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Ecco la settima puntata del nostro giallo sulla pallanuoto

  Pubblicato il 17 Apr 2017  09:38
Lunedì 30 gennaio - Ore 16,30
 
"Sono il dirigente accompagnatore della squadra, è più che normale che io faccia delle telefonate alle atlete".
Flavio Manzi, seduto in Questura di fronte ad Arnò, continuava a negare di essere stato l'amante di Allyson Forbes.
"Anche alle 3 di notte è normale?", incalzò il commissario mostrando a Manzi il tabulato delle telefonate. Qui risulta che lei ha chiamato Allyson Forbes alle 2,55 di domenica 9 gennaio".
Faceva freddo quel pomeriggio in Questura nell'ufficio di Arnò, uno dei caloriferi era andato in tilt. Eppure la fronte di Manzi era imperlata di sudore. Alto, capelli brizzolati, occhi grigi, corporatura atletica, il genero del presidente delle Yellow Tigers mostrava molti anni in meno dei 48 che risultavano dalla carta d'identità e una faccia tosta non indifferente: "Allyson aveva appuntamento con me domenica mattina per discutere insieme di un progetto legato alla campagna pubblicitaria della squadra. Le ho telefonato per rimandare l'incontro. Mi ero dimenticato che quella domenica mattina dovevo accompagnare mia figlia alla partita, lei gioca nelle giovanili delle Yellow Tigers".
"Però c'è un'ulteriore telefonata, stavolta alle 16,28 di domenica 9 gennaio. Una telefonata delle durata di un'ora e mezza...".
"Poichè non era possibile fissare un altro appuntamento a breve scadenza - rispose Manzi - ho preferito spiegarle per telefono il progetto".
"Manzi, lei mi sta facendo perdere la pazienza. Non mi costringa a fare quello che sto cercando di evitare per non metterla nei guai: convocare sua moglie in Questura. Ma se insiste con il suo atteggiamento, sarò costretto a farlo".
Manzi abbassò il capo, era il segnale della resa: "E va bene... avevo una relazione con Allyson Forbes. Ma non l'ho uccisa io, commissario, glielo giuro!".
"Mi racconti come è cominciata questa storia".
"E' successo tutto improvvisamente. E' da oltre due anni che sono l'accompagnatore della squadra, abbiamo fatto decine di trasferte insieme, ma con Allyson c'è stato sempre il normalissimo rapporto atleta-dirigente. Poi quel sabato sera, durante la festa per il compleanno di mio suocero, mi sono reso conto all'improvviso di quanto fosse bella. Era accanto a una delle balconate e guardava fuori con aria triste. Mi sono avvicinato e le ho chiesto se c'era qualcosa che non andava, ma non mi ha risposto. Mi ha guardato come se fosse la prima volta che mi vedeva, mi ha sorriso e siamo rimasti là come due scemi a fissarci senza parlare...".
"Vada avanti".
"Nella parte posteriore della villa c'è un capannone dove teniamo le macchine e gli attrezzi per curare il giardino. Le ho dato appuntamento là e le ho spiegato come arrivarci senza farsi notare. Sono andato a prendere le chiavi, l'ho raggiunta e siamo entrati. Siamo rimasti nel capannone per circa un quarto d'ora a baciarci come due ragazzini, poi siamo rientrati: avevamo paura che qualcuno potesse notare la nostra assenza".
"Lei vive nella villa?".
"Si, in una dependance con mia moglie e mia figlia".
Ecco perchè, pensò Arnò, Manzi non figurava nell'elenco degli invitati. Era uno dei padroni di casa.
"Quando vi siete rivisti?".
"Il lunedì sera. Siamo andati direttamente in un albergo di Varese. Busto è piccola, avevamo paura di incontrare qualcuno che ci conoscesse. Per lo stesso motivo non abbiamo usato le nostre solite schede telefoniche per comunicare, ne ho fatte comperare altre due da un amico e abbiamo utilizzato quelle".
"Con quale frequenza vi siete visti?".
"Soltanto una volta la settimana, il lunedì sera. Lei diceva al marito che andava al cinema con le amiche, io dicevo a mia moglie che andavo a cena con amici".
"Dove vi vedevate?"
"Sempre nello stesso albergo di Varese. Lei arrivava in taxi da Busto, io ci andavo con la mia macchina".
"Mi dica cosa è successo lunedì 23 gennaio, il giorno in cui Allyson Forbes è stata uccisa".
"Ci siamo dati appuntamento alle 21,10 al solito posto, a un chilometro dall'albergo, ma lei non è venuta. Ho provato a telefonarle, ma il numero risultava irraggiungibile. Ho riprovato più volte, anche all'altro numero, niente da fare. Sono rimasto ad attenderla in macchina fino alle 22, poi me ne sono andato".
"Dopo cosa ha fatto?".
"Mi sono diretto verso casa, poi ci ho ripensato: speravo sempre che Allyson si facesse viva. Così sono andato al cinema, all'ultimo spettacolo al Manzoni. Il film è finito a mezzanotte e mezza, ho girato un po' in macchina per una mezzora nella speranza di ricevere la telefonata di Allyson, poi sono rientrato a casa".
Inutile chiedere a Manzi che film avesse visto. Se era lui l'assassino, sicuramente si era informato accuratamente sulla programmazione di quella sera al Manzoni. Gli chiese invece: "Qualcuno l'ha vista quella sera?".
"Soltanto il personale del cinema, ma a distanza di tanti giorni è impossibile che si ricordino di me".
"A che ora è arrivato a casa?".
"Sarà stata più o meno l'una, ma le dico subito che non mi ha visto nessuno. Mia moglie e mia figlia dormivano. Non ho un alibi, lo so, ma le ripeto che non sono stato io. Che motivo avrei avuto per ucciderla?".
"Come sono i rapporti con sua moglie?".
"Buoni, ma purtroppo l'amore è finito da tempo. Stiamo insieme soprattutto perchè c'è Angela, nostra figlia, altrimenti me ne sarei andato da un pezzo".
"Ha mai avuto relazioni con altre donne, oltre quella con Allyson Forbes?".
"No, commissario, è la prima volta che ho tradito mia moglie. E me ne vergogno".
"Sua moglie sospetta qualcosa?".
"No, assolutamente. E io non le dirò mai cosa è accaduto tra me ed Allyson: sarebbe la fine. Chiederebbe immediatamente il divorzio e sarebbe Angela ad andarci di mezzo. E' per mia figlia, commissario, che non mi sono fatto vivo con la Polizia dopo l'omicidio di Allyson. E' molto legata a me, morirebbe di dolore se sapesse che suo padre...".
"Però, non facendosi vivo con noi, lei si è messo in un mare di guai, signor Manzi. Per il momento non ci sono le condizioni per trattenerla in stato di fermo, ma non so se il procuratore sarà dello stesso avviso".
 
***
 
Martedì 31 gennaio - Ore 12,30

 
Da Manzi il commissario si era fatto dare i numeri telefonici con i quali lui ed Allyson Forbes avevano comunicato. Arnò e Alluzzo esaminarono attentamente i tabulati, speravano soprattutto di trovare qualche telefonata fatta dalla Forbes in quei famosi 70 minuti - dalle 20,20 alle 21,30 del 23 gennaio - sui quali c'era il mistero più assoluto.
"Maledizione!", esclamò Arnò dopo aver letto il tabulato delle telefonate di Allyson Forbes. "L'ultima telefonata è stata fatta alle 14,30 di lunedì 23 gennaio a Manzi, poi non c'è più nulla".
"Qui invece - disse Alluzzo scorrendo l'altro tabulato - ci sono tutte le telefonate che Manzi dice di aver fatto quella sera alla Forbes dopo che lei non si era presentata all'appuntamento".
"Ma può averle fatte per crearsi un alibi", replicò il commissario.
"Si, però la prima telefonata è alle 21,35 e noi sappiamo - disse Alluzzo - che la Forbes è stata uccisa alle 22".
"Tu però dimentichi che, prima di essere  strangolata, la pallavolista è stata colpita alla testa e poi narcotizzata. Le cose, quindi, potrebbero essere andate così:
- "Manzi, per timore che la sua famiglia possa scoprire tutto, decide di troncare con l'amante, ma la Forbes non ci sta e minaccia di rivelare tutto alla moglie. Manzi perciò decide di ucciderla. Non c'è in ballo soltanto la sua serenità familiare, ma anche la sua vita lavorativa. Lui lavora nella fabbrica del suocero, che lo caccerebbe a calci se venisse a sapere della sua relazione".
- "Lunedì 23 gennaio alle 21,10 la Forbes si presenta regolarmente all'appuntamento con Manzi. L'amante la tramortisce con un colpo contundente e la narcotizza. Poi aspetta che si facciano le 22,10 per rafforzare il suo alibi e l'ammazza. Non può sbarazzarsi subito del corpo, a quell'ora qualcuno potrebbe vederlo. Carica il cadavere nel portabagagli, attende altre tre ore e all'una e 20 lo lascia nella stazione di servizio di via Ferrer".
"Se è andata così, quel figlio di puttana ha avuto una freddezza incredibile", disse Alluzzo. "Credi sia il caso di esaminare la sua auto? Potrebbe averla uccisa lì...".
"Se lo ha fatto, ha pulito la macchina da cima a fondo. Quindi è inutile".
"Però - disse Alluzzo - adesso un sospettato lo abbiamo. E' già qualcosa. Manzi è l'unico che aveva un motivo valido per uccidere la Forbes. Altri non ne vedo".
"Non è l'unico, c'è il marito. Grazie alla morte della moglie Vecchi intascherà il premio dell'assicurazione e parte del patrimonio personale della Forbes, che supera i centomila euro. La casa no, quella è intestata ai suoceri, ma si becca comunque una cifra ragguardevole, soprattutto se si considera la sua disastrosa situazione finanziaria".
"Però ha un alibi inattaccabile - obiettò Alluzzo -: stava giocando a carte con gli amici quando Allyson Forbes è stata uccisa".
"Già, e l'alibi lo abbiamo controllato. Ma gli amici potrebbero aver mentito per proteggerlo. Credo sia il caso di parlare nuovamente con loro, ma senza convocarli qui da noi. Chi dei tre è il più vicino alla Questura?".
"Fabio Colla. Ha un'agenzia di viaggi non lontano da qui".
 
***
 
Martedì 31 gennaio - Ore 17,00
 
"Signor Colla, noi ci siamo già sentiti telefonicamente, ma vorremmo farle qualche altra domanda".
"Prego, commissario. Sono a sua completa disposizione", rispose con la stessa voce suadente alla quale ogni giorno affidava il compito di convincere i clienti che sì valeva davvero la pena partecipare in pieno agosto ad un Safari in Kenya mangiando polvere in mezzo a leoni, serpenti giganteschi e coccodrilli. Un viaggio che Colla, perfettino com'era, manco morto avrebbe fatto. Barba e capelli rossi curati meticolosamente si intonavano con la montatura verde smeraldo che l'imprenditore aveva scelto per i suoi occhiali e con l'inappuntabile completo beige. La scrivania che lo separava da Arnò era ordinata meticolosamente, nulla fuori posto. Alle sue spalle una procace hostess bionda su un manifesto ricordava ai clienti dell'agenzia che Pasqua non era poi così lontana e che valeva la pena anticiparsi se si voleva viaggiare a prezzi di convenienza.
"Lei ci ha detto che la sera del 23 gennaio era a casa di Mario Vecchi a giocare a poker...".
"Esatto".
"E ci ha detto pure che Vecchi non si è mai allontanato dalla villa, neppure per un quarto d'ora. Giusto?".
"Giusto. Quando giochiamo a poker ci assentiamo solo per andare a fare la pipì".
"E Vecchi quella sera si è mai assentato?".
"Mi ci faccia pensare... Si, e piuttosto a lungo. Per una decina di minuti. Lo ricordo perchè avevo una scala servita e non vedevo l'ora che tornasse".
"A che ora è successo?".
"Non ricordo con esattezza, ma non stavamo giocando da molto. Saranno state le 22, o forse le 22,30".
"In quale bagno è andato Vecchi?".
"Al piano di sopra, dove ci sono le camere da letto".
"C'è un bagno anche nella stanza dove giocate?".
"Si. Per fare presto ci serviamo sempre di quello".
"Anche Vecchi?".
"Si, che io mi ricordi è sempre andato là. Non so perchè quella sera ha deciso di andare al piano di sopra".
"Quando è tornato a giocare le è parso particolarmente nervoso?".
"Non più del solito. Sa, Mario non è molto fortunato a poker".
"La ringrazio, signor Colla, lei mi è stato molto utile".
"Ah, commissario, vorrei precisare che non è con noi che Mario Vecchi perde i soldi, quelli veri. Noi giochiamo solo per divertimento, al massimo cento euro a serata".
"Sono fatti vostri. E poi io non mi occupo di gioco d'azzardo, ma di omicidi".
 
***

E per l'omicidio di Allyson Forbes, dopo quello che Colla aveva dichiarato ad Arnò, tra gli indiziati adesso c'era anche Mario Vecchi, non solo Flavio Manzi.
"Credi che possa essere stato lui?", chiese Alluzzo.
"Non lo so, ma una cosa è certa: adesso il suo alibi non è più solido come prima. In quei dieci minuti nei quali si è assentato dal tavolo da gioco ha avuto tutto il tempo di commettere il delitto".
"E come?".
"A noi ha detto di aver accompagnato la moglie all'appuntamento con le amiche, ma le cose potrebbero essere andate diversamente. Prima dell'arrivo degli amici del poker, Vecchi colpisce con un corpo contundente la moglie e la narcotizza somministrandole una dose sufficiente a farla dormire per un bel pezzo. Alle 22, minuto più minuto meno, lascia il tavolo da poker con la scusa di andare in bagno, sale al primo piano, strangola la moglie, scende in soggiorno e si rimette a giocare fino a mezzanotte. All'una di notte circa carica il corpo della moglie nel portabagagli della sua autovettura, va nella stazione di servizio e lascia il cadavere davanti a uno dei distributori".
"Ma è mostruoso!".
"Certo, ma ne abbiamo viste di peggio. Ci sono due uomini, Mario Vecchi e Flavio Manzi, che dicono di aver amato Allyson Forbes, ma fino a prova contraria uno di loro l'ha uccisa a sangue freddo".
 
 

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