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Ecco la prima puntata del nostro terzo giallo sulla pallanuoto

  Pubblicato il 05 Mar 2017  21:39

L'uomo era nudo. O quasi. Indossava soltanto uno slip nero che metteva in risalto le spalle larghe, i fianchi stretti, la muscolatura allenata. Nessuno gli avrebbe dato più di 35 anni. Ne aveva 42. Alto, capelli e occhi castani, baffi.
L'uomo che piombò alle sue spalle era più alto di lui, e molto più robusto. Con l'enorme mano sinistra gli bloccò la testa e con la destra afferrò il mento. Un colpo solo, secco, come una frustata.
L'uomo con i baffi avvertì un intenso calore, un formicolio sul lato sinistro del collo, poi più nulla...
"Adesso vedrai che starai meglio".
L'uomo con i baffi si chiamava Gianni Arnò ed era un commissario di Polizia. L'altro era il suo fisioterapista. "Però tutto sarà inutile se continuerai a maltrattare la tua cervicale. Con l'umidità che c'è devi portare almeno una sciarpa. Lo so che non fa molto commissario, ma te ne devi fregare. Altrimenti il tuo problema non lo risolverai mai".
Già, l'umidità. A volte Arnò rimpiangeva Napoli, il suo clima sicuramente più mite di quello di Busto Arsizio, la straordinaria qualità e varietà del cibo... ma la Lombardia era casa sua. Da Brescia, la città dove era nato e cresciuto anche come poliziotto, era stato trasferito a Napoli per motivi "disciplinari" (aveva spedito in galera il figlio di uno che contava molto più di lui), ma poi la brillante e rapida soluzione di un caso particolarmente tosto gli era valsa come "visto" per il ritorno a casa. Busto non era Brescia, ma poteva respirare ugualmente a pieni polmoni l'aria della sua Lombardia, umidità compresa. A proposito, non aveva alcuna intenzione di ascoltare i consigli del fisioterapista: "Se la metta lui la sciarpa!".
Non era proprio tipo da massaggi, il commissario Arnò. C'era andato perchè non ce la faceva più di sentire la litania serale della sua compagna, l'unico "souvenir" che Arnò aveva portato da Napoli. E che souvenir: alta, mora, un corpo da favola, Silvia Borrelli aveva seguito il commissario a Busto chiudendo baracca e burattini, cioè il suo avviatissimo negozio di abbigliamento. Cosa non si fa per amore... Ed era amore vero, ricambiato al 100%, altrimenti uno come Arnò, refrattario alla convivenza, non avrebbe fatto quel passo così impegnativo che comportava piacevolissimi pro (Silvia cucinava benissimo e faceva l'amore ancora meglio), ma anche qualche noioso contro: "Ti vuoi decidere una buona volta ad andare da un fisioterapista? Fanno miracoli per la cervicale".
E c'era andato. Tre mesi di sedute avevano sortito un unico risultato: col fisioterapista era passato dal lei al tu. Ma l'insuccesso della terapia era tutta colpa di Arnò, era la conseguenza di tante nottate trascorse al freddo a fare quello di cui i commissari di Polizia si occupano solo nei libri gialli.
Appostamenti notturni e scarpinate chilometriche erano compiti che in un qualsiasi commissariato di questo mondo non spettavano al capo, ma nella Questura di  Busto Arsizio sì. Ovviamente per scelta di Arnò, che invariabilmente coinvolgeva il suo vice, Salvatore Alluzzo, siciliano che più siciliano non si può: occhi e capelli d'ebano, abbronzatissimo anche in pieno inverno senza fare nemmeno una lampada, un "minchia" in una frase si e in una frase no.
"Minchia, ma questo fottutissimo freddo non finisce mai?", disse almeno per la terza volta quella notte. Erano quasi le 2 del mattino di un gelido lunedì 23 gennaio, Arnò e Alluzzo stavano in macchina da mezzanotte a sorvegliare la casa di un pregiudicato agli arresti domiciliari. Li aveva portati in via Menotti la soffiata di un informatore: "Stanotte riceverà visite, stanno preparando un colpo".
L'appostamento s'interruppe all'1 e 57. "Hanno trovato il cadavere di una donna nell'area di servizio di un distributore Esso in via Ferrer", disse Arnò dopo aver chiuso la chiamata giunta dalla Questura. "Accompagnami sul posto, poi torna qui e continua l'appostamento".
Il corpo senza vita giaceva accanto a uno dei distributori dell'area di servizio, che non aveva il self-service notturno. Non c'era, quindi, alcun tipo d'illuminazione tranne la luce del cellulare di Arnò, di cui il commissario si servì per esaminare il corpo: i segni sul collo non lasciavano dubbi, era stata strangolata. Occhi e capelli castani tagliati corti, la vittima indossava jeans, una maglietta verde e un pesante cappotto color nocciola. Era senza scarpe e senza borsa. Nelle tasche del cappotto Arnò trovò soltanto una carta d'identità: Allyson Forbes, nata a San Francisco il 7 aprile 1987, altezza 1.72, coniugata.
Le due pattuglie della volante stazionavano al di fuori dell'area di servizio. Arnò non le aveva fatte accedere per evitare che inquinassero la scena del delitto. I poliziotti erano al lavoro con il nastro adesivo per limitare l'area e proteggerla dall'invasione dei curiosi e dei giornalisti, che avrebbero fatto irruzione da lì a poco. I quotidiani erano già andati da un pezzo in macchina, ma c'era il web e l'assalto dei media ci sarebbe stato comunque. 
Nella speciale classifica degli "indesiderati" di Arnò i giornalisti occupavano il primo posto. "Se qualcuno si azzarda ad oltrepassare i nastri, mettigli le manette e portalo in Questura", disse a un giovane poliziotto dall'aria sveglia. Poi si avviò verso una vecchia Ford ferma all'interno del distributore, aprì la portiera e salì sul sedile posteriore. Al volante un ragazzo biondo sui vent'anni, accanto a lui una bruna con i capelli cortissimi che piangeva ininterrottamente: al massimo poteva avere sedici anni. "Dunque siete voi che avete avvertito la Polizia...".
"Si", rispose il ragazzo con un filo di voce. Anche lui sembrava terrorizzato.
"Pochi minuti e potrete tornarvene a casa", assicurò Arnò. "Forza, ditemi cosa avete visto".
"Spesso veniamo qui per stare un po' appartati - disse il ragazzo -. Siamo arrivati a mezzanotte circa e ho fermato la macchina al solito posto, alle spalle del casotto del gestore. Là si sta più tranquilli, nessuno può vederci. Siamo andati via all'1 e 45, lo posso dire con certezza perchè ho guardato l'orologio. Passando davanti al distributore abbiamo visto la donna sdraiata per terra, sono sceso immediatamente dalla macchina per prestarle aiuto, ma ho capito subito che non c'era nulla da fare. Sono rientrato in macchina e ho chiamato la Polizia".
"Sei sicuro che il corpo non era già là quando siete arrivati?"
"Sicurissimo, altrimenti lo avrei visto. Ma c'è una cosa importante che le devo dire. Mentre eravamo là dietro - sarà stata l'1 e 20 - Anna (e indicò la sua ragazza) ha sentito il rumore di una macchina che entrava nell'area di servizio. Ci siamo un po' spaventati, non era una cosa normale, il distributore non ha il self-service. Ma dopo tre o quattro minuti abbiamo sentito che andava via e non ci abbiamo pensato più. Lei crede che si trattasse dell'assassino?".
"Non è da escludere. Durante quei tre-quattro minuti avete sentito il rumore di un cofano che si chiudeva?", chiese Arnò ipotizzando che l'assassino avesse portato il cadavere nel portabagagli.
"Adesso che mi ci fa pensare... sì, l'ho sentito - intervenne la ragazza -: è successo pochi secondi prima che la macchina ripartisse".
"Va bene, potete andare". E prima di uscire dalla Ford consegnò al ragazzo il suo biglietto da visita: "Se ricordate qualche altra cosa che ritenete possa essere importante, fatemi un colpo di telefono. Vi ringrazio, mi siete stati di grande aiuto".
"Ah, mi raccomando: non raccontate a nessuno quello che avete detto a me. Può essere pericoloso. Da parte mia non dirò nulla alla stampa: è meglio che l'assassino non sappia che ci sono dei testimoni".
Arnò si accese una "Camel". Il racconto dei due ragazzi non lasciava dubbi: l'assassino entra nell'area di servizio, scende dalla macchina, apre il portabagagli, prende il corpo, lo lascia davanti al distributore, torna alla macchina, chiude il portabagagli, riparte e abbandona l'area di servizio.
Arrivarono altre due vetture. Erano il pm e il medico legale. Mentre quest'ultimo andò verso il cadavere, il magistrato raggiunse Arnò. Si chiamava Paolo Rossi e malediceva i suoi genitori per avergli dato quel nome che lo costringeva a sopportare quotidianamente le battute di amici e colleghi: "Oggi come ti senti, più calciatore o più cabarettista?". Lui stava al gioco e rispondeva: "Oggi non lo so, ma ieri sera somigliavo molto al Paolo Rossi calciatore: con tua moglie ho fatto ripetutamente gol".
Alto quasi un metro e novanta e completamente calvo, portava decisamente male il pesante cappotto color nocciola e i suoi 43 anni. "Ciao, Arnò, cosa mi puoi dire?".
"E' stata strangolata, ma non qui. Il corpo è stato trasportato con un auto, abbiamo la testimonianza di due ragazzi che si erano appartati dietro al casotto del gestore. Ma non hanno visto nulla, hanno sentito soltanto il rumore dell'auto e il tonfo del portabagagli quando l'assassino lo ha chiuso".
Entrambi raggiunsero il medico legale: "Allora dottore, ci può dire più o meno a che ora risale il deli... Ma questa io la conosco!", esclamò il magistrato. "Questa è Miss Blue!".
Mario Corcione
(fine della prima puntata)

LA SECONDA PUNTATA SARA' PUBBLICATA LUNEDI' 13 MARZO
 

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