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Ecco il nostro nuovo giallo sulla pallanuoto

  Pubblicato il 24 Mag 2117  13:45
Lunedì 20 febbraio - Ore 23,55
"La iena è arrivata?".
"No, dottore. Finora non si è visto", rispose il poliziotto rabbrividendo nell'uniforme. Faceva un freddo cane.
"Beh, quando si degna di venire, ditegli che mi chiami sul cellulare. Io qui ho finito".
Ferdinando Barbato, il medico legale, salutò con un cenno gli uomini della scientifica che stavano per prendere il suo posto sulla scena del delitto: l'abitacolo di una Fiat 500 color amaranto posteggiata per gran parte sul marciapiede. Dentro c'era il corpo di una ragazza. Qualcuno le aveva tolto la vita.
La iena arrivò dieci minuti più tardi. Arcangelo Noce, 58 anni, dirigente del commissariato del quartiere Soccavo, si era guadagnato l'appellativo con oltre trent'anni di servizio nei quali aveva meritato l'odio dei delinquenti (era al primo posto nella Questura di Napoli per casi risolti) e l'antipatia dei colleghi. Se il suo progenitore, il Cavaliere del Lavoro Filiberto Noce, avesse potuto prevedere l'indice di gradimento raggiunto dal figlio, si sarebbe guardato bene dal dargli il nome Arcangelo, che s'intonava al commissario Noce esattamente come il vocabolo onestà ad Arsenio Lupin.
Cosa faceva di Arcangelo Noce il poliziotto più detestato di Napoli? Innanzitutto il garbo con il quale si rivolgeva ai sottoposti: "Che stai a fare lì impalato? Vai al bar in fondo alla strada, quello che sta aperto tutta la notte, e chiedi se hanno visto qualcosa", disse a un giovane poliziotto che indugiava sul luogo del delitto. "E visto che ci sei prendimi una scatoletta di mentine".
Non gli chiese di portargli anche un caffè, di cui pure sentiva forte il desiderio: aveva paura che il poliziotto ci sputasse dentro.
Visto che gli uomini della scientifica stavano ancora trafficando all'interno della 500, la iena telefonò al medico legale. Ferdinando Barbato aveva l'abitudine di dare del tu a tutti, ma non a lui: "Come avrà potuto vedere...".
"Veramente finora non ho visto un cazzo, quelli della scientifica stanno ancora lavorando all'interno della 500. So soltanto che hanno ammazzato una ragazza".
"Già, ad occhio e croce non avrà più di 25 anni". Se Barbato in quel momento fosse stato davanti a lui, Noce avrebbe potuto scorgere l'espressione di dolore che si era impadronita del volto rubizzo del corpulento medico legale. Pur svolgendo quel lavoro da oltre trent'anni, e pur avendo sezionato migliaia di cadaveri, il 62enne Barbato non si era mai abituato all'idea che qualcuno potesse, per un motivo o per un altro, togliere la vita a un proprio simile. "Chi stava con lei in macchina prima l'ha tramortita sbattendole il capo contro il finestrino, poi - e sicuramente avrà indossato dei guanti - le ha aperto la bocca e le ha fatto ingerire del veleno. Presumo cianuro. Infine, non pago del bel lavoretto che aveva fatto, il bastardo le ha sfigurato il volto con il vetriolo. Dopo l'autopsia le farò sapere l'ora esatta del delitto, ma posso dirle sin da adesso che è stata ammazzata tra le 22,30 e le 23 di stasera".
Omicidio premeditato, non c'era dubbio alcuno.
Gli uomini della scientifica non avevano ancora portato a termine il proprio lavoro, ne avrebbero avuto ancora per un'oretta. Noce decise di impiegare il tempo interrogando Francesco Esposito, il vecchio pensionato che aveva avvertito la Polizia. "Tutte le sere io porto Alfredo a fare i bisogni nei giardinetti in fondo alla strada e...".
"Andiamo bene!", pensò Noce. "Ho un testimone che è più di là che di qua e che non ci sta con la testa: come si fa a chiamare un cane Alfredo?".
"...ad un certo punto ho sentito che tirava perchè voleva anticipare i suoi bisogni sulle ruote della 500. Generalmente non glielo permetto, ma avevo freddo, sonno e voglia di tornare a casa, per cui...".
"...ha fatto fare la pisciatina fuori ordinanza ad Alfredo, giusto?".
"Giusto. Ed è così che ho visto, attraverso il parabrezza, la faccia della ragazza. Ho capito subito che era morta e ho chiamato la Polizia".
"C'era qualcuno nei paraggi?".
"No, commissario, non c'era anima viva. Chi vuole che stia per strada in questo cesso di posto col freddo che fa?!".
Via Catone, quartiere Soccavo. C'era la fermata della ferrovia Circumflegrea, ma ai fini delle indagini era come se non ci fosse. La stazione, denominata "Traiano", aveva due entrate: i viaggiatori che provenivano o andavano in direzione dell'università di Monte Sant'Angelo utilizzavano l'entrata più a nord; chi invece proveniva o voleva andare nella direzione opposta sceglieva quella più a sud. Giusto nel mezzo delle due entrate c'era la 500 nella quale era stata ammazzata la ragazza: in un tratto di strada, cioè, completamente ignorato dal via vai di viaggiatori.
In ogni caso l'ultimo treno passava alle 22,03. L'assassino, quindi, aveva potuto uccidere in tutta tranquillità. Del resto, chiunque fosse passato e avesse visto la macchina, sicuramente avrebbe pensato che dentro stavano facendo ben altro. Ammesso e non concesso, ovviamente che l'assassino fosse di sesso maschile. Nulla, fino a quel momento, escludeva l'altra ipotesi.
La scientifica aveva finito. Si erano fatte quasi le 2 di notte e Noce finalmente potè esaminare il cadavere e l'abitacolo della 500. La ragazza era seduta al posto di guida, il libretto d'assicurazione confermò che era lei la proprietaria.
La sua borsa era sul sedile posteriore, presumibilmente non era stato portato via nulla: portafogli, cellulare e documenti erano al loro posto. La foto sulla carta d'identità non rendeva giustizia all'avvenenza della ragazza: 22 anni, bionda, occhi azzurri, Angela Salviati aveva un personale che, abbinato alla perfezione del volto, avrebbe potuto tranquillamente assicurale un posto sulla passerella di un qualsiasi concorso di bellezza.

Via Catone, quartiere Soccavo. C'era la fermata della ferrovia Circumflegrea, ma ai fini delle indagini era come se non ci fosse. La stazione, denominata "Traiano", aveva due entrate: i viaggiatori che provenivano o andavano in direzione dell'università di Monte Sant'Angelo utilizzavano l'entrata più a nord; chi invece proveniva o voleva andare nella direzione opposta sceglieva quella più a sud. Giusto nel mezzo delle due entrate c'era la 500 nella quale era stata ammazzata la ragazza: in un tratto di strada, cioè, completamente ignorato dal via vai di viaggiatori.
In ogni caso l'ultimo treno passava alle 22,03. L'assassino, quindi, aveva potuto uccidere in tutta tranquillità. Del resto, chiunque fosse passato e avesse visto la macchina, sicuramente avrebbe pensato che dentro stavano facendo ben altro. Ammesso e non concesso, ovviamente che l'assassino fosse di sesso maschile. Nulla, fino a quel momento, escludeva l'altra ipotesi.
La scientifica aveva finito. Si erano fatte quasi le 2 di notte e Noce finalmente potè esaminare il cadavere e l'abitacolo della 500. La ragazza era seduta al posto di guida, il libretto d'assicurazione confermò che era lei la proprietaria. Dalla sua borsa, che era sul sedile posteriore, presumibilmente non era stato portato via nulla: portafogli, cellulare e documenti erano al loro posto.
La foto sulla carta d'identità non rendeva giustizia all'avvenenza della ragazza: 22 anni, bionda, occhi azzurri, Angela Salviati aveva un personale che, abbinato alla perfezione del volto, avrebbe potuto tranquillamente assicurale un posto sulla passerella di un qualsiasi concorso di bellezza.
 
***
 
Martedì 21 febbraio - Ore 2,40
Nella piccola cucina della modesta abitazione di via Epomeo, a poche centinaia di metri dal luogo del delitto, Carmine Salviati, il padre della ragazza uccisa, non riusciva a trattenere le lacrime: "Avevo solo lei, commissario, soltanto lei. Mia moglie è morta nove anni fa per un tumore al seno e da allora Angela è stata l'unica ragione della mia esistenza".
Operaio in una piccola fabbrica di mangime per animali, Salviati, pur avendo soltanto 46 anni, dopo la perdita della moglie non aveva voluto portare nessun altra donna in quella casa. "Ogni tanto mi vedo con qualcuno, ma nulla di serio, commissario. Angela mi diceva continuamente che avrei dovuto rifarmi una vita, ma nessun altra donna potrà mai prendere il posto di mia moglie".
"Angela frequentava l'Università?, chiese Noce.
"No. Subito dopo aver preso il diploma si è messa a lavorare come commessa in un negozio d'abbigliamento del corso Umberto. Una gran lavoratrice, mai un giorno di permesso. Il suo datore di lavoro era molto contento di lei: tre anni fa le ha fatto un contratto regolare, con tanto di contributi, e Angela ha potuto mettere da parte i soldi per comprarsi la macchina".
"Era fidanzata?"
"Lo è stata per sette anni. Si è fidanzata sui banchi di scuola con un compagno di classe, Nicola Abruzzese, un bravo ragazzo. Tre mesi fa si sono lasciati, Angela non mi ha detto il motivo e io non glie l'ho chiesto. Del resto, quando è accaduto non mi è apparsa particolarmente turbata".
"Negli ultimi tempi è successo qualcos'altro di particolare nella vita di Angela che possa aver provocato quello che è accaduto?".
"No, commissario. Angela era una ragazza molto tranquilla, casa e lavoro. L'unico suo svago era la pallanuoto".
Mario Corcione

FINE DELLA PRIMA PUNTATA
(la seconda sarà pubblicata martedì 30 maggio)
 
I VOSTRI COMMENTI
 
Capisco... ma volevo sapere cosa aveva visto!
Bruno Antonino
 
RISPONDE MARIO CORCIONE: E che ne so?! Io mica c'ero.
 
Caro Mario, Sto seguendo con grande passione tutti i tuoi gialli ma voglio farti una domanda: perché cominci a scriverne un altro senza aver dato la risoluzione di quello precedente? Abbiamo scoperto il colpevole ma senza sapere il perché... a questo punto poteva essere chiunque e ci sarebbe bastato.
Bruno Antonino
 
RISPONDE MARIO CORCIONE: Carissimo Bruno, innanzitutto grazie. Per quanto riguarda il giallo precedente (ma è successo anche nel primo che ho scritto) la conclusione è tronca, è vero, ma in linea con il mio modo di pensare. Io ritengo che il primo requisito del giallo debba essere la verosimiglianza, detesto i gialli nei quali ad esempio l'assassino confessa di aver ucciso senza che ne ve ne sia bisogno, senza che vi sia uno straccio di prova. Oggi la legge permette a chi commette un reato anche di rimanere zitto per tutta la durata dell'inchiesta, quindi se non ci sono prove schiaccianti che confessa a fare?
Il farmacista ha ucciso Allyson Forbes perchè lei ha visto nella sua camera da letto qualcosa che l'ha inorridita. Potrebbe essere di tutto: chiare tracce di pedofilia, ad esempio. Lui cerca di spiegare alla ragazza, ma lei ovviamente non ne vuole sapere, lui perde la testa, cerca di trattenerla, lei cerca di scappare e lui la colpisce. A questo punto decide di ucciderla perchè altrimenti è un uomo finito: perderà tutto, amicizie, reputazione, nessuno entrerà più nella sua farmacia a comprare qualcosa.
Ora, dato che c'è la testimonianza di suo cognato, lui non può negare di aver ucciso, ma perchè mai dovrebbe dire cosa ha visto la ragazza nella sua camera da letto? Perchè dovrebbe dire, volendo utilizzare l'ipotesi precedente, che lui oltre che un assassino è un pedofilo? Nessuno al suo posto lo farebbe, tanto più lui che ha ceduto la farmacia in gestione alla sorella. L'avrebbe rovinata ulteriormente: sorella di un assassino e per giunta pedofilo. Nessuno sarebbe entrato più in quella farmacia a comprare nemmeno un aspirina, non dimentichiamo che siamo a Busto, la città è molto piccola.
Per concludere, io non ho alcuna aspirazione a diventare uno scrittore di gialli, non ho la capacità di scrittura che occorre, e che ad esempio possiede Maurizio de Giovanni. I suoi gialli sono scritti in maniera meravigliosa, ma non sono verosimili: nella vita normale non accadrà mai che un prete ammazzi un'infinità di gente perchè sta soffrendo diventando un serial killer, nella vita normale è impossibile che quattro ultrasettantenni che giocano a burraco ammazzino due camorristi. E' pura e semplice fantasia. Nella vita normale un farmacista che ha ucciso non va a dire alla Polizia che è anche pedofilo. In quella stanza da letto, quando è entrata Allyson Forbes, c'erano soltanto lui e la ragazza. Lei non può parlare perchè è morta, lui non dirà mai cosa ha visto la ragazza perchè non gli conviene. Io non posso scrivere nel giallo una cosa di cui non ci possono essere testimonianze, perchè è anche chiaro che il farmacista tutte le tracce di quello che ha visto Allyson Forbes le ha fatte sparire.
 
 

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