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Waterpolo People

Le prime cinque puntate

  Pubblicato il 18 Mar 2119  18:16
Era vestito da Pierrot l'uomo che alle 6,28 di martedì 5 marzo 2019, il giorno di Carnevale, sparò un colpo di pistola in piena fronte ad Arcangelo Noce.
Il commissario sentì una fitta terribile alla testa, si svegliò di soprassalto e guardò l'orologio. Non fece in tempo a vedere l'ora: l'uomo gli bloccò il braccio sinistro, si tolse la maschera e gli sparò nuovamente in testa.
"Devo svegliarmi", pensò nel sonno, "altrimenti questo non la finirà più".
Gli venne in aiuto il suono della sveglia.
Noce si sollevò di scatto, come se volesse scappare dall'incubo. Si sedette ai piedi del letto, s'infilò le pantofole e fece per alzarsi, ma una fitta lancinante alla tempia lo ricaccio indietro. Tentò di alzarsi di nuovo, anche stavolta non ci riuscì. Si accasciò sul letto, la faccia premuta sul cuscino. Qualche secondo per radunare le forze e, al terzo tentativo, finalmente si alzò e...
Vomitò anche l'anima.
"Commissario, mezza Napoli è a letto con l'influenza. Viene senza febbre, ma prende alla testa e allo stomaco", lo aveva avvertito la sera prima Donatella Dell'Angelo, il suo vice.
"Mezza Napoli più 1", pensò il commissario. Dopo il violento conato di vomito, il mal di testa adesso era più sopportabile. Andò in bagno, aprì l'armadietto dei medicinali, prese una compressa di Zerinol, si fece una rapida doccia e si vestì.
Completo grigio chiaro, camicia bianca, calzini blu, mocassini neri. Lo stesso abbigliamento di tutti i giorni. La cravatta l'unica variazione sul tema che Noce si concedeva: ne scelse una a righe rosse e blu.
Andò in cucina, aprì il frigo, ma la sola vista del vasetto di marmellata gli fece venire nuovamente la nausea. Per la prima volta in vita sua saltò la prima colazione.
Fu tentato di chiamare un taxi per andare in ufficio, cambiò subito idea. "Un po' d'aria mi farà bene". Non prese l'ascensore, abitava al sesto piano. "Fare le scale restituirà forza alle gambe". Ma sullo scalino numero 3, il terzultimo che lo separava dal pianterreno, perse l'equilibrio e si ritrovò culo per terra a guardare il portiere. "C'è una raccomandata per lei", gli annunciò mentre lo aiutava a rialzarsi.
Era dell'amministratore del palazzo. "Cos'è, una nuova riunione di condominio?".
Noce, proprietario del suo appartamento e anche di quello accanto, fittato a una coppia di giovani sposi, le disertava regolarmente.
"Peggio", rispose il portiere facendo il gesto dei soldi con l'indice e il pollice della mano sinistra. "Hanno deciso di ristrutturare il palazzo".
"Cristo Santo", esclamò Noce pur essendo ateo. Apri la busta, guardò la raccomandata e la cifra che trovò alla destra dei suoi millesimi gli fece tornare il mal di testa: 24.854 euro.
 
***
 
Il martedì nero di Arcangelo Noce proseguì nel commissariato di Fuorigrotta con la telefonata delle 10,48.
"Sono l'ingegner Braunè, direttore dei lavori di ristrutturazione della piscina Scandone. Abbiamo trovato i resti di uno scheletro umano".
"Ci vado io", propose Donatella Dell'Angelo. "Lei sta inguaiato, farebbe bene a tornarsene a letto".
"Ci andiamo insieme", decise Noce.
"Appartiene a un individuo di sesso maschile. E' stato sepolto non meno di trent'anni fa, non sono in grado di dirle altro per il momento", precisò il medico legale quando Noce e il suo vice giunsero sul posto. Lo scheletro era stato trovato nel  terreno antistante gli spogliatoi della Scandone.
"Lunedì scorso - spiegò l'ingegner Braunè - abbiamo cominciato i lavori di scavo. Qui sorgerà una seconda vasca da 33 metri per le Universiadi. E adesso, commissario?".
Noce allargò le braccia: "E adesso vi fermate. I lavori sono bloccati fino a nuovo ordine".
"Ma almeno possiamo continuare a lavorare all'interno della piscina principale? La stiamo ristrutturando".
"Se lo può scordare", rispose Noce con lo stesso garbo che negli anni aveva contribuito a fargli guadagnare l'appellativo di "iena" nel commissariato di Fuorigrotta.
Braunè, dall'alto del suo metro e novanta, cercò di far valere le sue ragioni fronteggiando Noce, che era venti centimetri più sotto: "Forse non mi sono spiegato bene, commissario. Il 3 luglio, cioè tra meno di quattro mesi, a Napoli ci sono le Universiadi. Non ci possiamo fermare, abbiamo dei tempi da rispettare".
"Sono io che mi sono spiegato male, ingegnere", e Braunè s'illuse di averla avuta vinta. Ma solo per un attimo: "Vede, ingegnere, a me dei suoi lavori non fotte un cazzo. Tanto meno delle Universiadi. Adesso vi fermate, punto e basta. Se tra mezzora vedo un solo operaio in questo impianto, la porto in commissariato e la incrimino per intralcio alle indagini".
Nel giro di venti minuti nella Scandone rimasero soltanto il direttore e il personale, gli unici in grado di rispondere a questa domanda: "Come diavolo ha fatto una persona a seppellire un cadavere in una piscina comunale?".
"Negli anni settanta - rispose il direttore - la Scandone è rimasta chiusa per un lunghissimo periodo. Prego, mi segua", e invitò Noce a varcare la vetrata che dalla direzione porta al piano vasca. "Dove adesso c'è l'acqua, commissario, per anni ci sono state le carcasse di una Fiat 600 e di una Fiat 500. Nessuno è mai riuscito a capire come abbiano fatto i vandali a portarle là dentro. Non si meravigli, dunque, se qualcuno in quello stesso periodo ha sepolto un cadavere nel terreno antistante gli spogliatoi".
"Ricorda con esattezza - chiese Noce - per quanti anni la piscina è rimasta chiusa?".
"Esattamente per undici anni, dal 1972 al 1983".
 
***
 
Il martedì nero di Noce si concluse con la telefonata delle 19,44.
"Commissario, c'è un tale Dorian Gray che vuole parlare con lei. Glielo passo?".
"Ha chiamato anche Oscar Wilde?", chiese la iena al centralinista.
"No, commissario, ma io sono entrato in servizio da poco. Aspetti che provo a chiedere".
"Lascia perdere e passami la telefonata".
"Buonasera, mi chiamo Gray... Dorian Gray. Ieri sera ho lasciato per lei una busta al botteghino del Teatro Diana. Dentro ci sono due biglietti: uno per assistere allo spettacolo di stasera, glielo consiglio caldamente: è un bellissimo adattamento in chiave moderna de "La coscienza di Zeno". L'altro biglietto, temo, non le risulterà altrettanto gradito, benchè vi siano informazioni molto interessanti. Ovviamente è inutile che cerchi di rintracciare questa telefonata, la sto chiamando con un cellulare usa e getta e con una scheda sim anonima. Le auguro una buona serata, commissario. Ah, dimenticavo: se, come credo, lei guarderà la registrazione delle videocamere del teatro, l'avverto sin da adesso che la persona che vedrà consegnare la busta al botteghino non sono io. Le rinnovo i miei saluti, commissario".
"Trovami il numero del Teatro Diana e prega che si tratti soltanto di uno scherzo", disse la iena a Donatella Dell'Angelo senza dare spiegazioni.
"Si, commissario - confermò la persona al botteghino -: la busta c'è. Faccia presto perchè lo spettacolo sta per cominciare".
"Lasci perdere lo spettacolo e non tocchi la busta, mi raccomando. Manderò un poliziotto a ritirarla".
 
 
***
 
La busta era rossa e dozzinale. "Può averla comprata dappertutto", commentò Donatella Dell'Angelo. Non era delusa, se l'aspettava.
Oltre al biglietto per assistere a "La coscienza di Zeno" - fila 5, posto 12 - la busta conteneva un foglio A4 bianco. Da un lato, in Calibri corpo 18 corsivo, c'era scritto:
 
Nel 1815, era vescovo di Digne monsignor Charles François Bienvenu Myriel, un vecchio di circa settantacinque anni, che occupava quel seggio dal 1806. Sebbene questo particolare abbia poco a che fare con ciò che racconteremo, non sarà forse inutile, sia pure solo per essere del tutto precisi, accennare qui alle voci ed ai discorsi che correvano sul suo conto, nel momento in cui era arrivato nella diocesi. Vero o falso che sia, quel che si dice degli uomini occupa spesso altrettanto posto nella loro vita, e soprattutto nel loro destino, quanto quello che fanno.
 

"Ma è l'inizio de "I Miserabili", commento Donatella.
 
Più sotto, in corpo 28 e in grassetto, l'aggiunta che portò il mal di testa di Noce a livelli mai toccati in tutta la giornata: "Vi do esattamente tre giorni di tempo per fermarmi a partire dalle ore 21 di stasera. Alle 21 di venerdì 8 marzo ucciderò un uomo".

Noce alzò lo sguardò verso il suo vice: "Non hai pregato a sufficienza, Donatella. Qualcosa mi dice che non è uno scherzo".
Bruna, occhi a palla, naso aquilino e collo praticamente inesistente, Donatella Dell'Angelo era il poliziotto donna più brutto che la iena avesse visto in vita sua. Non che gliene importasse particolarmente - Noce era dichiaratamente gay - ma in quel momento, con un omicidio sulle spalle, un altro che stava per arrivare e un mal di testa che gli stava perforando il cranio, la vista del suo vice gli sembrò insopportabile.
"Cosa le fa pensare che questo qui faccia sul serio?", chiese Donatella.
Sensazioni, semplici sensazioni.
Il fiuto di Arcangelo Noce lo aveva aiutato a risolvere in carriera una quantità di casi di gran lunga superiore a quella di tutti gli altri commissari della Questura di Napoli. Un curriculum che gli aveva fatto guadagnare la stima dei suoi superiori e che equilibrava il pesante fardello dell'altro piatto della bilancia, dove nel corso degli anni si era accumulato l'odio dei suoi subalterni per il maltrattamento che la iena riservava quotidianamente a chiunque nel commissariato di Fuorigrotta era alle sue dipendenze.
Tutti lo disprezzavano, eccetto Donatella Dell'Angelo. "E' un uomo viscido, repellente, insopportabile, ma non riesco a detestarlo: come poliziotto è troppo bravo", rispondeva a coloro che le chiedevano spiegazioni sulla sua ammirazione per Arcangelo Noce.
La stima di Donatella diventava addirittura simpatia nella persona di Elio Parlato, l'unico amico sul quale poteva contare la iena. Elio nutriva Noce non solo di affetto, era il titolare dell'omonima trattoria in via Lepanto a Fuorigrotta dove il commissario ogni giorno consumava i pasti. Quella sera, non vedendolo arrivare, alle 20.55 lo chiamò al cellulare.
La iena rispose: "Stasera non ci vediamo, Elio, qui sono cazzi".
 
***

L'ing. Braunè chiamò il presidente della Regione, il presidente della Regione chiamò il questore, il questore chiamò Arcangelo Noce: "Lei, commissario, mi ha messo in un mare di guai. Ma come l'è saltato in mente di sospendere i lavori di ristrutturazione della Scandone? E per che cosa? Per un mucchio di ossa! Ma è impazzito, per caso? Si rende conto che ha fatto nascere un putiferio? Li ha letti i giornali stamattina?".
"E lei, signor questore, si rende conto che potremmo trovarci di fronte ad un caso di omicidio?", replicò la iena.
"Certo, commissario, ma se di delitto si tratta ci sono ottime possibilità che sia andato in prescrizione. Le comunico, quindi, che ho già dato ordine di ripristino dei lavori. Continueranno ad essere sospesi esclusivamente nel terreno dove è stato trovato il cadavere, ma soltanto per due giorni. Lei, dunque, ha 48 ore di tempo - e mi sembrano più che sufficienti - per espletare con la scientifica tutte le ricerche necessarie".
E tempo fino alle 21 di venerdì 8 marzo per evitare che il signor Dorian Gray, o come diavolo si chiamasse veramente, facesse fuori uno dei 962mila abitanti della città di Napoli. A meno che non avesse deciso di ammazzarlo in provincia.
Già, ma chi? "E perchè questa sfida l'ha lanciata proprio a lei con tutti i commissari che ci sono a Napoli?", proseguì il questore, talmente preoccupato da intervenire con un nuovo diktat: "Lasci perdere per il momento lo scheletro della Scandone e si occupi esclusivamente del signor Dorian Gray. Ma perchè proprio questo personaggio? Crede che questo caso possa avere a che fare con qualche ritratto? E perchè sul biglietto c'erano le prime righe dei Miserabili?".
"E perchè non la smetti di fare domande così posso trovare il tempo per dare qualche risposta?", pensò Noce. Il commissario non aveva alcuna intenzione di abbandonare, sia pure temporaneamente, il caso Scandone. Attendeva con ansia, perciò, ulteriori informazioni dal medico legale.

***

L'uomo si chiamava Marko, la donna Miriam.
Piscina della Mostra d'Oltremare, partita femminile Fuorigrotta-Rotterdam, penultimo giorno della trasferta della squadra olandese a Napoli. Fosse dipeso da lei, quella partita Miriam non l'avrebbe giocata. "Non mi reggo in piedi", aveva detto ad Enzo Altomare, il suo allenatore, durante lo scioglimento. "Hai solo qualche decimo di febbre, non rompere i coglioni e scendi in acqua", era stata la replica del tecnico.
Marko, giovane dirigente accompagnatore della squadra olandese, per cinque giorni era transitato davanti agli occhi della ragazza decine di volte durante gli allenamenti in comune. Non pervenuto. Ma, durante la presentazione delle squadre, mentre lo speaker pronunciava  il suo nome, Miriam alzò lo sguardo verso la tribuna e incrociò il suo sguardo.
Un sorriso e la giovane pallanuotista, che quella partita non avrebbe voluto giocarla, prese il premio come mvp.
"Hai visto, Avevo ragione io", si complimentò a fine gara Altomare illudendosi di aver avuto un peso significativo nel pomeriggio speciale di quella ragazza che mai, prima di quel giorno, aveva giocato così bene.
La sera Marko e Miriam non presero parte alla cena organizzata dal Fuorigrotta per salutare la squadra olandese. "Prima che parti ti voglio far vedere tutta la Napoli antica", disse lei scandendo le parole. E lui sorridendo rispose: "Parla più veloce, io capisco".
Mano nella mano la piccola Miriam, che a stento raggiungeva il metro e sessanta, e il gigantesco Marko, che oltrepassava abbondantemente il metro e ottantacinque, perlustrarono tutto il centro storico vicolo dopo vicolo, chiesa dopo chiesa. "Lo sai Marko che c'è anche una Napoli sotterranea? A quest'ora è chiusa, te la farò vedere la prossima volta che verrai. Perchè tu tornerai, vero?".
Non sarebbe mai partito.
"E domani mattina, prima che tu vada via, ti farò vedere una cosa speciale", annunciò Miriam.
Si svegliarono di buon ora per guadagnare tempo prezioso. Il treno che avrebbe riportato Marko e la squadra del Rotterdam in Olanda partiva alle 17,30.
"Cosa speciale? Perchè tu detto questo?", chiese il giovane olandese allargandole braccia, deluso, davanti alla facciata della Scandone. "Io vedo solo piscina rotta".
"Aspetta e vedrai", rispose Miriam.
La ragazza lo prese per mano e lo condusse al cancelletto alla sinistra dell'ingresso principale. Niente lucchetto, bastò una leggera spinta per entrare.
"Ma se viene polizia?", chiese Marko preoccupato.
"Non viene, stai tranquillo: la piscina è abbandonata da anni. Seguimi", e attraverso uno stretto passaggio nella facciata dell'impianto entrarono sul piano vasca.
"Oh my God!", esclamò Marko quando vide all'interno della vasca le carcasse delle due autovetture: la 500 era nera, la 600 bianca.
"Che ti dicevo? Avevo ragione o no? Una cosa speciale, unica al mondo. Succede solo a Napoli".
Senza dir nulla Marko si voltò, piantò in asso Miriam e si precipitò verso il passaggio che li aveva condotti fin là.
"Ma dove vai? Perchè scappi? Non aver paura...".
Poi capì tutto quando vide Marko che tornava indietro con una lunga scala.
"Dove l'hai presa?".
"Fuori, vicino muro".
"Marko, lascia perdere per favore. Può essere pericoloso".
L'olandese non le diede retta. Prese la scala, la sistemò nella parte meno profonda della vasca e invitò Miriam a scendere.
"Non se ne parla proprio, e non scendi neppure tu: gli scalini potrebbero essere marci".
"Scala buonissima, io controllato", replicò Marko e - mentre Miriam lo seguiva dal bordovasca - scese e raggiunse la carcassa della 600.
Il giovane olandese si appoggiò allo sportello di destra  e, braccia conserte, tutto felice gridò: "Fai foto, Miriam".
La pallanuotista del Fuorigrotta prese la sua Zeiss e dopo una decina di scatti avvertì Marko: "Le foto restano qui con me. Se le vorrai vedere, dovrai tornare".


***

Mercoledì 6 marzo - Ore 11

Gianmarco Piccolo,  il direttore del teatro "Diana", era una di quelle persone che la iena avrebbe voluto sempre dall'altra parte della scrivania.
Alto, bello, elegante, capelli brizzolati tagliati cortissimi i particolari che colpirono Arcangelo Noce come gay.
Sintesi ed efficienza le doti che apprezzò come commissario.
"Qui c'è il filmato dell'uomo che ci ha consegnato la busta, ripreso dalle telecamere del teatro", e posò il cd sulla scrivania. "E qui ci sono le foto dell'uomo. Mi sono permesso di farle sviluppare".
Quarant'anni o giù di lì, capelli bruni che avevano urgentemente bisogno di un taglio, barba folta, lineamenti regolari, giubbotto verde con cappuccio.
"Un barbone", commentò il commissario guardando la foto.
"E' la stessa cosa che ho pensato io", disse Piccolo e, anticipando la domanda di Noce, aggiunse: "Mai visto prima d'ora, nè io nè il resto del personale del teatro. Ho fatto vedere la foto a tutti".
 
***
 
"Ma sicuramente non è stato il barbone ad acquistare il biglietto del teatro che abbiamo trovato nella busta".
Il pesante fardello di due casi in una volta sola non aveva fatto perdere l'appetito alla iena. Alle 14 spaccate, così come ogni giorno, si era seduto al suo tavolo in trattoria e aveva fatto fuori voracemente un piatto di penne alla boscaiola, una porzione di bollito, patatine fritte, creme caramel e sorbetto al limone. Alle 15, quando il locale si svuotò completamente, Elio portò al commissario l'amaro e si sedette al suo tavolo.
"Quindi - dedusse il ristoratore - non può essere stato che il signor Gray. Le telecamere del teatro sicuramente hanno ripreso anche lui".
"Certo, ma purtroppo  il filmato non c'è più. Il direttore mi ha detto che ogni dieci giorni le registrazioni precedenti vengono cancellate".
"Ma potrebbe aver acquistato il biglietto all'ultimo momento, non crede?".
"Speranza vana, Elio. In ogni caso ho chiesto al direttore tutte le registrazioni di cui il teatro è in possesso".
"E il barbone? Cosa ha intenzione di fare?".
"La sua foto è già su tutti i social e sul web dei quotidiani, speriamo che qualcuno lo riconosca. Stamattina, inoltre, ho mandato tre uomini al Vomero: stanno mostrando la foto a tutti i negozianti della zona".
"E quel messaggio?", chiese Elio.
"Abbiamo pensato subito al vescovo di Napoli. Ha 75 anni, esattamente come il monsignor Digne de "I Miserabili". Ma non credo che il bersaglio sia lui: è troppo evidente il riferimento nel messaggio. In ogni caso abbiamo messo in atto tutte le precauzioni necessarie".
E qui Elio, come spesso era accaduto in passato, ebbe l'intuizione che gli fece guadagnare i complimenti della iena: "Forse Monsignor Digne non c'entra, commissario. Forse l'attacco del romanzo è stato scelto dal signor Gray semplicemente per far capire alla polizia che si trattava dei "Miserabili".
"E allora?".
"Miserabile può essere inteso anche come persona indigente, non solo come individuo di bassa moralità".
"Un barbone! Vuole uccidere l'uomo che ha portato la busta al teatro! Sei grande, Elio!".
E senza aggiungere altro la iena si precipitò in commissariato.
 
***

Giovedì 7 marzo

Politici e giornalisti occupavano stabilmente i primi due posti della graduatoria di “non gradimento” della iena. Arcangelo Noce era fermamente convinto che senza di loro sarebbe stato un mondo migliore.
Ancor più bello senza mitomani.
“Se qualcuno si presenta sostenendo di essere Dorian Gray, rispeditelo a calci sul marciapiede”, fu l’ordine tassativo ai poliziotti in servizio.
Non c’era tempo da perdere, bisognava trovare il barbone che mercoledì 6 marzo aveva consegnato il messaggio al “Teatro Diana” prima che il signor Gray lo spedisse a miglior vita. Allo scadere dell’ultimatum - venerdì 8 marzo alle ore 21 - mancava ormai poco più di 24 ore.
Noce sperava che al più presto qualcuno in possesso di informazioni concrete si facesse vivo. Per il momento tutte le telefonate pervenute al centralino del commissariato di Fuorigrotta non erano state di alcuna utilità. Anzi, erano riuscite a far lievitare ulteriormente il già elevato grado di incazzatura della iena.
 
 “Si, vi dico che è lui. E’ l’uomo della foto. Cinque minuti fa ha acquistato un Rolex nella mia gioielleria”.
“L’uomo che cercate è qui nell’auto davanti alla mia. Fate presto, non credo che riuscirò a stargli dietro per molto, ha una Maserati”.
 “No, che non mi sbaglio, l’ho visto in faccia. Proprio adesso mi ha fatto la comunione”.

 
Eppure, nel comunicato pubblicato sui media, la polizia era stata chiara: “Cerchiamo un barbone”.
Barbone come vagabondo, accattone, mendicante, clochard.
Proprio come Antonio Ciminiello, l’uomo sulla sessantina che alle 18,30 di giovedì 7 marzo si presentò in commissariato chiedendo: “Chi è che comanda qui?”.
L’uomo che comandava nel commissariato di Fuorigrotta capì immediatamente che non si trattava di un’altra perdita di tempo. Questione di fiuto.
Un fiuto che Donatella Dell’Angelo non possedeva, ma la presenza maleodorante del barbone, che evidentemente non toccava l’acqua dall’ultimo nubifragio a Napoli, suggerì al vice commissario di aprire la finestra dell’ufficio di Noce nonostante la temperatura non proprio primaverile di un marzo ritardatario.
“Io potrei aiutarvi a trovare l’uomo che state cercando”.
Un potrei inequivocabile: stava per aprirsi una trattativa.
“Datemi 200 euro e io vi porto da lui”.
“Se non mi dici tutto quello che sai - fu la risposta di Noce - ti do 200 calci nel sedere e ti metto dentro per intralcio alle indagini”.
“Okay, facciamo 150 euro, non uno di meno”.
“Facciamo che i calci passano a 300, forse anche qualcuno di più”.
L’uomo capì che da quella trattativa non sarebbe uscito nemmeno un euro e provò a cambiare merce di scambio.
“Datemi almeno qualcosa da mangiare”.
“Farò di più, ti procurerò un pasto completo”.
“Parola di commissario?”.
“Parola di proprietario di trattoria”, puntualizzò la iena e mise in viva voce la telefonata.
“Ti mando un nuovo cliente, Elio. Non c’è bisogno che tu lo faccia accomodare, basta un contenitore da asporto”. E ne approfittò per informarsi sul menu: “Cosa c'è di buono stasera?”.
“Il mio nuovo cliente (Elio accentuò quel “mio” per far capire alla iena che non intendeva essere preso per il culo) è davvero fortunato, commissario: rigatoni ai quattro formaggi, spiedini di pesce, scarole con le acciughe per contorno e macedonia. Nel contenitore ci sarà anche una bottiglia di vino rosso”.
“Molto bene, Elio. Ah, può darsi pure che la persona all’ultimo momento decida di cenare altrove. Dipende da quello che mi dirà adesso”, e guardò il barbone per vedere se si era spento il sorriso che il menu di Elio aveva acceso sul suo volto martoriato dagli stenti.
Era ancora acceso, e gli occhi scintillavano come le stelline di Capodanno. Buon segno.
L’uomo non perse tempo: “Il nome dell'uomo che cercate è Davide, ma io lo chiamo “Pirata” perché ha un uncino tatuato sull’avambraccio destro. Il cognome non lo so, non l’ha mai detto”.
“E’ napoletano?”, chiese la iena.
“Non lo so, ma l’accento è sicuramente di queste parti”.
“Dove possiamo trovarlo?”.
“Non ha una sistemazione fissa, generalmente dorme sulle panchine delle fermate degli autobus al Vomero".
Noce lo interruppe per impartire ordini a Donatella Dell'Angelo: "Prendi un paio di uomini, andate in tutti gli stazionamenti della parte alta della città e mostrate la foto di Davide. Può darsi che esca fuori qualcosa".
Con un cenno ordinò a Ciminiello di riprendere il racconto.
"Con Davide ci vediamo tutte le mattine alle 10 al Vomero, all’ingresso della Floridiana. Il mercoledì e il venerdì entriamo nel parco, è di turno un custode che ci ha preso in simpatia, un brav’uomo. Ha capito che non facciamo del male a nessuno. Spesso ci dà anche qualcosa da mangiare”.
“Mercoledì mattina vi siete visti?”, chiese la iena.
“Si, come sempre. Siamo stati nella Floridiana fino alle 14, poi ci siamo separati”.
“Per caso ti ha parlato di un uomo che gli aveva dato dei soldi per consegnare una busta?”.
“No, commissario. Altrimenti Davide mi avrebbe offerto il pranzo, è buono e generoso”.
“Che tu sappia ha famiglia?”.
“Non credo, commissario, me ne avrebbe parlato. Ma perché lo cercate?".
"Il tuo amico è in pericolo, qualcuno potrebbe fargli del male. Quindi, se stasera si fa vivo, andate immediatamente al commissariato più vicino e rimanete là in attesa del mio arrivo. Se non dovessi vederlo, domani mattina andrai regolarmente all'appuntamento alla Floridiana. Ci sarà anche un poliziotto e ti offrirà la colazione”.
“Anche a Davide?”, chiese il barbone.
“Speriamo di sì”, rispose la iena.
 
***
 
Giovedì 7 marzo - Ore 9,50
“Che cazzo fanno quelli dell’Istituto di Medicina Legale? E’ mai possibile che ci voglia tanto tempo per esaminare quattro ossa?”.
Squillò il telefono. Donatella Dell'Angelo alzò gli occhi al cielo in segno di ringraziamento. Quando si lamentava, la iena era ancora più insopportabile.
Era Federico Sportelli, il medico legale.
“Avrei potuto chiamarla anche ieri sera, commissario, ma ho preferito non disturbarla. Ho saputo che in questo periodo lei è impegnato anche con un altro caso”.
“Ha fatto male a non disturbarmi - disse seccamente la iena -: quando si tratta di notizie importanti, esigo essere informato immediatamente. Anche di notte, se occorre. Il mio cellulare è acceso 24 ore su 24”.
La cazziata di Noce ammutolì il medico legale.
“E’ sempre lì, dottore? Guardi che il mio tempo è prezioso. Su, faccia presto, mi dica cosa ha scoperto”.
“Le ossa appartengono a un individuo di razza caucasica, tra i 25 e i 30 anni, di altezza non inferiore al metro e 85. La parte posteriore del cranio presenta molteplici fratture, causate probabilmente da ripetuti colpi inferti con particolare violenza”.
“Con che cosa è stato colpito?”.
“Non credo si tratti di un oggetto acuminato. Forse una pietra, un martello, un tubo di ferro”.
“E’ possibile risalire con una minima approssimazione alla data della sepoltura?”.
“Se fossi un mago sì, ma poiché sono soltanto un medico legale le ripeto quello che le ho già detto alla Scandone: è stato sepolto non meno di trent’anni fa. E con questo la saluto, commissario, non ho altro da dirle”. E chiuse la comunicazione.
Donatella Dell’Angelo, che aveva ascoltato in viva voce, trasse le sue conclusioni: “Data l’altezza potrebbe trattarsi di un pallanuotista”.
“Potrebbe trattarsi di chiunque”, replicò la iena. “L’hai sentito anche tu il direttore della Scandone: per dieci anni la piscina è stata abbandonata, sicuramente era frequentata anche da prostitute e spacciatori”.
“Una cosa è certa, però - incalzò Donatella -:  il delitto è avvenuto all’interno dell’impianto. Non credo proprio che l’assassino, o gli assassini, sia stato talmente folle da trasportare il cadavere all’interno della Scandone rischiando di essere visto”.
“Tutto può essere - ridacchiò la iena -: non dimenticare che in quella piscina hanno portato le carcasse di due autovetture senza che nessuno se ne accorgesse”.
Il colloquio tra il commissario e il suo vice fu interrotto alle 10,15 dalla telefonata di un agente.
“Sono Perone, commissario. La chiamo dall’ufficio del custode della Floridiana. Davide, il barbone, finora non si è visto”.
“Ciminiello è con te?”.
“Si, commissario. Che faccio, glielo passo?”.
“No, rimanete là fino alle 13, può darsi che Davide si faccia vivo. Hai parlato con il custode?”.
“Si, ma non ha detto nulla che possa aiutarci a rintracciare l’uomo che stiamo cercando”.
Noce chiuse la comunicazione e guardò Donatella Dell’Angelo scuotendo la testa.
Brutto segno, la iena scuoteva la testa soltanto quando le cose si mettevano male.
“Ho paura che quel maledetto abbia già tra le mani Davide. Sta aspettando soltanto le 21 di stasera per ucciderlo”.
 
***

Tutta la giornata di giovedì 7 marzo fu impiegata dalla polizia nel tentativo di trovare in extremis il barbone di cui si sapeva soltanto questo:

- si chiamava Davide
- campano
- circa 40 anni
- un uncino tatuato sull’avambraccio destro

Foto, nome ed età approssimativa furono inseriti nei cervelloni dell’anagrafe e del casellario giudiziario. Nessun risultato. Fu fatica sprecata anche la ricerca negli archivi dei distretti militari e dell’Albergo dei Poveri di piazza Carlo III.
Alle 21 Noce annunciò: “E adesso non ci resta che aspettare”.
Il suo vice provò a rincuorarlo: “E se fosse soltanto uno scherzo?”.
Alle 8,34 di venerdì 8 marzo arrivò al commissariato del quartiere Vomero-Arenella la telefonata che mandò in frantumi tutte le speranze di Donatella Dell’Angelo: “Chiamo dalla Salita Cacciottoli. C’è un morto nel muro”.
 
***

Il vice questore Antonio Riccio, responsabile del commissariato Vomero-Arenella, aveva già lavorato assieme a Noce ad altri casi e aveva conquistato la sua stima. Traguardo non da poco, la iena reputava inetta la quasi totalità dei colleghi.
Avendo seguito sui giornali il caso, non fu difficile per Riccio fare 2+2 quando vide a Salita Cacciottoli il cadavere di Davide, il barbone ucciso dall’uomo che si era presentato col nome di Dorian Gray.
Avvisò subito Noce, che giunse sul posto con Donatella Dell’Angelo.
Salita Cacciottoli è la gradinata seicentesca che collega il Vomero alla parte bassa di Napoli: dalla panoramica via Girolamo Santacroce a piazzetta Olivella in Pignasecca, il mercato più antico della città. Venti minuti a scendere, almeno il doppio per il percorso inverso.
Sul lato sinistro, per tutta la durata del tragitto, un alto muro di tufo senza abitazioni. Sulla destra, a metà della gradinata, balconi e finestre dei palazzi con l’ingresso in via Girolamo Santacroce.
“Perché non l’hanno chiamata Discesa Cacciottoli? Chi è così pazzo da farla in salita?”, commentò Riccio la cui pancia prominente tradiva la scarsa attitudine a effettuare percorsi anche pianeggianti.
Arcangelo Noce non rispose. Stava aspettando con ansia che Federico Sportelli, il medico legale, terminasse il suo lavoro.
Riccio, che possedeva un ostinato gusto per la battuta, ci riprovò con Donatella Dell’Angelo: “E’ la prima volta che vedo un cadavere in una fossa che non sia orizzontale”.
Il corpo era stato sistemato dall’assassino in una nicchia nel muro di tufo. “Forse un tempo c’era un altarino votivo, altrimenti questo buco non si spiegherebbe”, commentò Donatella. Nativa di Isola Liri, nel Lazio, dove i suoi le avevano insegnato per prima cosa ad amare l’ambiente, non riusciva a spiegarsi perché una gradinata seicentesca che avrebbe potuto essere un’importante attrazione turistica marciva nel più assoluto degrado.
Calcinacci, cocci di vetro, materassi sventrati, rifiuti ed escrementi occupavano tutto il tragitto. “Qui ci vuole la narcotici”, commentò Riccio guardando con disgusto sui gradoni le centinaia di mozziconi lanciati dalle finestre e dai balconi, dai quali adesso gli inquilini si stavano godendo lo spettacolo, che proseguì con l’interrogatorio dell’uomo che aveva rinvenuto il cadavere.
“Mi chiamo Mario Pica, sono un insegnante in pensione. Ero affacciato alla finestra quando l’ho visto. Ci tengo subito a precisare che io non fumo, e neppure mia moglie”.
“Lasci perdere i mozziconi. Cosa ha fatto quando ha visto il cadavere?”, chiese Donatella Dell’Angelo.
“Ho chiamato subito mia moglie”.
 
“Che dici, è morto?”.
"Cosa te lo fa pensare?"
"Non si muove".
“Per me sta dormendo”.
“In una nicchia nel muro?”.
"Cosa c'è di strano? Quello svitato di tuo nipote non dorme forse in una bara?".
"Cosa c'entra il figlio di mia sorella adesso? E poi vuoi mettere una bara con una nicchia nel muro? C'è una bella differenza".
“Effettivamente è un po’ scomodo come giaciglio. E allora perché sta là dentro”.
“Ce l’hanno messo, è l’unica spiegazione possibile”.
“Vuoi dire che l’hanno ucciso?”.
“Chiamiamo la polizia”.

 
“Mentre eravate affacciati, avete visto passare qualcuno?”, chiese Donatella a Pica.
“Chi vuole che passi in questa discarica!”.
“E stanotte? Avete sentito qualche rumore insolito?”.
“No. Qui ormai non vengono più nemmeno gli spacciatori”.
 
Dopo aver esaminato il cadavere, il medico legale si avvicino a Noce e Riccio. Memore della cazziata telefonica ricevuta il giorno prima, Sportelli ignorò volutamente la iena. Si rivolse soltanto a Riccio per esporre le sue prime deduzioni: “L’uomo è stato strangolato con un filo di ferro, la morte risale ad almeno dieci ore fa. Tutto il resto lo saprà dopo l’autopsia”.
 
“Quel figlio di puttana è stato di parola”, esclamò la iena mentre quelli della scientifica prendevano il posto del medico legale. “L’orario della morte coincide: ha ammazzato Davide alle 21 di ieri sera, durante la notte ha trasportato il cadavere e lo ha sistemato là dentro”.
“Si, ma come ha fatto a trasportarlo fin qui?”, obiettò Riccio. “L’unico mezzo che avrebbe potuto usare è una carriola, ma il rumore sulle gradinate avrebbe svegliato gli abitanti del palazzo. E poi qui non c’è nessuna carriola: se l’avesse usata, l’avrebbe lasciata sul posto”.
Intervenne Donatella Dell’Angelo: “E se l’avesse ucciso direttamente qui ieri sera?”.
“Troppo rischioso”, rispose la iena indicando gli spettatori. “Guardate quanta gente è affacciata adesso, saranno almeno una cinquantina”.
“E allora?”, chiese Riccio.
“E allora – concluse Noce - c’è una sola ipotesi possibile: ha ammazzato Davide nel palazzo di Pica ieri sera e stanotte ha trasportato qui il cadavere servendosi di quella”, e indicò una porta di ferro a pochi metri dalla nicchia.
“Dove conduce questa porta?”, chiese Donatella a Pica.
“Non lo so, dovrebbe parlare con il portiere del fabbricato. E’ il n. 141 di via Girolamo Santacroce”.
“Per arrivarci dobbiamo rifare tutta la scalinata in salita?”, chiese con preoccupazione Noce.
“Non è necessario – rispose Riccio -: a trecento metri da qui - e indicò la discesa – la gradinata s’interrompe. C’è un accesso al Corso Vittorio Emanuele dove ci attende una volante”.
Noce, Riccio e la Dell’Angelo scesero i gradoni per una cinquantina di metri. “Se volete riposarvi, là c’è un divano”, indicò Riccio ridacchiando.
“E anche una lavastoviglie”, aggiunse Donatella.
Sul divano, ridotto a brandelli, una pila di sacchetti della nettezza urbana pieni d’immondizia e un gatto che si dileguò non appena vide arrivare i poliziotti.
“Ma l’amministrazione comunale cosa fa?”, si chiese Riccio.
Non ci fu tempo per la risposta. “Commissario, commissario…”.
"Chi cazzo è, adesso?", sacramentò Noce.
“Sono quelli della scientifica. Forse hanno trovato qualcosa”.
“Temo d’aver capito cos’è”, disse Noce con rassegnazione.
L’uomo agitava con la mano destra guantata un busta rossa.

***

La busta, identica a quella lasciata il 5 marzo al Teatro Diana, era stata rinvenuta sotto il cadavere. Il bigliettino stavolta era giallo.
Tre giorni di tempo sono pochi per lei, commissario: è troppo scarso. Stavolta ne avrà cinque. Ma faccia presto, sono già cominciati: ucciderò una donna alle 21 di martedì 12 marzo. Con affetto
Dorian Gray
 
Sull’altro lato del biglietto: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio e compito del monaco fedele sarebbe ripetere ogni giorno con salmodiante umiltà l'unico immodificabile evento di cui si possa asserire l'incontrovertibile verità. Ma videmus nunc per speculum et in aenigmate e la verità, prima che faccia a faccia, si manifesta a tratti (ahi, quanto illeggibili) nell'errore del mondo, così che dobbiamo compitarne i fedeli segnacoli, anche là dove ci appaiono oscuri e quasi intessuti di una volontà del tutto intesa al male”.
 
“E’ l’inizio de “Il nome della rosa”, sentenziò Donatella Dell’Angelo.
“E anche stavolta si parla di preti”, aggiunse Noce.
“Si, ma lui vuole uccidere un donna”, obiettò Riccio.
“Probabilmente una donna muta”, azzardò Donatella.
“Cosa te lo fa pensare?”, chiese la iena.
“Guglielmo da Baskerville e Adso, i personaggi principali del libro, nel loro cammino verso un monastero benedettino incontrano una ragazza muta che li seguirà di nascosto per tutto il percorso”.
“Ma nel messaggio il signor Gray dice che ammazzerà una donna, non una ragazza”, obiettò Riccio.
“Sono dettagli”, ribattè Donatella.
“Un dettaglio non da poco. Se è come dici tu, perché nel messaggio non ha scritto ucciderò una ragazza?".
“E che ne so? Forse lo ha fatto per confonderci le idee”.
"E perchè un bigliettino giallo? Come te lo spieghi?".
"Forse ha finito quelli rossi, maledizione a lui", imprecò Donatella.
Noce intervenne nella disputa: “In ogni caso mi sembra una pista interessante, ed è l’unica che abbiamo in questo momento. Come si chiama la ragazza muta del libro?”.
“Non ha nome, commissario”.
“Andiamo bene”, commentò scuotendo la testa la iena.
 
***

L’omicidio del barbone aveva acuito l’odio di Donatella Dell’Angelo per l’8 marzo. ”Non vedo l’ora che finisca questa giornata di merda”, disse a Riccio mentre la volante percorreva il Corso Vittorio Emanuele.
L’unica festa ad una donna che le interessava in quel momento era quella che il signor Gray aveva intenzione di fare il 12 marzo. Fiori previsti crisantemi, non mimose.
Detestava anche quelle. “Stasera non farmele trovare a casa che te le faccio mangiare”, aveva avvertito Walter prima di andare al lavoro.
La volante raggiunse il civico 141 di via Girolamo Santacroce. Donatella Dell'Angelo si guardò intorno. “Il primo venditore di mimose che vedo lo arresto”, aggiunse sempre più incazzata. “Massacrano gli alberi per che cosa? Per una festa che non ha senso. Tutti buoni, gentili, premurosi con le donne l’8 marzo e, allo scadere della mezzanotte, tutto esattamente come prima”.
Noce ascoltava in silenzio, ma avrebbe voluto dire: “Che cazzo ti lamenti a fare per una festa che non ti riguarda visto che a un donna non assomigli neanche lontanamente parlando? Ha mai pensato di rivolgersi a un oculista tuo marito?”.
Pur avendo 62 anni, Giuseppe Vastola, il portiere dello stabile, non aveva mai fatto in vita sua una visita oculistica, eccezion fatta per quelle del servizio di leva e per la patente di guida. Era il ritratto della salute: un metro e 83, neanche un filo di grasso, possedeva capelli folti e neri come le grosse sopracciglia che si affacciavano sugli occhi castani e su un naso regolare ma massiccio.
Si rivolse a Noce: "Tra poco qui ci sarà l'invasione dei giornalisti. Se li prendo a calci nel culo rischio qualcosa?”.
“Faccia pure – rispose la iena -: ha la mia benedizione”. Poi prese dalla giacca la foto di Davide, il barbone ucciso, e la mostrò a Vastola: “Lo conosce?”.
“Mai visto prima d’ora. E’ l’uomo trovato morto a Salita Cacciottoli?”.
“Esattamente. Di fronte alla nicchia dove abbiamo trovato il cadavere c’è una porta in ferro: appartiene a questo palazzo, vero?”. E mostrò la foto al portiere.
“Si, è la porta secondaria di un deposito dove gli inquilini lasciano la roba che non riescono a tenere in casa: biciclette, sedie sdraio per la villeggiatura…”.
“Quindi, tutti gli inquilini ne posseggono la chiave, giusto?”.
“Giusto. E ovviamente ne ho una anch’io. Presumo che vogliate vederlo, quindi…”, e si avvio a prendere la chiave.
“Aspetti un attimo”, lo fermò Noce. “Il deposito lo vedremo in un secondo momento. Piuttosto, ci dica: recentemente qualcuno ha affittato un appartamento in questo palazzo?”.
“Si, il signor Doriano. Sta al secondo piano. Di nome fa Gary, il solito stupido vezzo degli italiani di utilizzare nomi stranieri”.
“Ha perfettamente ragione”, lo prese per il culo la iena. Ma né lui né Riccio né Donatella Dell’Angelo si precipitarono al secondo piano. Erano certi che nell’appartamento non avrebbero trovato nè il signor Gray né alcuna traccia utile a condurli a lui”.
La cosa che interessava maggiormente agli inquirenti era un’altra: “Ha mai visto in faccia questo Doriano?”.
“Certo che sì!”. Vastola lo disse con lo stesso stupore con il quale un pilota di Formula 1 risponderebbe a chi gli chiedesse “hai mai fatto un pit-stop in vita tua?”.
“Ce lo descriva, per favore”, intervenne Riccio.
“Più basso di me, direi sul metro e 75. Corporatura normale, capelli castani, lineamenti regolari. Direi un bell'uomo”.
“L’età?”, chiese Donatella.
“Abbastanza giovane, sui 30-35 anni. Ma perché mi fate tutte queste domande, è lui l’assassino?”.
Noce non rispose. E chiese: “Questo Doriano ha qualche difetto fisico, tatuaggi, difetti di pronuncia?”.
“No, non mi sembra. O forse non ci ho fatto caso”.
“L’accento… di dov’è secondo lei?”.
“Di queste parti no di certo. Forse del nord. Ma non aveva alcuna inflessione particolare”.
“Quand’è l’ultima volta che l’ha visto?”.
“Fatemi pensare…  Si, è stato ieri mattina alle 7,35. Avevo aperto da pochi minuti la portineria. Mi ha salutato ed è uscito".
“Per tutto il giorno, dunque, non si è fatto vivo...”.
“Nelle ore in cui è aperta la portineria, no. Sia che avesse usato le scale sia che avesse preso l’ascensore, sicuramente lo avrei visto”.
"Da quanti giorni ha preso in fitto l'appartamento?", chiese Riccio.
"Dall'inizio di marzo".
"Ha effettuato un trasloco?".
"No, stranamente. Benchè l'appartamento fosse ammobiliato qualcosa si porta sempre, non credete?".
"L'ha mai visto in compagnia di qualcuno?", domandò Noce.
"No, ma nei pochi giorni in cui è stato qui l'avrò visto soltanto quattro-cinque volte".
"Possiede un'autovettura, che lei sappia?".
"Non saprei. Io non l'ho mai incontrato al di fuori di questo stabile".
“Chi è il proprietario dell’appartamento di Doriano?”, chiese Donatella Dell’Angelo.
“L’Ingegner Rocchi. Ma non abita qui, vive in un altro appartamento di sua proprietà al Vomero, a via Morghen”.
“Ci porti adesso a vedere l’appartamento di Doriano e poi il deposito condominiale”.
 
***
 
“E’ un osso duro, Elio. Esattamente come la bistecca che mi hai fatto mangiare”.
“Beh, che si aspettava?
“Quando vengo qui mi aspetto di mangiare decentemente”.
“Non stavo parlando della bistecca, commissario, ma dell’assassino”.
“Speravo commettesse qualche errore, e invece… percorso netto. La maggior parte di questi squilibrati vogliono farsi prendere e commettono qualche errore, anche volontariamente. Questo qui no. Nulla abbiamo trovato che possa aiutarci nè sul luogo del delitto  nè nell’appartamento o nel deposito. E il proprietario dell’appartamento niente ha saputo dirci oltre a quello che sapevamo già. Lui e il portiere oggi pomeriggio proveranno a farci un identikit, ma da quello che ho potuto capire è un individuo talmente comune che difficilmente ne ricaveremo qualcosa. Quello che mi fa maggiormente incazzare è la sicurezza, la sfrontatezza con la quale questo grandissimo figlio di puttana agisce. E’ un osso duro, Elio, il più duro che mi sia mai capitato”.
“Ma lei che idea si è fatto dell’omicidio del barbone?”.
“L’assassino ha contattato Davide da qualche parte al Vomero, gli ha dato dei soldi e, con la promessa di dargliene altri, si è raccomandato di non far parola con nessuno del loro incontro. Ha fittato l’appartamento versando al proprietario in contanti le due mensilità anticipate e quella del mese di marzo per un totale di 3600 euro, quindi si presume che se la passi bene economicamente. Poi con una scusa ha invitato Davide a casa sua, alle 21 gli ha portato a vedere il deposito condominiale e lì l’ha ucciso strangolandolo con un filo di ferro. Ha aspettato che si facesse notte, è uscito dalla porta posteriore che dà su salita Cacciottoli e ha sistemato il cadavere nella nicchia”.
“Deve essere molto forte fisicamente: non è roba da poco quello che ha fatto”.
“Non si è trattato di uno sforzo sovrumano Elio: la nicchia è a pochi passi dalla porta del deposito e in una posizione ideale nel muro di tufo: non ha fatto troppa fatica. Ciò che impressiona è la sua forza mentale: ha un’intelligenza superiore alla media e nervi d’acciaio. Mettendo il cadavere in quella nicchia, sia pure in piena notte e in un posto dove non passa anima viva, ha rischiato comunque di essere visto da qualcuno degli inquilini dei palazzi che si affacciano su Salita Cacciottoli”.
“E adesso?”.
“E adesso non ci resta che lavorare sul secondo messaggio che ci ha fatto trovare. Donatella Dell’Angelo sostiene che la prossima vittima potrebbe essere muta”.
“Ma guardi, commissario, che la ragazza de “Il nome della rosa”, quella che s’innamora del giovane assistente di Guglielmo da Baskerville, non è muta. Io il libro io l’ho letto tutto: a un certo punto la ragazza comincia a parlare, ma non si capisce nulla di quello che dice. Parla un dialetto antico, dell’Occitania: un tempo si chiamava così la zona meridionale della Francia”.
“Ne sei sicuro, Elio?”.
“Sicurissimo. Proprio come del fatto che adesso lei si precipiterà in commissariato senza aspettare che il caffè sia pronto”.

***

Nel suo ufficio Noce trovò ad attenderlo Ramona Salvi, anni 52, occhialuta e lentigginosa rossa della Scientifica. Un’altra delle rarissime persone in Polizia che godeva della stima della iena e, pertanto, degna delle sue attenzioni particolari. “Gradisce un caffè?”.
“Lasci perdere i convenevoli, commissario, ho fretta. Giusto il tempo di dirle che abbiamo trovato qualcosa di molto interessante vicino al cadavere sepolto nella piscina Scandone”. E mostrò a Noce una bustina di plastica contenente una medaglietta di ferro. Come può notare sopra ci sono incise due emme”.

 

 
 

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