 26 Feb 2120  21:39
La numero 23 in maglia azzurra, una splendida bruna coi capelli corti, alta e slanciata, estendendo in scivolata le sue lunghe leve ferma l'avanzata della numero 15 rossoblu a centrocampo. Sul terreno appesantito dalla pioggia il pallone rotola sui piedi della numero 4 azzurra, che non aspettava altro. Testa bassa, incurante del pericolo di prendere un contropiede, la piccola grintosa centrocampista si catapulta verso l'area avversaria sospinta dall'incintamento dei tifosi, ma proprio mentre sta per scoccare il tiro un braccio rossoblu le fa perdere l'equilibrio. La 4 piomba a terra, il bel viso che va a baciare la linea bianca dell'area di rigore. Ma, come sospinta da una molla, si rialza, afferra il pallone e lo piazza nel punto dove è avvenuto il fallo. Con il dorso della mano destra scrosta dalle labbra la calce che le imbratta tutto il viso e si avvicina alla 23. "Pensaci tu".
La 23 risistema il pallone con cura sul punto della battuta mentre l'arbitro spruzza lo spray davanti a piedi delle rossoblu in barriera. Poi indietreggia velocemente, sguardo fisso verso la porta avversaria. L'arbitro fischia, la 23 parte, raggiunge il pallone e col sinistro lo colpisce di pieno collo mentre le avversarie in barriera, che si aspettano una traiettoria alta, sono già in elevazione. Ma il pallone è rasoterra e, maligno, s'infila in un pertugio della barriera per poi terminare la sua corsa nell'angolino alla sinistra del portiere avversario, anche lei sorpresa dalla traiettoria.
E' il terzo minuto di recupero. Non c'è più tempo. Mentre le altre azzurre si arrampicano sulla 23 braccia al cielo, l'arbitro fischia la fine dell'incontro. Sono le 16,24 di domenica 15 marzo.
Alle 16.32, terminati i festeggiamenti, le azzurre escono dal campo. "Che partita!", urla la 7, una piccoletta tutto pepe, la più scalmanata, mentre percorre il corridoio che porta agli spogliatoi abbracciata al numero 99, il secondo portiere. "Me lo sentivo che avremmo vinto", dice la 8, una graziosa bionda, al numero 2. E' il capitano della squadra e non è del tutto soddisfatta: "Dovevamo chiuderla pri...".
Non riesce a terminare la frase, impietrita da un urlo agghiacciante che spegne il sorriso sul volto delle sue compagne di squadra.

***

Il campo di gioco si chiamava "Simpatia". Napoli, quartiere Pianura.
Il commissario si chiamava Arcangelo Noce e con il sostantivo simpatia nulla aveva a che vedere. E nemmeno con i vocaboli cortesia, educazione, comprensione. Era il responsabile del commissariato di Fuorigrotta, dove si era guadagnato con anni di maltrattamenti ai subalterni il soprannome "La iena".
"Quando si decide il questore a rispedirlo da dove è venuto?", si chiedeva ogni giorno il 99,5% del personale del commissariato. Lo 0,5% mancante si chiamava Donatello Dell'Angelo, era il suo vice, e - pur essendo anche lei vessata quotidianamente da Noce - sopportava stoicamente. E ai colleghi puntualmente rispondeva così: "Non fatevi illusioni, il questore non lo manderà via mai: dove lo trova uno bravo come lui?".
A Napoli mai nessuno come Noce: media casi risolti 93%. Era giunto nel 2014 dal commissariato di S.Benedetto del Tronto, la sua città natale. Anni 55, altezza 1.70, scarni capelli neri tirati all'indieto, occhi castani, celibe. E gay. Lo sapevano tutti, Noce non lo nascondeva, se ne fotteva del parere degli altri.
"Forse sarebbe il caso di mandarle a casa queste ragazze, sono morte di paura", disse Donatella Dell'Angelo.
"Non se ne parla nemmeno", rispose la iena mentre Ferdinando Barbato, il medico legale, esaminava il cadavere che le calciatrici della squadra ospite avevano rinvenuto davanti alla porta del loro spogliatoio. Erano state le prime a rientrare dal terreno di gioco mentre la squadra di casa continuava a festeggiare in campo la vittoria.
Gli uomini della scientifica aspettavano che Barbato terminasse il suo lavoro prima di entrare in azione. Anche Noce attendeva, speranzoso che il medico legale potesse dirgli qualcosa in più di quello che il commissario già sapeva: la vittima era stata strangolata con una sciarpa.
"La vittima è stata strangolata con la sciarpa che gli abbiamo trovato al collo", disse Barbato.
"A quello c'ero arrivato anch'io", commentò freddamente la iena.
"E io molto volentieri quella sciarpa te la farei ingoiare", pensò Barbato, il quale era ai primissimi posti nella lista di coloro che non digerivano Noce e i suoi modi. Il corpulento medico legale, al quale mancavano due anni per andare in pensione, durante la sua esistenza aveva coltivato assieme all'amore per la cucina (la sua pastiera nel 2017 aveva vinto un premio ad un concorso internazionale) anche l'arte della pazienza ed era riuscito a superare brillantemente anche il test più difficile che potesse trovare sulla sua strada: l'esame Noce. Per cui, lasciando scivolare il commento della iena, aggiunse: "Però lei non sa che l'assassino, prima di strangolarlo, gli ha fatto perdere i sensi sbattendogli la testa sul pavimento".
"Era presumibile, tuttavia. Altrimenti la vittima avrebbe urlato e qualcuno sarebbe corso in suo aiuto".
Noce ovviamente non chiese a Barbato l'ora del delitto. Era facilmente immaginabile: l'assassino aveva colpito tra le 15,40 e le 16,20, cioè nell'arco di tempo in cui la zona degli spogliatoi era rimasta deserta.
La vittima si chiamava Enrico Ruggiero. Aveva 52 anni. Napoletano, divorziato, senza figli, titolare dell'omonimo mobilificio con sede a Torre del Greco. "Voleva entrare a far parte del nostro gruppo di soci", spiegò al commissario il vice presidente della Partenopea, la squadra padrona di casa. Si chiamava Bruno Dell'Aquila e curiosamente il cognome si sposava con i suoi lineamenti: capelli neri, naso adunco, folte sopracciglia, occhi neri. Alto e massiccio, sovrastava Noce di buoni 15 centimetri. "Qualche giorno fa l'ho invitato ad assistere alla partita delle ragazze, non ne aveva mai vista una. E' arrivato al campo con la sua Volvo alle 14. L'ho accolto all'ingresso, siamo andati assieme a prendere un caffè al bar accanto e alle 14,20, dieci minuti prima dell'inizio della partita, siamo saliti in tribuna. Si è seduto accanto a me e ha seguito la gara fino al termine del primo tempo. Durante l'intervallo siamo scesi a fare due passi, volevo conoscere le sue impressioni, Ruggiero mi ha detto che era rimasto entusiasta. Siamo risaliti in tribuna alle 15.35, il secondo tempo era appena cominciato. Un paio di minuti dopo ha ricevuto una telefonata e, dopo aver visto il numero del display, mi ha detto: "Vengo subito". Si è diretto rapidamente verso le scale che dalle gradinate portano all'uscita e da allora non l'ho visto più".
"Ha visto il numero sul display?".
"No, commissario. Le posso dire soltanto che Ruggiero non ha risposto subito alla chiamata, perlomeno non lo ha fatto prima di lasciare la tribuna".
"Cosa ha pensato quando non l'ha visto tornare?".
"Ho pensato che doveva essere successo qualcosa d'importante ed ero un po' contrariato. "Poteva farmi almeno una telefonata", mi sono detto.
"Ma lei lo conosceva bene?", chiese la iena.
"No, commissario. Era la prima volta che lo vedevo in vita mia. Lo conoscevo di nome, certo, Ruggiero era uno degli imprenditori più ricchi e noti del meridione. Si è messo in contatto con noi tramite amici comuni".
"Prima di ricevere quella telefonata, Ruggiero le è sembrato preoccupato per qualcosa?".
"No, commissario. Anzi, era di ottimo umore. Per tutto il tempo in cui è rimasto in tribuna non ha fatto altro che commenti positivi sulla bravura delle nostre calciatrici, e anche qualche apprezzamento extra-calcistico. Le nostre ragazze, oltre che brave, sono anche molto graziose", aggiunse con orgoglio il vice presidente della Partenopea.

***

Tempo un quato d'ora e il campo Simpatia fu invaso da giornalisti e telecamere. "Chi cazzo li ha fatti entrare?", sbraitò Noce rivolgendosi al suo vice Donatella Dell'Angelo, che scosse la testa come per dire: "Io non centro nulla".
L'orda affamata di notizie si divise: alcuni si precipitarono sul terreno di gioco, dove Noce aveva rimandato le calciatrici in attesa di dare l'ok per il loro ritorno a casa. Altri, dopo averlo individuato rapidamente, circondarono Noce. "Ci può dire qualcosa, commissario?".
"Si, andate a cagare". Poi diede ai suoi uomini l'ordine di farli sgomberare. "Buttateli fuori. Se ne vedo uno solo qui nei prossimi cinque minuti, lo sbatto in galera".

***

L'assassino aveva portato via documenti e cellulare della vittima, ma la testimonianza di Dell'Aquila escluse a priori l'ipotesi che Ruggiero potesse essere stato ucciso per un tentativo di rapina andato storto. "Notizie dalla centrale?", chiese Noce a Donatella Dell'Angelo.
"Ruggiero aveva la fedina penale sporca, commissario. E' stato in galera per omicidio".
 
***

"E che cazzo!" fu il commento di Walter, il marito di Donatella Dell'Angelo, quando il vice commissario gli comunicò: "Stasera non mi aspettare, faccio tardi".
Walter aveva programmato una domenica sera con cibo cinese e un film d'azione sul divano, e un finale ancor più movimentato in camera da letto.
L'omicidio di Enrico Ruggiero mandò tutto all'aria.
"E che cazzo!" esclamò Arcangelo Noce quando Elio, il proprietario dell'omonima trattoria di via Lepanto dove il commissario consumava tutti i suoi pasti, comunicò alla iena cosa si sarebbe perso quella sera per sopraggiunto omicidio: "Linguine ai frutti di mare e frittura del golfo".
Non appena Noce mise piede in commissariato, per giunta, arrivò la telefonata del questore: "L'attendo domani mattina alle 9 nel mio ufficio". La voce nulla prometteva di buono.
E infatti, alle 9,05 di lunedì 16 marzo, il questore prese il cellulare e lo spiattellò davanti alla faccia di Noce: "Riconosce questa voce, commissario?".
"Andate a cagare".
Il video dell'incontro ravvicinato della iena con i giornalisti al campo Simpatia stava spadroneggiando sul web. "Migliaia di visualizzazioni e una figura di merda", commentò acido il questore.
Noce rimase in silenzio. Se avesse potuto, avrebbe messo volentieri le mani addosso al suo superiore. Non per la cazziata, la iena se ne fotteva, ma per il tempo che il questore gli stava facendo perdere. "C'è un assassino in giro e tu, pezzo d'idiota, ti preoccupi di quello che dice la stampa?".
Dopo aver speso un quarto d'ora per la reprimenda, il questore rubò altri venti minuti al tempo prezioso di Noce per essere messo al corrente delle prime indagini sull'omicidio: "Stiamo seguendo una pista che potrebbe rivelarsi importante. Enrico Ruggiero, la vittima, nel 2007 ha scontato sei anni per omicidio colposo. Era fatto di cocaina quando ha preso in pieno con la sua Passat una Fiat Tipo provocando la morte del guidatore. Uscito di galera, nel giro di pochi anni ha fatto fortuna rilevando un mobilificio di Torre del Greco che era sull'orlo del fallimento".
La iena avrebbe voluto aggiungere: "Mi dici che te ne fai di queste informazioni se poi il lavoro lo devo fare tutto io?".
Come se gli avesse letto nel pensiero, il questore disse: "Per riparare a quello che lei ha combinato domenica scorsa, adesso dovrò convocare una conferenza stampa. E poichè so benissimo che lei non verrà, me la vedrò direttamente io con i giornalisti. E adesso può andare".
Fortunatamente era in zona la sede dell'istituto di credito dove Ruggiero aveva depositato i suoi averi. Pur essendo ateo, Noce pregò Iddio di fargli trovare un direttore di filiale che gli permettesse di recuperare il tempo perduto, ma le sue speranze andarono in mille pezzi, frantumate dalla valanga di parole che lo investì non appena entrò nell'ufficio di Gastone Persico: "Ma lo sa, commissario, che da giovane volevo entrare in Polizia? Purtroppo mi ha fregato l'altezza, altrimenti nel mio piccolo (e accompagnò con una risata il suo gioco di parole) sono certo che avrei potuto dare il mio contributo alla giustizia. Vuole una dimostrazione? Il mio intuito mi dice che lei è qui per conoscere la situazione bancaria di Enrico Ruggiero". E senza attendere la conferma di Noce proseguì: "Che rimanga tra me e lei, quell'uomo non mi era particolarmente simpatico. Non che mi avesse fatto nulla, per carità, era anche un ottimo cliente, ma a pelle mi ha dato subito una sensazione sgradevole".
"Quindi, devo metterla tra i possibili sospetti?", chiese Noce. Non voleva strappare un sorriso al direttore, voleva soltanto mettere in qualche modo un argine a quel fiume di parole. Ma l'effetto della battuta fu controproducente, Persico spinse i polsi in direzione del commissario, come per farsi mettere le manette, e ammiccando disse: "Lo confesso, sono stato io. Ma ho le mie attenuanti, commissario. Lei non può minimamente immaginare. quanti rompiscatole si presentino ogni giorno in questo ufficio per la minima sciocchezza. E ovviamente devo mostrarmi cortese con tutti mentre non so cosa darei per prenderli a calci per tutto il tempo che mi fanno perdere".
Fu un assist per Noce: "Ecco, appunto. Non voglio farle perdere anch'io il suo tempo prezioso. Mi illustri brevemente la situazione bancaria di Enrico Ruggiero". E diede particolarmente forza a quel "brevemente" nella speranza che il suo logorroico interlocutore si regolasse di conseguenza. E stavolta le sue aspettative non andarono deluse.
"Certo, commissario. Sapevo che la Polizia sarebbe venuta, quindi mi sono anticipato".
Il direttore prese da uno dei cassetti della scrivania due copie dell'estratto conto e ne consegnò una a Noce.
"Ecco, come può vedere, il credito di Ruggiero ammontava a 128.437 euro, ma la maggior parte del suo capitale è investita in titoli e azioni per un totale di circa 11 milioni di euro".
"Cassette di sicurezza?".
"No. Evidentemente non possiede gioielli o altri beni che necessitano di essere custoditi in banca".
"Oppure - aggiunse la iena alzandosi e congedandosi dal direttore - non vuole perdere tempo prezioso venendo qui ogni volta per prenderli o depositarli".
"Quale perdita di tempo, commissario? In questa banca noi siamo velocissimi".

***

Donatella Dell'Angelo fu più fortunata. Non perse più di cinque minuti per appurare il nome di chi avrebbe ereditato "un capitale che, azienda e beni immobili compresi, ammonta a circa 60 milioni di euro", precisò telefonicamente Eugenio Del Rosso, il notaio presso il quale Enrico Ruggiero aveva depositato il testamento. "Vanno tutti ad una donna, e non si tratta della moglie ovviamente: il divorzio, come lei ben sa, cancella ogni diritto di successione ereditaria. L'unica beneficiaria si chiama Martina Vollero: allena una squadra femminile di pallanuoto".

***

"Quando guadagna al mese un'allenatrice?", chiese Elio dalla cucina mentre metteva la moka sul fuoco.
"Non ne ho la più pallida idea, ma di sicuro una cifra notevolmente inferiore a quella che ti metti in tasca tu ogni mese senza fare un cazzo", aggiunse Noce. Era seduto al tavolo numero 7, quello di sempre, e aveva appena finito di consumare la porzione di gelato alla vaniglia che aveva fatto seguito ad un antipasto all'italiana, pasta fagioli e cozze e spedini di pesce.
Noce era magro come un acciuga. Dotato di un appetito fuori dal comune, bruciava come una caldaia tutto quello che inghiottiva. Un privilegio riservato a pochi, tra i quali non c'era Elio, il cui peso superava di oltre 40 chili quello del commissario. "Eppure io mangio la metà di quello che lei inghiotte. Si può sapere dove la mette tutta quella roba?", si lamentava il ristoratore, che peraltro distribuiva il suo quintale abbondante in 185 centimetri, gli ultimi tre occupati da una chioma bruna, folta e riccioluta.
Ma le conversazioni tra i due, che a pranzo e a cena cominciavano invariabilmente non appena tutti gli altri clienti erano usciti dalla porta a vetri della trattoria, erano quasi sempre imperniate sulle indagini in corso nel comissariato di Fuorigrotta, distante non più di duecento metri dal locale. Fregandosene altamente del segreto professionale, e comunque certo che dalla bocca di Elio non sarebbe uscito un solo fiato su quello che quotidianamente gli rivelava, Noce teneva costantemente aggiornato colui che, oltre a dargli da mangiare, era l'unico amico che la iena possedeva dalla Sicilia in su. A San Benedetto del Tronto, per giunta, Arcangelo Noce non aveva lasciato che parenti alla lontana di cui aveva perso le tracce da anni.
Anche il 48enne Elio alla voce "amicizie e parentele" poteva contare soltanto sul commissario. Figlio unico, non era mai stato sposato nè aveva alcuna intenzione di farlo adesso che si stava avvicinando alla cinquantina. Le uniche persone che entravano nel suo appartamento di Fuorigrotta, a circa mezzo chilometro dalla trattoria, erano la donna delle pulizie e le signore che, con una certa frequenza, ospitava nella sua camera da letto la sera per poi congedarle il giorno dopo con un "arrivederci e grazie".
"Quindi questa Martina Vollero - commentò Elio mentre sorvegliava la moka sul fuoco - dall'oggi al domani è passata da uno stipendio mensile di duemila euro a un patrimonio di oltre 60 milioni. Un bel colpo davvero".
"Si, ma non può essere stata lei ad annodare quella sciarpa al collo di Ruggiero ieri pomeriggio. A meno che non sia grande e grossa quanto te, Elio. Ma di questo dubito fortemente. E comunque lo appurerò tra qualche ora. L'ho convocata per le 16 in commissariato. Per quell'ora attendo anche il tabulato delle telefonate della vittima".
Elio portò la moka al tavolo n. 7, versò il caffè e si sedette accanto al commissario. "Non deve essere stato uno stinco di santo quel Ruggiero se si è fatto cinque anni di galera per omicidio colposo", commentò il ristoratore.
Noce sorseggiò il caffè, ripose la tazza sul piattino e disse: "Vorrei tanto sbagliarmi, ma ho l'impressione che questo caso sarà una rogna".
 
***

Alle 15,10 di lunedì 16 marzo si presentò in commissariato Ferdinando Barbato, il medico legale. Non era atteso.
Noce non c'era. Era ancora in trattoria.
Il centralinista chiamò immediatamente la iena.
Poco incline ad apportare variazioni ai propri programmi, Arcangelo Noce a quel tipo di chiamata rispondeva sempre "Fallo aspettare". Ma era ansioso di conoscere i risultati dell'autopsia e quindi annuncio ad Elio: "Lascia perdere l'amaro. Vado via".

***

"Mi congratulo con lei, dottore. Ha fatto prima del previsto".
"Si fa quel che si può. Piuttosto, mi spiace aver dovuto interrompere il suo pranzo, commissario".
Non gli dispiaceva affatto. E la iena lo sapeva. Ma stette al gioco, anzi rilanciò: "Sarei felice se qualche volta mi facesse l'onore di essere mio ospite in trattoria".
"La ringrazio, ma temo sia impossibile. All'ora di pranzo io squarto cadaveri e mi arrangio con un tramezzino. La sera cucino io, come lei ben sa".
Ma si guardò bene dall'invitare Noce a cena. "E' un uomo lugubre, e ha una pessima abitudine: non gusta il cibo, s'ingozza. Non lo potrei mai sopportare", diceva ogni qualvolta la moglie Eva gli proponeva "Perchè non inviti il commissario Noce. Potrebbe essere un'occasione per migliorare il vostro rapporto".
Ma di migliorarlo, a Barbato non fregava un accidenti. E nemmeno a Noce.
"E allora, presumo che tanta urgenza equivalga a notizie importanti", disse la iena invitando il medico legale ad esporre i risultati dell'autopsia sul cadavere di Enrico Ruggiero.
"Mi spiace per lei, commissario, ma ho da darle soltanto notizie di routine. E sono queste: oltre ai segni sul collo, il cadavere presentava un ematoma sulla nuca. Prima di strangolare la vittima l'assassino l'ha tramortita sbattendogli violentemente la testa sul pavimento. Quindi, se mi consente qualche deduzione, chi ha ucciso è un uomo molto forte, considerato anche che la vittima era in perfette condizioni di salute".

***

"Si, Enrico faceva palestra. Gli piaceva mantenersi in forma", confermò Martina Vollero, colei che per la precoce dipartita di Enrico Ruggiero avrebbe ereditato un patrimonio di oltre 60 milioni di euro. Al contrario di Barbato, arrivò in leggero ritardo in commissariato facendo incazzare la iena. Era attesa per le 16, si presentò alle 16,04.
"Quando l'ha visto l'ultima volta?".
Una frase che Arcangelo Noce aveva detto centinaia di volte nella sua carriera e che anche stavolta pronunciò senza particolare entusiasmo. Se fosse stato sensibile al fascino femminile, forse il colloquio sarebbe stato più interessante per lui e magari avrebbe fatto anche uno sforzo per essere gentile. Invece, incazzato per il ritardo, non le offrì nemmeno un bicchier d'acqua.
Martina Vollero era una donna desiderabile. I capelli biondi, portati corti, davano ulteriore risalto al suo bell'ovale nel quale spiccavano occhi di un azzurro intenso, con un taglio leggermente all'insù. Per la sua deposizione in commissariato aveva scelto un paio di jeans, una camicetta bianca e una giacca nera. Aveva 38 anni ma ne dimostrava almeno cinque in meno.
Al'interrogatorio, secondo consuetudine, era presente anche Donatella Dell'Angelo. Pur escludendola sempre dal colloquio, Noce pretendeva che il suo vice - salvo improrogabili impegni d'ufficio contemporanei - fosse accanto a lui durante le deposizioni affinchè acquisisse tutte le informazioni necessarie da sfruttare nel prosieguo delle indagini. Una presenza che contrastava decisamente con quella di Martina Vollero, le cui grazie facevano risaltare ancor di più le fattezze di quella che Noce definiva "la donna poliziotto più brutta che abbia visto nella mia carriera", aggiungendo ogni volta che parlava di lei con l'amico e ristoratore Elio il suo stupore per la "cecità del marito Walter, proprio lui che possiede un salone di bellezza".
Non che la iena avesse tutti i torti. Capelli neri, acquosi occhi castani, naso prominente e corporatura a barilotto, la 36enne Donatella Dell'Angelo nulla aveva di catalogabile alla voce piacente. "Tuttavia - sottolineava spesso Noce nei suoi colloqui con Elio - mai ho avuto nella mia carriera collaboratori capaci come lei: sveglia, efficiente, gran lavoratrice e profondamente innamorata del suo lavoro".
E attenta e concentrata durante gli interrogatori benchè sapesse che la iena mai e poi mai le avrebbe permesso di parteciparvi attivamente con qualche domanda.
"L'ho visto l'ultima volta domenica mattina", fu la risposta di Martina Vollero. "Siamo andati a pranzo in un ristorante di Bagnoli, alle 13,45 lui è andato alla partita e io sono tornata a casa in taxi". Poi anticipò la successiva domanda di Noce aggiungendo: "Io detesto il calcio, commissario. Non lo avrei accompagnato alla partita nemmeno se mi avesse costretto con la forza. Non che abbia qualcosa contro le calciatrici, non potrei mai: io alleno una squadra femminile di pallanuoto e so bene a quali sacrifici vanno incontro le ragazze che oggi vogliono praticare una disciplina sportiva. Ma il calcio, quello maschile, ha ormai disegnato un'immagine di sè talmente negativa da condizionare chi, come me, ha un'idea dello sport completamente diversa. E lei, commissario, come la pensa?".
Noce non rispose. Fosse stato per lui, avrebbe spazzato dalla faccia della terra non solo il calcio ma tutte quelle discipline sportive che richiedevano la presenza alle partite di forze dell'Ordine che la iena avrebbe volentieri dislocato altrove. Ironia della sorte, la sede del commissariato di Fuorigrotta si trovava esattamente di fronte allo Stadio San Paolo e, poichè Noce lavorava anche la domenica, aveva fatto mettere alla finestra del suo ufficio infissi con doppi vetri per attutire il boato di "quella massa di cornuti", espressione che aveva trovato conferma nei resoconti di Elio, il quale anni addietro aveva approfittato della presenza di un marito molto tifoso e poco accorto per frequentarne la moglie durante la sua permanenza allo stadio.
"Quando è andato alla partita, le è sembrato preoccupato, in ansia per qualcosa?", chiese il commissario.
"Assolutamente no. Era allegro e ha mangiato di buon appetito", rispose Martina Vollero.
"Le ha detto se aveva appuntamento con qualcuno?".
"Si, con un dirigente della squadra di calcio femminile di cui non ricordo il nome. Ma credo che lei questo lo sappia già, giusto?".
Anche stavolta Noce non rispose e passò alla domanda successiva: "Che lei sappia, c'è qualcuno che avrebbe potuto avere qualche motivo per uccidere Enrico Ruggiero?".
"Chiunque raggiunge una posizione economica come la sua inevitabilmente attira antipatie. Ma da quando stiamo insieme non mi risulta che abbia mai ricevuto minacce più o meno velate da qualcuno".
"Potrebbe non averglielo detto per non metterla in ansia".
"Ne dubito. Enrico ed io non avevamo segreti tra noi, ci dicevamo tutto".
"Da quanto tempo lo conosceva?".
"Da tre anni circa. Ci siamo incontrati ad una cena di comuni amici, ci siamo frequentati, piaciuti e dopo un anno sono andata a vivere con lui".
"Andavate d'accordo?".
La donna, molto sciolta fino a quel momento, s'irrigidì: "Perchè me lo chiede?".
"Per sessanta milioni di buone ragioni. Lei è l'unica erede di un patrimonio ingente".
"E allora, visto che lei ritiene che possa essere stata io a ucciderlo, le dico subito che quel giorno sono rientrata a casa alle 14 e da lì non mi sono mossa fino a quando non è arrivata la telefonata che mi ha messo al corrente della morte di Enrico. Può confermarlo la mia domestica, era con me quando è giunta la telefonata. Per quanto riguarda i rapporti tra me ed Enrico, posso dirle che i tre anni trascorsi insieme sono stati i più belli della mia vita. Le basta, commissario?".
Lo disse con i pugni stretti in grembo e gli occhi fiammeggianti di rabbia. Che si placò quando Noce chiese: "Quali erano i rapporti di Ruggiero con la ex moglie?".
"Inesistenti. Hanno divorziato quattro anni fa e, da quello che mi risulta, da allora non si sono mai più visti nè sentiti: la mancanza di figli ha fatto sì che le loro strade si dividessero completamente".
"Un'ultima domanda: Enrico Ruggiero era dedito all'uso di stupefacenti?".
"No, commissario. La lezione che ha ricevuto quando è andato in galera gli è bastata. Enrico non solo non faceva più uso di droghe, ha abolito completamente dalla sua vita anche l'alcool. Beveva solo acqua naturale".

***

"Beh, che te ne pare?", chiese Noce a Donatella dopo che Martina Vollero fu andata via.
"Deve essere una donna forte. Per tutta la durata del colloquio non ho visto nemmeno una lacrima. E anche a carattere non scherza: ho temuto che le saltasse addosso quando lei ha parlato dell'eredità".
"Già, e si è subito affannata a comunicarci il suo alibi senza che glielo avessi chiesto. Cosa del tutto inutile, e per due motivi:

1. Sapevamo già che non poteva essere stata lei a strangolare Ruggiero
2. Anche se non è stata l'autrice materiale del delitto, nulla al momento esclude che possa averlo commissionato

Un'ipotesi che non convinceva Donatella Dell'Angelo: "Se ci fosse un mandante in questo delitto, perchè scegliere un posto così rischioso come una partita di calcio?".
"Magari proprio per depistare la polizia", replicò Noce. "I tuoi dubbi ne sono la dimostrazione lampante".
Presa in contropiede dalla iena, Donatella sorrise. "Cazzo, è mai possibile che costui abbia una risposta per tutto? Proviamo con questa: "Ma se fosse stato un delitto per commissione, Martina Vollero avrebbe scelto un killer professionista e invece Ruggiero conosceva il suo assassino: lo dimostra il fatto che si è allontanato dalla tribuna per rispondere alla sua telefonata".
"Ma può essersi allontanato semplicemente per il frastuono: stava assistendo ad una partita di calcio, non lo dimenticare. Quindi non è detto che conoscesse il numero telefonico che ha visto sul display. E comunque, se è stato l'assassino a chiamarlo, sicuramente si è guardato bene dall'utilizzare una carta sim regolare".
Ma, con grande sorpresa di entrambi, il tabulato delle telefonate in entrata e in uscita del cellulare di Enrico Ruggiero non presentava per quell'ora alcuna chiamata.
 
***
 
Era una cosa che lo faceva andare in bestia, ma dovette ammettere che Donatella Dell'Angelo ci aveva preso in pieno quando aveva detto "Ruggiero conosceva il suo assassino".
Non si spiegava altrimenti il fatto che l'imprenditore, poco prima di essere ucciso, non aveva risposto alla telefonata che gli era giunta mentre era in tribuna ad assistere alla partita di calcio.
"E questo potrebbe anche spiegare - aggiunse Donatella - perchè Ruggiero è stato ucciso in un posto così inusuale, così rischioso per l'assassino: probabilmente il delitto non era premeditato. Probabilmente le cose sono andate così: Enrico Ruggiero dà appuntamento al signor X al campo Simpatia. I due sono rimasti d'accordo in questo modo: non appena arriva la telefonata del signor X, Ruggiero deve raggiungerlo da qualche parte. Quindi non c'è bisogno che lui risponda alla telefonata: arriva la chiamata, Ruggiero guarda il display, si allontana dagli spalti, si incontra con il signor X, i due litigano e Ruggiero viene ammazzato".
La fondatezza dell'ipotesi non fu smentita da Bruno Dell'Aquila, il vice presidente della Partenopea: "Non ho visto se Ruggiero premeva il tasto di chiusura della telefonata, ma vi posso dire con certezza che quando ha ricevuto la chiamata non ha risposto. Che l'abbia fatto poi non so dirvelo, quando si è allontanato sono tornato a guardare la partita".
Restava, tuttavia, un interrogativo senza risposta: "Come mai i due sono finiti nella zona degli spogliatoi? Ruggiero era la prima volta che metteva piede al campo Simpatia", fece notare Noce al suo vice". Quindi non poteva aver dato appuntamento al signor X all'interno di uno stadio che non conosceva".

***

"Oggi abbiamo vinto per te".
Alle 16,30 di lunedì 16 marzo il capitano dell'Under 19 della Rari Nantes Domitia, la squadra allenata da Martina Vollero, chiamò il tecnico per comunicarle l'esito della partita di campionato. Si chiamava Elisabetta Tascone, per tutti "Lizzy".
"Grazie Lizzy, non sai quanto mi faccia piacere la tua telefonata in questo momento. Mi spiace, non me la sono proprio sentita di essere lì con voi, ma evidentemente non avete bisogno di me. Quanto hai detto che avete vinto?".
"16-9, le abbiamo stracciate. Quando ci sarà il funerale, non vogliamo mancare".
"Sto attendendo disposizioni dalla Polizia, le solite questioni burocratiche. Ora ti tevo lasciare, c'è una telefonata in arrivo. Grazie ancora per il pensiero. Dai un bacio a tutte da parte mia".
Era la iena.
"Si, commissario... cosa c'è ancora?".
"Solo una puntualizzazione. Quando le ho chiesto se Enrico Ruggiero aveva appuntamento con qualcuno al campo Simpatia, lei mi ha risposto che l'unica persona con la quale avrebbe dovuto vedersi era un dirigente della squadra di calcio femminile. Ne è sicura?".
"Certo. Perchè me lo chiede?".
"Perchè, e di questo abbiamo certezza, doveva incontrarsi anche con qualcun altro. E poichè lei mi ha detto che non c'erano segreti tra di voi...".
"E lo confermo. Enrico era un compagno pieno di attenzioni, premuroso, nulla ha mai fatto mancare alla nostra relazione. Parlavamo spesso
del mio lavoro, non mancava mai alle mie partite ed è diventato anche main sponsor della mia squadra di pallanuoto. Anch'io m'interessavo al suo lavoro, e spesso Enrico mi chiedeva consigli, ma questo non significa che fossi a conoscenza di tutto ciò che riguardava il mobilificio. Quindi non escludo assolutamente che abbia potuto dare appuntamento a qualcun altro al campo Simpatia per parlare di affari, ed è più che plausibile che non me l'abbia detto".

***

Avevano fatto un piccolo passo avanti, che tuttavia escludeva l'altra pista seguita dagli inquirenti. Se Ruggiero aveva dato appuntamento al campo Simpatia a colui che poi lo avrebbe ucciso, non poteva certo essere qualcuno che aveva intenzione di vendicarsi di lui per l'omicidio stradale commesso nel 2007. Ma Giuseppina Dell'Orso, la moglie di Francesco Calice, la vittima dell'incidente, ormai era in sala d'attesa in commissariato e Noce, benchè fosse stato tentato di farlo, non poteva certo dirle "Grazie tante, può andare, la sua testimonianza non ci serve più".
La donna, per giunta non abitava più a Napoli.
"Dopo la morte di Francesco sono tornata a vivere con i miei a Salerno, ma anche se fossi stata in Alaska sarei venuta qui lo stesso, commissario. Per nulla al mondo mi sarei persa questo colloquio. Voglio godermelo fino in fondo, sono anni che aspetto questo momento. Ho pregato con tutte le mie forze affinchè quel figlio di puttana che lo ha ucciso facesse una brutta fine e finalmente sono stata accontentata".
La donna esternò tutta la sua soddisfazione in un ampio sorriso per poi aggiungere: "Quando è morto Francesco, ho smesso di vivere anch'io. E' stato l'unico uomo della mia vita, l'unica ragione della mia esistenza. Non avevamo figli e non mi sono risposata, ho continuato a vivere spinta da una sola speranza: che quella bestia facesse la fine che si meritava. E - mi scusi se glielo dico - spero proprio che non troviate mai colui che lo ha spedito sotto terra. Non finirò mai di ringraziarlo".
Nella sua carriera Noce aveva visto e sentito di tutto. Mai, però, gli era capitato di ascoltare parole così forti, espresse con tanta rabbia. E, pur essendo un tutore dell'ordine pienamente convinto del proprio dovere - cioè quello di assicurare alla giustizia chiunque commettesse un crimine - non riuscì a disapprovare ciò che provava la donna che in quel momento era dall'altra parte della sua scrivania. Tantomeno ci riuscì Donatella Dell'Angelo, che provò per Giuseppina Dell'Orso simpatia e una profonda pena, che crebbe quando la donna aggiunse: "Non potrò mai dimenticare il giorno del processo e la freddezza di quell'uomo, che non voglio neppure nominare. In aula non provò il minimo pentimento per quello che aveva commesso nè alcuna reazione alla condanna. Si comportò come se nulla fosse accaduto. Non mi sorprende, quindi, che poi abbia fatto fortuna: sono le persone come lui, senza sentimenti, che vanno avanti nella vita. Ma qualcuno gli ha dato il fatto suo, finalmente, e io gli sarò eternamente grata. Mi scusi ancora se glielo chiedo, commissario: quando è stato ucciso, quel pezzo di merda ha sofferto?".

***

Nel giro di pochi minuti due donne avevano disegnato Enrico Ruggiero in maniera diametralmente opposta. Chi era dunque l''imprenditore ucciso? L'uomo freddo, senza sentimenti dipinto da Giuseppina Dall'Orso oppure la persona premurosa, piena di attenzioni descritta da Martina Vollero?
"Nulla esclude che entrambe siano nel vero - commentò Donatella Dell'Angelo -: un po' tutti noi siamo diversi a seconda delle persone e degli ambienti che frequentiamo".
"Tutti tranne Arcangelo Noce", avrebbe voluto aggiungere. Ovunque si trovasse, chiunque frequentasse, era sempre iena al 100%, unanimamente catalogato come "individuo da evitare nella maniera più assoluta". Fatta eccezione, ovviamente, per Elio Parlato, che alle 23,30 in punto di quel lunedì 16 marzo prese il cartellino "chiuso" e lo piazzò sulla porta a vetri della trattoria per poter ascoltare dalla voce del commissario Noce gli ultimi sviluppi del caso Ruggiero.
"Pensa tu quanto quella donna dovesse odiarlo! Mi ha chiesto perfino se Enrico Ruggiero aveva sofferto mentre passava a miglior vita".
"E lei cosa ha risposto?", domandò Elio mentre sparecchiava.
"Nulla, ma col senno di poi le avrei detto "Di certo mai quello che hanno sofferto i miei poveri denti stasera nel cercare di masticare la suola che hai spacciato per bistecca".
"Ma se era morbida come il burro! Le risulta che qualcun altro si sia lamentato?".
"Tutti. E si sono lagnati a giusta ragione anche dell'insalata di riso, era scotta. Sembrava quella schifezza che mettono come contorno i cinesi".
"Ma come fa a dirlo se non ha mai messo piede in un ristorante cinese?".
"Si vede chiaramente nei film che si tratta di una sbobba immangiabile. Per non parlare del sushi".
"Che però è giapponese, commissario".
"Giapponese, cinese... che differenza fa? Cibo da terzo mondo".
"Lasciamo perdere... Piuttosto, adesso cosa ha intenzione di fare?".
"Nell'immediato consumare un'altra porzione di gelato alla vaniglia, e non metterla sul conto perchè non te la pago. E' il minimo che tu possa fare per dare un po' di refrigerio ai miei poveri denti. Domattina, poi, mi farò accompagnare da Donatella al mobilificio di Ruggiero a Torre del Greco, e che Dio me la mandi buona".
"Spera di trovare qualche notizia utile per l'inchiesta?".
"Spero innanzitutto di arrivare vivo. Quella guida come un cane".
Noce non aveva mai preso la patente, non ci aveva neppure provato. Tra le tante cose che detestava c'era anche la guida".
"Lei si lamenterebbe anche se al posto di Donatella ci fosse un pilota di formula uno", gli dece notare Elio.
"Per come corre quella pazza, ci siamo quasi. Caso mai domani non dovessi sopravvivere, che fine farà il mio tavolo?".
"Finalmente potrò apparecchiarlo per quattro cercando di recuperare una minima parte dei coperti che lei mi ha fatto perdere in tutti questi anni".
 
 
 
 
 

 

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