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Le prime nove puntate

  Pubblicato il 30 Dic 2119  19:21
LE PRIME QUATTRO PUNTATE
 
 
DALLA QUINTA ALLA NONA PUNTATA
Era giunto il momento di fare il punto della situazione.
Cominciò Ragozzino: "Su Antonella Dello Iacono sappiamo che":

- Era incinta
- Non aveva informato della gravidanza il padre del bambino
- Non aveva un buon rapporto nè con la dirigenza del Racing Posillipo nè con le compagne di squadra
- Aveva deciso di andare a vivere a Castellabate e di giocare a pallanuoto a Salerno
- E' arrivata al porto di San Marco venerdì 4 ottobre alle 13 ed è stata uccisa sabato 5 ottobre tra le 22 e le 23.

Proseguì Noce: "In questo momento c'è una sola persona che potrebbe aver avuto un motivo valido per ucciderla: Valerio Maglione, il padre del bambino. Lui ci ha detto che non era a conoscenza della gravidanza, ma potrebbe aver mentito. I fatti potrebbero essere andati così: sabato pomeriggio Maglione raggiunge la ragazza a Castellabate, lei lo informa della gravidanza e gli chiede di assumersi le proprie responsabilità. I due litigano, Maglione lascia Castellabate e durante il viaggio di ritorno decide di ucciderla: è l'unica via di uscita per impedire che la moglie venga a conoscenza dell'accaduto, per salvare il suo matrimonio e la sua famiglia. Maglione torna a Castellabate per la strada statale, arriva a San Marco, accompagna la ragazza sugli scogli e la uccide".
"Possibilissimo, ma c'è qualcosa che stona - obiettò Ragozzino -: prima di andare sugli scogli Antonella Dello Iacono ha mangiato un tramezzino, e infatti nel contenitore della spazzatura abbiamo trovato l'involucro. Ma c'era soltanto quello, nessun altra traccia di cibo consumato, e la bottiglia di vino che la ragazza aveva acquistato per il suo amante l'abbiamo trovate intatta".
"Maglione potrebbe aver cenato altrove - ribattè Noce -, ma è ancora più probabile che non abbia cenato affatto. Se stai per uccidere una persona è più che normale che tu non abbia appetito".
"Sarà, ma secondo me non è stato lui. Mi è sembrato sincero. E poi si è presentato spontaneamente, e lo ha fatto pur sapendo di non possedere un alibi solido".
"E proprio questo il punto - replicò la iena -: secondo la sua versione dei fatti, da quando ha lasciato Castellabate - e fino all'ora del delitto - quest'uomo non ha visto nè sentito nessuno, non ha fatto neppure una telefonata, non ha mandato messaggi. Non ti sembra piuttosto strana la cosa? E c'è di più: tra le 22 e le 23, cioè l'arco di tempo in cui è avvenuto il delitto, il suo cellulare è risultato irrintracciabile. E' vero, ci ha detto che è andato a dormire presto, ma il motivo per cui lo ha spento potrebbe essere un altro: stava uccidendo Antonella Dello Iacono".

***

"Io non so se l'ha uccisa, ma adesso so che è stato lui a picchiarla".
"Come sarebbe a dire?", chiese Ragozzino a Patrizia Dello Iacono. Aveva telefonato alla sorella della vittima per sapere qualcosa di più sul conto di Valerio Maglione. 
"Antonella una sera è tornata a casa con il labbro gonfio. All'epoca non avevo il minimo sospetto di chi potesse essere stato, ma adesso si. Adesso che lei, dott. Ragozzino, mi ha detto che Antonella aveva una relazione con Valerio Maglione, ho fatto 2+2 e sono giunta alla conclusione che a picchiarla è stato lui".
"Ma potrebbe essere stato un colpo subito in acqua", obiettò il vice commissario.
"No, perchè quel giorno non c'erano nè partite nè allenamenti. Antonella è uscita di casa alle 20,30 con il volto integro ed è tornata due ore dopo con il labbro tumefatto. E aveva gli occhi rossi di pianto. Le ho chiesto cos'era accaduto e lei si è chiusa nel suo solito mutismo, è salita in camera ed è andata a dormire".
"Quando è accaduto?".
"Lunedì 30 settembre. Lo posso dire con certezza perchè quel giorno dovevo andare a cena con il mio fidanzato, ma è successo un contrattempo e sono rimasta a casa".
Noce, che aveva ascoltato la telefonata in viva voce, suggerì al collega: "Chiedile se ci sono stati altri episodi del genere".
La risposta di Patrizia Dello Iacono fu negativa. E non potè essere d'aiuto neppure quando Ragozzino le chiese: "Lei conosceva bene Valerio Maglione?".
"No, l'ho visto un paio di volte nell'azienda di mio padre, tutto qui. Lui potrà dirle sicuramente qualcosa di più".
 
***

"Ma come ve lo devo dire? E' stato un incidente. Eravamo in macchina e stavamo facendo l'amore sul sedile posteriore. Nella concitazione Antonella ha perso una lentina a contatto, ci siamo messi a cercarla sul pavimento della vettura e inavvertitamente l'ho colpita al labbro con un gomito".
"Ma andiamo, Maglione, chi vuol prendere in giro?", incalzò Ragozzino e gli mostrò la copia di un documento aziendale. Glielo aveva fatto pervenire Giuseppe Dello Iacono, il padre di Antonella. "Qui sta scritto che il 28 gennaio di quest'anno lei è stato sospeso dal lavoro assieme ad altri due dipendenti dell'azienda per una rissa che ha provocato anche danni considerevoli ad un macchinario".
"Si, ma sul documento non sta scritto il perchè della rissa: sono intervenuto per difendere un giovane collega che per motivi sindacali era venuto alle mani con un altro operaio molto più grosso di lui. Io non sono un violento! E toglietevi dalla testa che sia stato io ad uccidere Antonella, perchè è questo il vero motivo per il quale mi avete convocato qui a Castellabate".
"Lei non ha un alibi, signor Maglione - intervenne Noce -. Ed è l'unico che aveva un movente valido per uccidere Antonella Dello Iacono: un figlio la cui nascita avrebbe distrutto la sua tranquillità famigliare".
"Ma io non sapevo neppure che esistesse il bambino!", ribattè con veemenza Maglione.
"Questo lo dice lei. E sa perchè non le credo? - disse la iena -: perchè finora ci ha detto un sacco di cazzate, a cominciare dalla gomitata data per sbaglio ad Antonella Dello Iacono. Le leggo quanto ci ha dichiarato a riguardo Patrizia Dello Iacono: "Quella sera Antonella è uscita di casa alle 20,30 con il volto integro ed è tornata un'ora e mezza dopo con il labbro tumefatto. E aveva gli occhi rossi di pianto. Le ho chiesto cos'era accaduto e lei si è chiusa nel suo solito mutismo, è salita in camera ed è andata a dormire". E allora, Maglione? Le sembra questa la reazione di una ragazza che ha ricevuto una gomitata per sbaglio? E come mai è tornata a casa soltanto un'ora e mezza dopo essere uscita? Tutto questo le sembra plausibile?".
L'uomo non rispose.
"Mi stia bene a sentire, signor Maglione - intervenne Ragozzino -: o ci dice tutta la verità oppure coinvolgeremo sua moglie. Finora, per venirle incontro, non lo abbiamo fatto, ma se continua a non collaborare saremo costretti a convocarla in commissariato per ottenere da lei i chiarimenti che cerchiamo".
Maglione rimase in silenzio ancora per qualche secondo, poi ammise: "E va bene, è vero, quel giorno sono stato io a colpirla. Abbiamo litigato, ho perso il lume della ragione ed è partito uno schiaffo".
"Il motivo del litigio?", chiese Ragozzino.
"Mi ha detto che voleva lasciare Napoli per andare a vivere a Castellabate. Le ho chiesto il perchè di questa decisione, mi ha risposto "Voglio cambiare aria, basta con il Racing Posillipo, e basta anche con te, la nostra relazione non ha senso". Non volevo crederci, così di punto in bianco mi sembrava una follia. Adesso invece è tutto chiaro, logico: ottenuto il figlio che voleva da me, mi ha dato il benservito".
"Come mai, allora, sabato 5 ottobre è andato a Castellabate?".
"Volevo convincerla a cambiare idea, ma non ci sono riuscito. Abbiamo litigato nuovamente e sono andato via. Ma non sono stato io ad ucciderla, ve lo giuro".

***

"E quindi?", chiese quella sera Michele Sirago mentre era alle prese con il tappo di una bottiglia di Aglianico.
"La chiave del mistero potrebbe essere proprio lì", e indicò la bottiglia di rosso che il professore stava stappando.
Sirago lo guardò sorpreso: "Che c'entra il vino, commissario?".
"C'entra, professore, c'entra. La ragazza era astemia ma sabato mattina ha comperato al supermercato una bottiglia di vino. Se Maglione ha detto la verità, se effettivamente Antonella Dello Iacono lo aveva piantato, che senso aveva acquistare il vino? E quindi non era lui la persona che la pallanuotista attendeva quella sera. Se invece Maglione ha mentito, non ci sono più dubbi: ad ucciderla è stato lui".
 
***

Chi era stata in vita Antonella Dello Iacono?
Una donna senza scrupoli che si era presa gioco del suo amante scaricandolo dopo aver ottenuto da lui il figlio che desiderava?
Oppure una ragazza fragile, insicura e desiderosa di una vita diversa dalla propria, una vita che Valerio Maglione non poteva e non voleva darle?
Chi aveva trascorso assieme a lei le ultime ore della sua vita: Valerio Maglione oppure una terza persona di cui peraltro non esisteva alcuna traccia nemmeno sui tabulati telefonici della giovane pallanuotista?
Erano questi gli interrogativi più pressanti ai quali gli inquirenti dovevano dare una risposta.
L'aiuto della tecnologia spesso era venuto in soccorso di Noce nella risoluzione di un caso. Se Castellabate, ad esempio, fosse stata in possesso di una rete di telecamere stradali, la iena avrebbe potuto appurare se Maglione con la sua Fiat 500 X nel primo pomeriggio di sabato 5 ottobre era tornato a Napoli definitivamente oppure aveva fatto rientro in serata a San Marco per uccidere la ragazza. "Ma con i tempi che corrono è già un miracolo che abbiamo i soldi per mettere la benzina alle macchine di pattuglia. In commissariato manca perfino la carta per fare le fotocopie", fece sapere Ragozzino a Noce mentre i due inquirenti erano impegnati in un ulteriore sopralluogo nella villetta della vittima, stavolta senza la scientifica tra i piedi. Cercavano un qualcosa che potesse aiutarli a dare una risposta, sia pure parziale, ai loro interrogativi.
Noce rimpianse l'assenza del suo vice Donatella Dell'Angelo. Il suo intuito femminile in quel momento avrebbe fatto molto comodo a Noce e Ragozzino per inquadrare con maggior precisione il "personaggio Antonella Dello Iacono", ma soprattutto "lei saprebbe dove mettere le mani in questo casino", si sfogò la iena tirando fuori uno dopo l'altro i vestiti della ragazza dall'armadio della sua camera da letto.
"Forse è meglio se guardo io", si fece avanti Ragozzino. La sua frequente abitudine a maneggiare indumenti femminili anche non appartenenti alla moglie gli attribuiva quella qualifica di esperto che Arcangelo Noce, in quanto gay, non poteva certo possedere.
Ma anche Ragozzino nulla trovò di utile alle indagini. E passarono alle scarpe.
La scarpiera conteneva otto paia. "Che cazzo ci doveva fare con tutte queste scarpe?", si lamentò la iena. "Guarda che per una donna sono pochissime", lo corresse Ragozzino. "Mia moglie ne possiede almeno il triplo".
"Di piede aveva 39", lo informò Noce. "Un bel fettone".
"Però una volta ho visto in obitorio una ragazza con il 42".
"Sarà stato un trans".
"No, era femmina al 100%, ed era pure una bella ragazza. Morta in un incidente stradale per colpa di uno stronzo che...".
"Aspetta un attimo", lo interruppe Noce. "Qui c'è un paio di scarpe 36, con un bel tacco alto. Che ci fa in mezzo alle altre?".
"Saranno della sorella", rispose Ragozzino, che stava frugando nei cassetti della biancheria intima della vittima. "Anche qui, se è per questo, c'è un reggiseno diverso dagli altri. Taglia forte, mentre Antonella Dello Iacono non era certo una tettona".
"Chiama la sorella", suggerì Noce.
"E che la chiamo a fare? Questo reggiseno è certamente suo, le ho parlato in commissariato: meno alta di Antonella Dello Iacono ma molto meglio carrozzata. Un vero schianto".
"Chiamala lo stesso".
Patrizia Dello Iacono disse: "Non so se il reggiseno è mio, ma di certo le scarpe no. Io porto il 38".
E aggiunse: "Non ho la più pallida idea di chi possa essere il proprietario di quelle 36 a tacco alto e mi suona davvero strano che mia sorella abbia ospitato questa persona a San Marco. Amiche non ne aveva, nè all'interno della squadra di pallanuoto nè fuori".
"Vuoi vedere che era lesbica?", disse la iena quando Ragozzino interruppe la telefonata.

***

"Bisessuale, vorrà dire", lo corresse quella sera a cena Michele Sirago. Il professore aveva fatto un'eccezione alla regola: niente portate a base di pesce. Prosciutto e melone, pasta patate e provola e una parmigiana di melanzane che Arcangelo Noce definì "sconvolgentemente fantastica".
"La ringrazio, commissario, ma qui di sconvolgente c'è soltanto il suo appetito. Spero che risolva al più presto il caso, altrimenti di questo passo lei mi manderà in rovina".
"Mi spiace per lei, professore, ma temo che dovrà sopportarmi ancora per un po'. Le cose vanno per le lunghe".
"Però - fece notare Sirago - questa ipotesi della bisessualità della vittima potrebbe essere una pista interessante".
"Forse, professore, ed è un forse grande come una casa. Con Ragozzino abbiamo passato tutto il pomeriggio a parlare con i parenti e con le compagne di squadra della ragazza, ma non siamo approdati a nulla. In un senso e nell'altro".
"Sarebbe a dire?", chiese Sirago mentre versava il caffè.
"Fatta eccezione per Valerio Maglione e per una breve relazione adolescenziale con un certo Michele Pellino, che adesso vive in Uruguay, non ci sono tracce di altri rapporti nè con uomini nè con donne. Abbiamo parlato anche con Maglione. "Quando l'ho conosciuta, Antonella era ancora vergine".
"Cosa avete intenzione di fare, adesso?".
"Ragozzino non so, io vado a leggermi il suo giallo. Sono curioso di vedere quali altre cazzate ha scritto".

***

Fu un impulso praticamente contemporaneo. I tre cercarono aiuto nel cellulare.
"Fatica sprecata, signori: questa stanza è stata schermata, siete isolati. Anzi - aggiunse l'avvocato Brocca - vi prego cortesemente di far scivolare i vostri cellulari sul tavolo nella mia direzione. Non vorrei che qualcuno di voi avesse la malaugurata idea di scagliarmelo addosso costringendomi a sparargli un colpo di pistola in piena fronte. A proposito, a scanso di qualsiasi tentativo d'insubordinazione, v'informo che sono capace di colpire un bersaglio umano senza sbagliare anche da una distanza notevolmente superiore a quella che adesso ci separa".
"Io non credo che le convenga sparare", lo sfidò Riccardo. "Lei ha bisogno di noi, se ci ammazza non saprà mai chi è il colpevole, ammesso e non concesso che un colpevole esista davvero".
"Questa obiezione - replicò Brocca - è un'offesa alla sua intelligenza, signor Ballerini. Se uccido tutti e tre raggiungerò ugualmente il mio scopo e, in più, risparmierò il denaro. Avrei potuto tranquillamente ammazzarvi altrove senza bisogno di convocarvi qui, ma per senso di giustizia ho voluto dare un'opportunità a chi di voi non è colpevole. Anzi, un'opportunità doppia: oltre ad aver salva la vita, i due che usciranno vivi da questa stanza potranno godersi centotrentamila euro".
"E chi le assicura - insistè Riccardo - che una volta spesi tutti i soldi i due non andranno alla Polizia?".
"Mi sta proprio deludendo, signor Ballerini, la facevo molto più perspicace: se ciò accadesse, io sicuramente andrò in galera, ma chi avrà parlato perderà la vita. Come avrete potuto notare - e indicò i due uomini alle loro spalle - io non sono solo. Quindi, vi conviene collaborare".
"E chi ci assicura che una volta scoperto il colpevole, lei starà ai patti e non ucciderà tutti ugualmente?". Stavolta l'obiezione arrivò dal giovanotto biondo e butterato.
"Nessuno. Avete soltanto la mia parola d'onore, signor Risso".
"Ma cosa succederà - replicò Cosimo Risso - se nonostante tutta la nostra collaborazione il colpevole non uscirà fuori?".
"Ho preso in esame anche questa ipotesi. Mi creda, in un modo o nell'altro questo processo si concluderà con la scoperta del colpevole e con la sua condanna a morte".

***

"Guardi chi c'è, commissario...".
"Lo vedo, professore, non sono mica orbo".
Alberto Ragozzino stava facendo colazione sotto il porticato. "Visto il trattamento, verrò più spesso. Questi biscotti sono buonissimi, professore. Li ha fatti lei?".
"Si, e anche la marmellata di more. A fine agosto le vado a raccogliere sulla strada che porta ad Agropoli, qui a Castellabate non ci sono".
"Quando avete finito i convenevoli, me lo fate sapere", intervenne la iena.
"Cosa c'è, commissario, si è alzato storto?", chiese Sirago.
"No. Ma se Ragozzino è qui, significa che mi deve dire qualcosa d'importante sull'inchiesta. Quindi sono impaziente di saperlo".
"Ieri sera, dopo che ci siamo lasciati, ho fatto un salto al negozio di scarpe di San Marco e ho parlato con Adele, la proprietaria. Ci conosciamo da bambini e..."
"...scommetto che si è trombato anche lei", lo interruppe Noce.
"Ma no, che dice commissario? Siamo soltanto buoni amici".
"Ho capito, è brutta come la morte", ribattè la iena.
"Ma non era impaziente di sapere cosa ho da dirle, commissario? E comunque proprio una bellezza Adele non è. Ma veniamo al punto: le ho portato il paio di scarpe n. 36 che abbiamo trovato nella villetta e... bingo! Le scarpe sono state acquistate proprio nel suo negozio agli inizi di settembre".
"Non mi dica che sa pure il nome della donna alla quale appartengono".
"Certo che sì! Si chiama Michela Castellano, ha 28 anni, abita a S.Maria di Castellabate e insegna nella scuola materna di Alano, a tre chilometri da qui".
"Come è riuscito a sapere tutte queste cose?", chiese Sirago.
"E' semplice, professore - rispose Noce -: la ragazza ha acquistato le scarpe con la carta di credito. E mi dica, Ragozzino? Conosce pure questa Castellano?".
"No, sono venuto fin qui proprio per questo. Andremo a conoscerla insieme, commissario. Ho l'impressione che avrà un mucchio di cose interessanti da dirci".
"Potrebbe essere lei l'assassina?", chiese Sirago.
"Non dica eresie, professore - rispose Noce -. A meno che la ragazza non sia uno scherzo della natura, il 36 di scarpe significa che la Castellano è abbondantemente più bassa della vittima. Ce la vede soffocare a mani nude una più grossa di lei, per giunta un'atleta, per poi scaraventare il cadavere in acqua? Adesso, dopo quello che ha detto, come minimo mi devo aspettare che quel Riccardo, il protagonista del suo giallo, rovesci il tavolo della riunione addosso all'avvocato Brocca, si scagli addosso ai due scagnozzi che fanno la guardia davanti alla porta e li tramortisca a colpi di karate".

***

"Antonella ed io eravamo amiche".
"Su questo non avevamo dubbi", commentò Ragozzino. "Ma come mai queste qui sono finite nella sua scarpiera?". E le mostrò le scarpe n. 36.
"Una sera, tornando da una festa, siamo andate a casa sua e chiacchierando del più e del meno abbiamo fatto le ore piccole. L'indomani avevo scuola, ho preferito dormire là. E il giorno dopo, non potendo presentarmi al lavoro con le scarpe a tacco alto, ho preferito lasciarle là".
"E come c'è andata a scuola, a piedi scalzi?".
"Ovviamente no. Mi sono fatta prestare da Antonella un suo vecchio paio di scarpe 37".
"E anche questo è suo?", chiese Noce tirando fuori dalla tasca destra della giacca il reggiseno che Ragozzino aveva trovato in mezzo alla biancheria della vittima.
"No", rispose visibilmente imbarazzata Michela Castellano. Aveva occhi e capelli castani: raccolti per il caldo dietro la testa, lasciavano nudo un piccolo camaleonte verde tatuato sulla nuca. Noce aveva visto giusto: occhio e croce non superava il metro e 60. Piccola e formosa. E molto carina. "Che spreco se questa è lesbica", pensò Ragozzino, che non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Erano nel cortile della scuola materna di Alano. "Non si potrebbe proseguire più tardi? Ho i bambini che mi aspettano", chiese la giovane donna.
"Non si preoccupi, signorina", rispose Noce. "La direttrice ci ha assicurato che non c'è alcun problema, abbiamo tutto il tempo che vogliamo".
"Si, però spostiamoci un po' più in là, se non vi dispiace. Qui fa un caldo che si soffoca".
Evidente il tentativo di allontanarsi il più possibile dal plesso scolastico per evitare che orecchie indiscrete potessero ascoltare. Noce e Ragozzino l'accontentarono, i tre andarono a sistemarsi all'ombra dell'unico albero presente nel cortile.
"E' proprio sicura che il reggiseno non sia suo? Occhio e croce le va benissimo", insistette Ragozzino guardando con sempre maggiore ammirazione le curve della giovane donna.
"Sicurissima". E si mise a braccia conserte per sottrarsi agli sguardi del vice commissario.
"Come mai - chiese Noce - pur essendo sua amica non si è presentata in commissariato dopo l'omicidio?".
"Non l'ho ritenuto necessario", rispose laconicamente, sempre più imbarazzata.
"Andiamo, signorina - la esortò Ragozzino -: vuol farci credere che non le interessava darci una mano a scoprire l'assassino di una sua amica?".
"E come avrei potuto farlo? Io non so nulla".
"Le piace il vino rosso?", chiese improvvisamente Noce.
"Si, certo, ma cosa c'entra?".
"Il giorno prima del delitto Antonella Dello Iacono ha acquistato una bottiglia di Aglianico che ha pagato circa 30 euro. Un acquisto insolito considerato che era astemia. Noi pensiamo, quindi, che la sua amica quella bottiglia di vino l'ha acquistata per lei".
"E perchè mai?", chiese Michela Castellano.
"Noi riteniamo che i fatti siano andati così - rispose Ragozzino -: la Dello Iacono la invita a cena per sabato 5 ottobre, ma nel pomeriggio dello stesso giorno si presenta a San Marco Valerio Maglione, il padre del bambino che Antonella aveva in grembo. I due discutono, la discussione si trasforma in litigio, Maglione risale in macchina e torna a Napoli. Antonella è scossa, le telefona per raccontarle tutto e di comune accordo la cena viene rinviata. In serata il caldo diventa opprimente al punto da suggerire alla sua amica di andare a farsi un bagno sugli scogli, dove viene uccisa. E' così che è andata?".
Michela Castellano non rispose.
"Si può sapere perchè insiste nel non collaborare? Di cosa ha paura? Qualcuno l'ha minacciata oppure questo suo mutismo è dovuto soltanto a reticenza?".
"Mi promettete che di tutto quello che sto per dirvi nulla uscirà sui giornali? Non voglio perdere il posto".
"Certo - assicurò Ragozzino -: lo avremmo fatto anche se lei si fosse presentata spontaneamente in commissariato subito dopo il delitto".
"Ok, vi dirò tutto. Antonella ed io avevamo una relazione che andava al di là della semplice amicizia. Tutto è iniziato nell'agosto del 2018, abbiamo cominciato a frequentarci e abbiamo scoperto che insieme stavamo bene. Mai un litigio, la minima incomprensione. Tutto perfetto, o quasi: ad Antonella piacevano anche gli uomini. Ed è cominciata la storia con Valerio Maglione. "Voglio un figlio da lui, mi serve soltanto per quello", diceva sempre, ma non ho mai capito se fosse sincera del tutto. Fatto sta che è rimasta incinta... E' vero, quel sabato dovevamo cenare insieme, ma tutto è saltato per colpa di Maglione. Hanno litigato e lui l'ha colpita. E' un violento, una bestia!". Lo disse stringendo i pugni con rabbia.
"Maglione era a conoscenza della relazione tra lei e Antonella?", chiese Noce.
"Ma vuole scherzare, commissario?! Se Maglione lo avesse soltanto sospettato, l'avrebbe massacrata di botte".
"Che lei sappia, Maglione l'ha picchiata altre volte?".
"Le volte non si contano, commissario. "Che aspetti a denunciarlo!", le dicevo ogni volta, ma lei era sempre disposta a perdonarlo. Ecco perchè non sono affatto convinta che una volta rimasta incinta si sarebbe decisa a piantarlo".
"Lei è a conoscenza della decisione di Antonella di andare a giocare a pallanuoto a Salerno e di andare a vivere a San Marco di Castellabate?", chiese Ragozzino. Dopo aver constatato la differenza di vedute sul piano sessuale con Michela Castellano, il suo interesse per la giovane insegnante era del tutto scemato.
"Certo che lo sapevo! Sono stata io a consigliarla in tal senso".
"E il fatto che avesse preso questa decisione non significava forse che volesse allontanarsi definitivamente da Maglione?".
"Si, forse. Di certo l'ha pagata cara".
"Sta dicendo che è stato Maglione ad ucciderla?", chiese Noce.
"Chi vuole che sia stato?!".

***

"Lei che ne pensa?", chiese Sirago al commissario. Erano seduti a tavola, dopo pranzo, davanti a un cestino di frutta secca, una delle grandi passioni di Arcangelo Noce.
"Tutti gli indizi portano a Valerio Maglione, ma non c'è la benchè minima prova. Se Ragozzino si presenta con quello che abbiamo raccolto finora, il procuratore si fa una risata e lo sbatte fuori a calci".
"E adesso cosa avete intenzione di fare?".
"Ragozzino ha convocato nuovamente Maglione in commissariato per stasera alle 19. Vedremo cosa ha da dire sulle accuse di violenza di Michela Castellano. Ma siamo sempre là: può essere stato violento fin che si vuole, ma fino a prova contraria non è un assassino. E' proprio questa la prova che dobbiamo trovare!", disse con rabbia abbattendo la mano aperta sul guscio di una noce. "Altrimenti sono soltanto chiacchere. Un po' come il suo giallo: parla, parla il suo avvocato Brocca, ma finora non ha ancora detto un cazzo su come è stato ucciso il figlio".
"Lei a che punto è arrivato?", chiese Sirago mentre addentava una mandorla salata.
"Quando Brocca spiega ai tre che in un modo o nell'altro alla fine il colpevole uscirà fuori", rispose Noce mentre allontanava nuovamente la stessa mosca che gli stava dando il tormento da quando si era seduto sotto il porticato. Era il 14 ottobre ma il caldo non voleva proprio saperne di allentare la sua morsa su Castellabate.
Il professore riempì fino all'orlo un bicchiere di succo d'ananas ghiacciato. Bevve tutto d'un fiato. "Ci voleva proprio... beh, che gliene pare?".
"C'è una cosa che non riesco a capire. Se uno dei tre ha effettivamente ammazzato il figlio dell'avvocato Brocca, che presumibilmente porta lo stesso cognome del padre, come mai non si è insospettito quando è stato invitato sull'isola?".
"Vada avanti e lo saprà", rispose Sirago.
"D'accordo". E con un colpo ben assestato spiaccicò la mosca sul tavolo.

***

"In questo processo io assumerò le vesti di pubblico accusatore - spiegò Brocca -. So bene che vi spetterebbe di diritto un avvocato difensore, ma come potete ben capire non è possibile. Quindi sarete voi stessi a difendervi cercando di dimostrare la vostra innocenza, ma soprattutto il vostro compito sarà quello di smascherare la carogna che ha ammazzato mio figlio. La procedura vuole che io chieda ad ognuno di voi come si dichiara: colpevole o innocente?".
"Io finora non ci ho capito un cazzo, avvocato, ma in vita mia non ho mai ammazzato nessuno, tanto meno suo figlio. Quindi sa già qual è la mia risposta", disse Federico Severino.
"E lei?", rivolgendosi a Riccardo.
"Innocente".
Adesso tocca a lei, Risso.
"Innocente, innocente... basta che la finiamo con questa pagliacciata".
"Non c'è nulla di comico, Risso, in un ragazzo che si è ammazzato a soli 22 anni. Sei anni fa, esattamente il 24 agosto 2013, mio figlio Manuel si è tolto la vita per colpa di uno di voi".
"Si è ammazzato?! E allora che cazzo vuole da noi?", protestò Cosimo Risso alzandosi di scatto.
"Si sieda immediatamente, Risso. Non mi costringa ad usare le maniere forti".
"Ma ha ragione!"; protestò Severino rimanendo tuttavia seduto al suo posto.
"Un attimo, sentiamo cosa ha da dire l'avvocato", suggerì Riccardo mentre Risso tornava a sedersi.
"Materialmente nessuno lo ha ucciso, ma uno di voi tre è comunque il responsabile del suo suicidio", sentenziò Brocca. "Perciò pagherà con la vita".

 
***

Seduto nell'ufficio di Ragozzino, alla presenza di Arcangelo Noce, Maglione provò a sconfessare le affermazioni di Michela Castellano: "Quella mi odia, si è inventata tutto".
"Perchè mai dovrebbe odiarla?", chiese Noce.
"Perchè è lesbica. Non ve l'ha detto? Sbavava dietro ad Antonella. Vi ha detto un sacco di cazzate per incastrarmi".
"Quindi non è vero - intervenne Ragozzino - che sabato 5 ottobre, il giorno in cui la Dello Iacono è stata uccisa, lei in un impulso d'ira l'ha picchiata?".
"No, è una menzogna! Abbiamo litigato, questo si, ma non l'ho sfiorata nemmeno con un dito. Me ne sono andato, sono salito in macchina e ho fatto rientro a Napoli".
"Ma finora - intervenne Noce - non ci ha fornito la benchè minima prova delle sue affermazioni. Chi ci assicura che non è tornato indietro per ucciderla?".
Valerio Maglione si alzò di scatto: "Ma è impazzito, per caso? Come avrei potuto ucciderla? Aspettava un bambino, mio figlio!".
Si bloccò di colpo e tornò a sedersi, sperando che a Noce e Ragozzino fosse sfuggita la contraddizione. Ma non fu così.
"Quindi lei sapeva che Antonella Dello Iacono aspettava un bambino". Ragozzino prese una cartellina, tirò fuori un verbale e lo schiaffò sotto il naso di Maglione. "Forza, legga ad alta voce quello che ha dichiarato mercoledì 9 ottobre".
Maglione rimase immobile. Impietrito.
"E allora glielo leggo io. Alla domanda "La Dello Iacono non le aveva detto che aspettava un bambino?" lei ha risposto "No, l'ho appreso dai giornali". Perchè ha mentito, signor Maglione?".
"Per giustificare il fatto che mi sono presentato in commissariato quattro giorni dopo il delitto. La verità è che non volevo presentarmi proprio, avevo paura che mia moglie venisse a conoscenza della relazione con Antonella. Poi mi sono detto: "Quella stronza di Michela Castellano sicuramente correrà alla Polizia e dirà tutto".
"E invece non è corsa per niente. Siamo stati noi a rintracciarla, anche la Castellano aveva qualcosa da nascondere: non voleva che si venisse a conoscenza della sua relazione amorosa con Antonella Dello Iacono. Aveva paura di perdere il posto".
"Relazione amorosa? Antonella e Michela? Ma cosa state dicendo?".
Ragozzino prese dalla stessa cartellina un altro verbale. "Ecco quello che ci ha detto Michela Castellano: "Antonella ed io avevamo una relazione che andava al di là della semplice amicizia. Tutto è iniziato nell'agosto del 2018, abbiamo cominciato a frequentarci e abbiamo scoperto che insieme stavamo bene. Mai un litigio, una minima incomprensione. E' vero, sabato 5 ottobre dovevamo cenare insieme, ma tutto è saltato per colpa di Maglione. Hanno litigato e lui l'ha colpita. E' un violento, una bestia".
"Ecco perchè...", farfugliò Maglione sovrappensiero.
"Ecco cosa, signor Maglione?", intervenne Ragozzino. "Faccia capire anche a noi".
"Quando sabato 5 ottobre sono arrivato senza preavviso a casa sua a San Marco, Antonella mi ha accolto con freddezza. Era nervosa, intrattabile e non riuscivo a capire perchè. Adesso invece tutto è chiaro: doveva fare i porci comodi suoi con quella stronza, non mi voleva tra i piedi".
"Quando è venuto a conoscenza del fatto che Antonella Dello Iacono era incinta?".
"Il giorno stesso in cui ha fatto il test di gravidanza. Mi ha telefonato e me l'ha detto. Da allora per me è diventato sempre più difficile vederla: trovava sempre una scusa".
"Forse perchè - argomentò Noce - non voleva che lei la convincesse ad abortire".
"E come avrei potuto? Il giorno stesso in cui mi ha messo a conoscenza della gravidanza mi ha detto: "Questo bambino io lo terrò in ogni caso, anche se tu non vorrai riconoscerlo".

***

"Un bel rebus", commentò a cena Michele Sirago. Mangiarono al coperto, nella cucina del professore. La temperatura in serata era scesa di botto, l'estate stava preparando le valigie per lasciare definitivamente Castellabate.
Noce annuì in silenzio con la testa mentre stava pelando una delle mele del giardino del professore. "Si è fatto più vivo, poi, il suo vicino? Ha tentato altri blitz?".
Sirago rise al ricordo dell'incontro tra la iena e il vicino ladro di mele. "No, commissario, credo proprio che non lo farà più. Lei gli ha messo una bella paura addosso".
"Purtroppo è l'unico caso che sono riuscito a risolvere da quando sono qui. Ha detto bene, professore, l'omicidio di Antonella Dello Iacono è diventato proprio un rebus. Non abbiamo fatto il benchè minimo passo avanti".
"Ma lei cosa pensa? E' stato Maglione?".
"Le rispondo con le stesse parole di Michela Castellano: "Chi vuole che sia stato?". Ma non abbiamo prove, ed è proprio quello il rebus: magari da qualche parte esistono ma non riusciamo proprio a trovarle".
"Delitto perfetto", commentò Sirago mentre spegneva il fuoco sotto la moka.
"Perfetto un cazzo, professore. Non mi faccia incazzare. Finora quel Maglione ha avuto soltanto un culo incredibile". E scosse la testa in segno di disapprovazione.
"Ce l'ha con me o con Maglione, commissario?".
"Ce l'ho soltanto con me. Non sono stato capace d'inchiodare quel figlio di puttana. Abbiamo in mano soltanto indizi, per giunta giuridicamente irrilevanti. Nessun giudice di questo mondo darebbe l'ok per aprire un procedimento a carico di Maglione, neppure indiziario".
"E non potete neppure sbatterlo dentro, giusto?".
"C'è di più. E' talmente inattaccabile quel tizio che non ha avuto bisogno neppure dell'intervento di un avvocato. Per il momento giuridicamente resta una "persona informata dei fatti", nulla di più".
Sirago verso il caffè e cercò di renderlo il più dolce possibile con un auspicio: "Oggi è il 14 ottobre. Tempo tre giorni e lei risolverà il caso. Quanto vuole scommettere?".
"Io su queste cose non scommetto mai, professore. Mi dica, piuttosto: cosa glielo fa pensare? Cosa le dà tutta questa certezza?".
"Il suo termometro famelico".
"Il mio che?", strabuzzò gli occhi la iena.
"Vede, commissario, un po' io credo di conoscerla, ormai. Mi sono stati d'aiuto in tal senso i nostri piacevolissimi incontri conviviali. Con quello che io chiamo termometro famelico io misuro il suo appetito e nello stesso tempo la situazione delle indagini. Sono strettamente legati. Quando l'inchiesta è in una posizione di stallo totale, lei non mangia neppure una briciola, e invece stasera ha fatto onore a tutto ciò che ho portato a tavola. Ne deduco che, incosciamente, lei è pienamente convinto di risolvere il caso da un momento all'altro".
"Deduzione confortante, professore, ma non attendibile. Stasera quando mi sono seduto a tavola non avevo appetito, ma lei cucina talmente bene che ha convinto i miei sensori famelici a cambiare immediatamente idea".
 
***

Ormai, per Arcangelo Noce, era diventata una piacevole consuetudine prendere sonno leggendo il racconto del prof. Sirago. Non che avesse cambiato idea su quel tipo di letteratura, anzi: "Trappola sull'isola" aveva irrobustito la sua convinzione sulla scarsa corrispondenza dei polizieschi alla realtà. Ma nei confronti del professore aveva un debito di riconoscenza: la sua compagnia e soprattutto la sua cucina avevano accompagnato piacevolmente il suo soggiorno a Castellabate. E poichè Sirago teneva particolarmente al giudizio di Noce, il commissario si era riproposto di andare fino in fondo nella lettura del racconto nonostante una trama che poco lo convinceva sul piano della credibilità.

"Sei anni fa, divorato dalla disperazione, mio figlio Manuel era diventato una larva. Non mangiava più, non usciva di casa, aveva perso la voglia di vivere. E una sera non ce l'ha fatta più, ha deciso di farla finita e si è gettato dalla finestra. Ma a spingerlo sul baratro è stato uno di voi".
L'avvocato Brocca aprì nuovamente la sua valigetta e tirò fuori tre cellulari, che distribuì ai presenti.
"Sul cellulare c'è un video. Guardatelo".
I tre obbedirono.
"Commenti?", chiese l'avvocato.
Nessuno dei tre aprì bocca.
"Nulla da dire? D'accordo. Allora parlerò io. Quel video ha distrutto l'esistenza di mio figlio ed è stato postato da uno di voi il 16 luglio 2013 in un gruppo Facebook che si chiamava "Gli Amici della Notte".
"Come fa ad affermare con tanta certezza che è stato uno di noi?", chiese Federico Severino.
"Ho fatto le mie ricerche. In qualità di amministratori, soltanto voi tre avevate la possibilità di postare il video sul sito. E adesso voglio sapere chi è stato", e sferrò con rabbia un pugno sul tavolo.
"Ma sono passati sei anni - obiettò timidamente Cosimo Risso -: come pretende che noi si possa ricostruire l'accaduto?".
"Abbiamo tutto il tempo che vogliamo, signor Risso. Nessuno di voi uscirà da questa stanza prima che venga fatta luce su quello che è successo".
"Non l'è passato per la testa che i nostri familiari, non avendo più notizie di noi, possano rivolgersi alla Polizia?", replicò Risso.
"Certo, ma è un rischio che intendo correre. Forse è a lei, signor Risso, che non è entrata bene in testa una cosa: a me non frega un cazzo nè di finire in galera nè del denaro che ho sborsato per portarvi qui. Io voglio soltanto una cosa: sapere il nome di quel figlio di puttana che ha postato su Facebook quel video. E lo saprò, in un modo o nell'altro. Con o senza la vostra collaborazione".
Intervenne Riccardo: "C'è una cosa che non riesco a spiegarmi: ammesso e non concesso che riuscirà ad ottenerla, come mai ha atteso tutto questo tempo per farsi giustizia?".
"Per tutti questi anni mia moglie mi ha fatto giurare che non avrei fatto nulla per scoprire la verità: "Sapere chi l'ha ucciso - mi diceva - aumenterà il nostro dolore e soprattutto non ci restituirà Manuel". Ma è morta per un cancro sei mesi fa, adesso sono libero da qualsiasi promessa".

***

Martedì 15 ottobre - Ore 8
Nel giro di poche ore l'autunno si era impadronito di Castellabate.
"Commissario, ma lei sta tremando. Aspetti, vado a prenderle qualcosa da mettere addosso".
Michele Sirago entrò in casa e dopo qualche minuto tornò nel giardino con un maglione a righe orizzontali blu e gialle.
La iena lo guardò con aria schifata: "Non avrebbe qualcosa di meno osceno?".
"Ho solo questo, prendere o lasciare. Non è colpa mia se lei è venuto a Castellabate senza portarsi qualcosa di pesante".
Con riluttanza Noce indossò il maglione suscitando l'ilarità di Sirago. "Le va un tantino abbondante".
"C'è poco da ridere, professore. Lo sa cosa significa, questo?", e mostrò la manica sinistra del maglione che arrivava quasi alla punta delle dita. "Significa che stamattina lei mi accompagnerà a fare compere in qualche negozio della zona".
"Ben volentieri. Ma temo che dovrà procurarsi anche un ombrello. La vede Punta Licosa?", e indicò il braccio di terra che si stagliava sul mare a sinistra di Castellabate.
"E' nuvolo. E' allora?".
"Le cito un detto del posto che non sbaglia mai: "Quanno è scuro a La Licosa, piglia la zappa e va la posa". Significa che...".
"Sono marchigiano, professore, non deficiente. Si capisce benissimo. Ma sono tutte cazzate... quanto vuole scommettere che non verrà a piovere?".
"Quello che vuole, commissario".
"Una cena a base di pesce nel miglior ristorante di Castellabate".
"Vino compreso?".
Noce ci penso su. "No, quello lo pagherà lei in ogni caso. Mi dia carta e penna".
"A cosa le servono?".
"Non perda tempo con le domande superflue e vada a prendere carta e penna, professore".
Sirago rientrò in casa e tornò con una Bic e un quadernone a righe A5.
"Le ho chiesto un po' di carta, non un lenzuolo".
"Io questo tengo, commissario. Ma lo sa che lei è un bello scassacazzi?".
La iena non rispose. Strappò un pezzetto di carta dal quadernone, lo appoggiò sul muro accanto alla porta d'ingresso della villetta del professore e rapidamente scrisse qualcosa. Piegò il foglio fino a quando non divenne lungo un centimetro e lo infilò in un pertugio del muro.
"Visto che la penna è mia, la carta pure, e anche il buco del muro dove ha infilato il pizzino, vuole avere almeno la compiacenza di dirmi cosa sta succedendo?".
"Ho scritto il nome dell'assassino del suo racconto. Quando avrò terminato di leggerlo andremo a prendere il foglietto e se avrò indovinato - cosa di cui non ho dubbio alcuno - sarà lei a pagare il vino della cena".
"D'accordo", rispose Sirago. E con un ampio sorriso sulle labbra e il dorso della mano steso a mezz'aria annunciò: "Intanto la cena sicuramente la pagherà lei. Sta piovendo".

***

Quando vide il numero sul display, Ragozzino ebbe un sussulto. La chiamata proveniva dal Circolo Canottieri Salerno. "Lo sapevo che avrebbe cambiato idea".
Il vice commissario premette senza indugio il pallino verde sul suo cellulare.
"Sono Mara Bisogni. Ti dico subito che non ho cambiato idea, non è per quello che ti chiamo".
Il sorriso da ebete che spadroneggiava sul volto di Ragozzino lasciò il posto allo stupore, alla curiosità. Ma non disse niente. Alla Scuola di Polizia gli avevano insegnato questo dogma: "Se qualcuno sta per darvi un'informazione, non lo interrompete. Ascoltate in silenzio ciò che ha da dirvi".
"Ti ho chiamato perchè mi sono ricordata qualcosa che forse potrebbe essere importante per le indagini. Quando è venuta a parlare con me venerdì 4 ottobre, Antonella Dello Iacono aveva con sè - oltre al bagaglio - una valigetta di alluminio grigio chiaro, con l'apertura a scatto. Mi ha subito incuriosito perchè era insolitamente alta, almeno 30 centimetri. Ed era abbastanza leggera, me ne sono accorta quando l'ho messa nel portabagagli della mia auto per accompagnarla all'aliscafo".
"Sei sicura che non fosse un porta-computer?", chiese Ragozzino.
"Mi hai preso per scema? I porta-computer li conosco, quel tipo di valigetta invece non l'avevo mai visto in vita mia".
"Se ti mando una serie di foto, saresti in grado di riconoscerla?".
"Penso proprio di sì".
"Come mai - chiese Ragozzino - ti è venuto in mente soltanto adesso?".
"In questi giorni ho seguito la vicenda sui media. Stamattina su un sito web è comparso il titolo "Ecco cosa nascondeva Antonella nella sua vita". Un articolo pieno di cazzate, ma quel titolo mi ha riportato alla mente quella strana valigetta e il suo misterioso contenuto. Spero di esserti stata utile".
"Lo sei stata sicuramente: che io ricordi, nella sua abitazione di San Marco nulla abbiamo trovato del genere. Come posso sdebitarmi?", chiese nella speranza che quella domanda potesse essere il preambolo per un invito a cena.
"E' molto semplice - rispose Mara Bisogni -: dimenticandoti della mia esistenza".

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