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Dall'ottava alla decima puntata

  Pubblicato il 03 Gen 2018  12:36
L'OTTAVA PUNTATA
Quel lunedì Gianni Arnò non l'avrebbe dimenticato mai. Il più difficile, più rocambolesco, il più incredibile della sua vita. Un omicidio e un sequestro (il suo) nello stesso giorno.
Fu la notizia dell'omicidio, giunta poco dopo le 13, a far capire ai poliziotti del commissariato di Busto Arsizio che proprio a casa loro stava accadendo qualcosa di anormale: fino a quel momento tranne il sequestratore, i sequestrati e il vice questore vicario, informato telefonicamente dell'accaduto, nessuno sapeva che nell'ufficio del commissario c'era una pistola nella mano destra di Edoardo Fossi puntata in direzione di Gianni Arnò e Giuseppe Francese.
Quando alle 13,04 squillò il telefono sulla scrivania del commissario, Fossi era convinto che si trattasse del vice questore, dal quale attendeva una risposta alla sua richiesta ("Se non concedete gli arresti domiciliari a mio fratello, alle 16 sparerò ad una gamba di Arnò") e quindi rispose personalmente.
- "E allora?"
- "E allora non è proprio il caso di scherzare in questo momento", disse il centralinista, convinto che dall'altra parte del telefono ci fosse Giuseppe Francese, che ci aveva messo soltanto tre giorni per "napoletanizzare" il commissariato con burle e scherzi ai colleghi.
- "Ma io non scherzo affatto - disse Fossi - e alle 16, quando sparerò al commissario Arnò, ve ne accorgerete".
Non era la voce di Francese, ma il vice commissario tra le sue infinite doti possedeva anche quella di imitatore e la sera prima aveva piegato in due dalle risate mezzo commissariato facendo il verso al questore.
- "Giusè (Francese aveva preteso il tu dai subalterni fin dal primo giorno), non è proprio il momento: stanotte hanno ammazzato un uomo in via Morelli".
Fossi capì e con un cenno disse al vero Francese di avvicinarsi. E, sempre tenendolo sotto tiro, gli passò la cornetta.
- "Pronto, sono Francese. Cosa è successo?".
Il centralinista, convinto che anche quello di prima fosse il vice commissario, stava per perdere la pazienza.
- "C'è stato un altro omicidio, cazzo! La smetti di scherzare, si o no?".
- "Quale omicidio?", chiese il vice commissario.
- "Come, quale omicidio? Te lo appena detto, maledizione. Hanno ucciso un uomo in via Morelli".
- "Non ero io al telefono, prima".
- "Si, vabbè, continua pure a scherzare".
- "Non ero io, lo vuoi capire?!", urlò Francese. "Manda immediatamente qualcuno sul posto, nè io nè il commissario in questo momento possiamo muoverci".
E finalmente il centralinista capì che c'era qualcosa che non andava.
- "Cosa sta succedendo lì, Giuseppe?".
Francese fece cenno a Fossi chiedendo il permesso, e il sequestratore annuì.
- "L'uomo che è entrato qui trequarti d'ora fa, Edoardo Fossi, ci tiene sotto la minaccia di una pistola. Ma mi raccomando, mantenete la calma! Non fate irruzione nell'ufficio altrimenti spara. Non fate assolutamente nulla, per carità. E fateci sapere al più presto cosa è successo di preciso in via Morelli".
 
***
 
Alle 13,25 l'ingresso del commissariato fu preso d'assalto. La soffiata, giunta dal commissariato stesso o dalla questura, o forse da entrambi, spinse un'orda affamata di reporter davanti all'ingresso. Una decina di telecamere, una cinquantina di voci, una sola domanda: "E' vero che il commissario Arnò e il suo vice sono stati presi in ostaggio?".
Il piantone chiamò rinforzi: una decina di poliziotti si schierarono in doppia fila davanti all'ingresso sbarrando l'accesso ai media, i quali indietreggiando invasero metà carreggiata ostruendo il traffico. L'eco della baraonda raggiunse anche l'ufficio del commissario e Fossi, sorridendo, disse ad Arnò: "Mi spiace per il vice questore, ma credo proprio che la figura di merda sia diventata di dominio pubblico".
A distanza di più di mille chilometri, alla stessa ora, il presidente del Consiglio attendeva di comunicare agli italiani l'esito di un colloquio con il primo ministro di un Paese nordafricano: fu messo in lista da attesa. Il Tg1 aprì con la notizia dell'insolito sequestro di Busto Arsizio.
Fossi ordinò a Francese di accendere il televisore: "Visto che dobbiamo attendere le decisioni del vice questore, tanto vale ingannare l'attesa, non siete d'accordo? Lasci il telecomando sulla scrivania e torni al suo posto".
Se Arnò avesse potuto mettergli le mani addosso, l'avrebbe ucciso. Non perchè lo aveva bloccato in ufficio impedendogli di dare la caccia al serial killer nè tantomeno per la figura di merda che aveva fatto fare alla Polizia. In quel momento l'unico pensiero del commissario era per Silvia, la sua compagna, e i familiari di Francese: sicuramente erano venuti a conoscenza dell'accaduto.
"Non si riesce a capire come abbia fatto il sequestratore a portare l'arma all'interno degli uffici...", stava dicendo il giornalista presente davanti al commissariato al conduttore del Tg1. E Fossi, ancora una volta, si tolse il mocassino e lo mostrò in segno di scherno.
Interrotto il collegamento con il commissariato, il conduttore diede la parola in studio ad uno psicologo. E Arnò si chiese: "Come cazzo hanno fatto a chiamarlo così presto? Gli opinionisti li tengono a portata di mano?".
"Benchè sia animato da uno scopo che potremmo anche definire nobile, aiutare il fratello, questo personaggio non può essere considerato sano di mente", disse lo psicologo, e sullo schermo comparve la foto di Fossi con il volto stralunato. "Dove cazzo l'hanno presa?", disse il sequestratore e cambiò canale con rabbia. Sul canale 3 era già in azione il consueto salottino con opinionisti vari mentre sullo schermo un sondaggio dava nettamente in vantaggio (71%) coloro che definivano Fossi un eroe piuttosto che un pazzo furioso.
Arnò, se ne avesse avuto la potestà, avrebbe fatto chiudere immediatamente tutti i talk show che si occupavano di cronaca nera. "Servono soltanto a istigare la gente a commettere nuovi delitti", diceva sempre a Silvia trovando la piena approvazione della sua compagna.
"Voi non avete fame?", chiese Fossi. Nessuna risposta.
"Beh, io si. Prego, signor Francese, a lei l'onore di fare l'ordinazione", e gli mostrò la cornetta. "Mi faccia portare due panini al prosciutto e una birra. Dica al centralino che a portarli deve essere un ragazzo: se vedo entrare qui in ufficio una persona adulta sparo... Siete proprio sicuri che non volete niente? Offro io".
Nel salottino del canale 3 una bionda occhialuta e mezzo rifatta, direttrice di un settimanale di gossip, stava discutendo animatamente con un collega sulla necessità di un immediato intervento della Polizia per evitare che alle 16 un proiettile terminasse la sua corsa nella gamba di Arnò. Il conduttore attese la fine della diatriba per annunciare: "Ci giunge in questo momento una notizia che ha dell'incredibile: il sequestratore ha ordinato il pranzo. Panini e birra".
La bionda chiese: "Soltanto per lui o anche per i due sequestrati?".
"A quanto pare soltanto per lui", rispose il conduttore tirando fuori la sua migliore espressione in tema di sbigottimento.
"Non è colpa mia", intervenne Fossi come se stesse partecipando al dibattito. "Sono loro che non hanno voluto favorire".
Alle 14,10 bussarono alla porta. Fossi indietreggiò tenendo sotto tiro Arnò e Francese, si mise spalle al muro accanto allo stipite, girò la chiave e aprì. Un ragazzo biondo - poteva avere al massimo sedici anni - entrò e, tutto tremante, poggiò per terra il vassoio con i panini e la birra e fece per andare. "Un momento, dimentichi i soldi", disse Fossi con un sorriso, e gli diede 50 euro. "Il resto è per te, te lo sei meritato". E richiuse la porta a chiave.
"Mi spiace, signori, ma dovrete per forza partecipare al mio pranzo". Fossi tolse dal sacchetto i due panini, con le mani strappò un pezzo da entrambi e lo mise sulla scrivania. "Prego, accomodatevi, mi farete da cavia. Peggio per voi se li hanno avvelenati".
Fossi guardò attentamente il tappo della bottiglia e lo tastò per appurare se era stato manomesso. "Non si sa mai, potrebbero averlo tolto e inserito del narcotico. Oppure potrebbero aver bucato con un trapano la bottiglia sotto l'etichetta". La strappò, era tutto a posto. Appoggiando il becco della Peroni Nastro Azzurro sull'orlo della scrivania, con un colpo ben assestato fece saltare il tappo e alzò la bottiglia in direzione di Arnò e Francese: "Alla vostra salute".
Canale 3, intanto, aveva lanciato un altro sondaggio invitando i telespettatori a scegliere tra le seguenti opzioni: a) favorevole all'intervento di forza della Polizia; b) favorevole ad accettare le richieste del sequestratore.
Mentre si sporgeva verso la scrivania per prendere il secondo panino, Fossi disse: "Ma gli idioti che partecipano a questi sondaggi non hanno nulla da fare alle 14,30 del pomeriggio?". Non riuscì ad aggiungere altro: si bloccò improvvisamente, cadde in avanti, andò a sbattere violentemente contro il ripiano della scrivania e si accasciò per terra.
Arnò e Francese partirono simultaneamente come due centometristi allo sparo dello start. Il commissario tagliò per primo il traguardo e si chinò su Fossi.
"E' morto?" chiese Francese.
"No, sta dormendo".
Il vice commissario alzò la cornetta del telefono e parlò col centralinista: "Sono Francese, è tutto a posto, Fossi non è più in grado di nuocere".
I due poliziotti aprirono la porta. Arnò non ebbe nemmeno il tempo di guardarsi intorno, Silvia si gettò tra le sua braccia piangendo. "Sto bene, amore mio, è tutto a posto", la rassicurò. Poi, rivolgendosi ad un poliziotto, chiese: "Come avete fatto a narcotizzarlo?".
Il poliziotto si scostò e indicò un ometto in giacca e cravatta, con i capelli bianchi, che stava mettendo una monetina nel distributore del caffè. "E' il dott. Marano della scientifica, è tutto merito suo. Ha messo il sonnifero nei due panini".
"Ma anche noi li abbiamo mangiati!", esclamò il commissario.
"Si, ma prevedendo che potesse usarvi come cavie, ha messo il narcotico soltanto nella parte centrale dell'imbottitura".
Arnò si avvicinò al dott. Marano, che stava zuccherando il suo caffè. "Non so come ringraziarla, lei è stato geniale".
Il vecchietto rispose con un "grazie" e con un sorriso.
"Adesso andiamo a casa", disse Silvia.
"Non posso, Francese ed io dobbiamo andare subito in via Morelli, c'è stato un altro omicidio".
La notizia della cattura di Fossi, intanto, aveva raggiunto anche il salottino del canale 3. Dal televisore del centralinista giunse un grande applauso.
"Ma andate a cagare!", esclamò Francese passando davanti al centralino.
 
***
 
LA NONA PUNTATA
Quando arrivò la notizia del delitto in via Morelli, nel bel mezzo del suo sequestro, Arnò era convinto che nulla avesse a che vedere con gli omicidi di Betta Dellagro e Veronica Nesti. La vittima era un uomo, almeno così aveva detto il portiere dello stabile al civico 14.
Era un uomo, si, ma il suo nome di battesimo cominciava per A.
Alessandro Portoghese.
Il segretario del Busto Royal Team.
Sul suo polso destro c'era una O.
Il cadavere era sul pavimento della piccola cucina del "due vani" al primo piano dello stabile. Stavolta la morte non era avvenuta per soffocamento o strangolamento.
"Lo hanno colpito alla nuca con quello". Giovanni Brossio, il medico legale, indicò ad Arnò il pestacarne sul tavolo della cucina. "E' stato ucciso nella tarda serata di ieri, presumibilmente tra le 22 e mezzanotte".
Tre omicidi, tutti più o meno alla stessa ora, e ancora nessun indizio che potesse rivelare il sesso del colpevole. Se Portoghese fosse stato ucciso a mani nude, come nel caso di Betta Dellagro e Veronica Nesti, non ci sarebbero stati dubbi: il segretario del Busto Royal Team superava abbondantemente il metro e ottanta ed era di corporatura robusta. Indossava jeans e un pullover granata sopra una camicia azzurro chiaro. Al piede destro una pantofola a quadretti grigi, l'altra era finita sotto il tavolo durante la caduta. "E' stato colpito una sola volta - precisò il medico legale - e probabilmente è morto sul colpo".
A scoprire il cadavere era stata la donna delle pulizie. "Vengo qui tutte le mattine alle 12,30. Ho le chiavi dell'appartamento. Quando sono entrata la porta d'ingresso non era chiusa a tutta mandata e mi sono detta "Stamattina non è andato in ufficio, probabilmente non sta bene". Sono andata subito in cucina e, vedendolo per terra, ho pensato ad un malore. Ho chiamato immediatamente il portiere affinchè mi aiutasse a prestargli soccorso, ma lui ha capito subito che non c'era più nulla da fare. Povero ragazzo, era così giovane...".
"Viveva da solo qui?", chiese Arnò.
"Si, da circa due anni". E senza che il commissario glielo chiedesse aggiunse: "Era siciliano, molto simpatico, sempre allegro e gentile con tutti".
"Con tutti chi?", domandò il commissario.
"Beh... con me, con il portiere, con gli altri inquilini dello stabile. Da quello che so nessuno si è mai lamentato di lui".
"Donne?".
"Non lo so commissario. Ma ha visto che bel giovane che era? Uno così doveva per forza essere pieno di ragazze".
 
***

Il portiere dello stabile confermò a Francese le supposizioni della donna delle pulizie: "Brune, bionde, rosse, nere... di tutti i colori. In due anni ne avrò viste almeno una trentina. Uno sciupafemmine, proprio come si dice da voi".
Il vice commissario sorrise per l'accenno del portiere alla sua napoletanità. E tirò fuori le fotografie di Betta Dellagro e Veronica Nesti. "Le ha mai viste assieme a Portoghese?".
"E come faccio a ricordare? A casa sua era un via vai... e poi non è che io stessi tutto il giorno a guardare cosa faceva quel giovanotto. Io mi faccio gli affari miei".
"Certo. E, sempre per caso, ieri sera ha visto qualcuno salire a casa di Portoghese?".
"Ieri era domenica, mia moglie ed io andiamo a ballare alle 19 e torniamo dopo la mezzanotte. Latino-americano. Sono vent'anni ormai, abbiamo anche vinto molti premi. Lei balla, giovanotto?".
Francese non rispose. "Ci sono telecamere fuori o dentro il palazzo?".
"No, mi spiace. Questa è una zona molto tranquilla, nessuno degli inquilini ha mai sentito l'esigenza di farle installare".
 
***
 
V-A-O. La successione delle lettere lasciate dall'assassino sul polso delle vittime adesso escludeva categoricamente che il macabro messaggio fosse destinato a completare un nome. E fortunatamente (Arnò e Francese lo accertarono subito) non c'era nessuno nel Busto Royal Team, staff e personale compreso, il cui nome o cognome cominciava per O.
V-A-O. "E se quella O non fosse una O?", la buttò lì il pm Paolo Rossi.
"Che vuoi dire?", chiese Arnò.
"Che potrebbe essere uno zero. VA0, l'inizio di una targa automobilistica di Varese".
"Si, ma di quanti anni fa? - obiettò Arno -: chissà se ci sono ancora in circolazione macchine della provincia con targhe così antiquate... Piuttosto, una cosa mi sembra inequivocabile: Portoghese ha fatto entrare volontariamente in casa l'assassino. E' davvero improbabile che si sia introdotto nell'appartamento a sua insaputa. E' c'è anche un altro particolare importante: stavolta il delitto forse non era premeditato".
"Cosa te lo fa pensare?", chiese Rossi.
"Il pestacarne. La donna delle pulizie lo ha riconosciuto, mi ha detto che di solito era sul ripiano della cucina".
"Questo non dimostra nulla - obiettò il procuratore -: può darsi che l'assassino sia giunto a casa di Portoghese con l'intenzione di ucciderlo, ma senza un'arma. Ha approfittato di un momento di distrazione della vittima, ha preso il pestacarne e lo ha ucciso. Ma poi dimentichi la cosa più importante: Portoghese si chiamava Alessandro, e sul polso di Veronica Nesti l'assassino aveva lasciato una A. Tutto coincide".
"Sarà, ma c'è qualcosa che non quadra. L'assassino ammazza due pallavoliste lasciando intendere che si tratti di un serial killer, poi improvvisamente cambia obiettivo e ammazza un uomo Strano, molto strano".
"Tu dimentichi che abbiamo messo sotto stretta sorveglianza tutte le ragazze, ammazzarne un'altra era diventato praticamente impossibile. L'assassino perciò ha cambiato obiettivo e, per tenere fede alla sua promessa, ha scelto uno del Busto Royal Team il cui nome comincia per A".
Arrivò la scientifica. Arnò, Francese e Rossi dovevano sgomberare il campo. "Credo sia il momento più opportuno per andare a prendere un bel caffè", propose il pm. Arnò e Francese acconsentirono con gioia.
La cassiera del bar, una bella mora sulla trentina, non la smetteva di fissare il commissario mentre Rossi pagava le consumazioni.
"Hai fatto conquiste", disse Francese
"Tu dimentichi che ormai siamo famosi - replicò Arnò -: dopo quello che è successo stamattina le nostre foto sono su tutti i notiziari".
"Si, ma quella sta guardando soltanto te".
"Certo, perchè io sono un tipo speciale, che colpisce, che non si dimentica. Non sono mica dozzinale come te".
Rossi raggiunse i due poliziotti al tavolino del bar. "Ve la siete passata brutta, stamattina...".
"Niente al confronto di quello che succederà domani in conferenza stampa. Penso proprio che ci faranno neri", disse Arnò.
"Ah, questo è poco ma sicuro", convenne il pm.
"Dovrebbero ringraziarci, quegli stronzi dei media". fece notare Francese. "Gli abbiamo fornito tanto di quel materiale...".
"Tre omicidi e il sequestro di due poliziotti nel giro di cinque giorni. Da quando è arrivato questo signore (e Arnò indicò Francese) Busto è diventata più violenta di Chicago negli anni trenta". E sorridendo diede una pacca sulle spalle al suo vice.
"Smettila con questa storia che porto iella! - replicò Francese -: se c'è qualcuno che deve lamentarsi sono proprio io. Mi avevi promesso un'oasi di pace e tranquillità, e invece a Busto ho trovato l'inferno".
 
***

Martedì 29 aprile - Ore 9
"Le presento mia moglie, commissario".
"Mi chiamo Ada", e strinse con vigore la mano che Arnò le porse sporgendosi dalla scrivania del suo ufficio.
"Complimenti, dottore: non pensavo che un medico legale potesse avesse così buon gusto".
"Non è soltanto bella, commissario, è anche preziosa", disse con orgoglio Giovanni Brossio. "Credo che Ada abbia scoperto qualcosa d'importante. Ieri sera dovevamo andare a cena, ma c'era l'autopsia di Portoghese da eseguire con urgenza e le ho telefonato per disdire l'appuntamento. Mi ha sbattuto il telefono in faccia, non era la prima volta che le davo buca negli ultimi giorni. Ebbene, due ore più tardi è piombata in obitorio mentre stavo facendo l'autopsia e mi ha dato l'aut aut: "Scegli, Giovanni: o i cadaveri o io!". E' cominciata una discussione, mi sono infuriato e indicando il cadavere le ho detto: "Lo vedi quello? E' il terzo omicidio in cinque giorni. A Busto c'è un serial killer e tu ti preoccupi di andare a cena!". A questo punto Ada si è avvicinata al cadavere per curiosità e mi ha detto: "L'assassino è mancino".
"Che cosa?!", esclamò Arnò balzando dalla poltrona.
"Vede, commissario", intervenne Ada. "Io faccio tatuaggi, è il mio lavoro. Ho visto quella O sul braccio e non ho avuto il minimo dubbio: a disegnarla è stato un mancino. Si vede chiaramente che l'incisione è stata fatta in senso orario, quindi chi ha ucciso Portoghese non usa la mano destra".
"E la V e la A sul polso delle altre due vittime?".
"Mi spiace, non le posso essere d'aiuto. Il tipo di lettera non consente di poter fare facilmente distinzioni. Le consiglio di rivolgersi ad un esperto calligrafo".


***
 
LA DECIMA PUNTATA

Martedì 29 aprile - Ore 11
Il questore, in un primo momento, aveva scelto come location della conferenza stampa il suo ufficio. "Mi sento più a mio agio", aveva detto ad Arnò.
Il capo ufficio stampa inutilmente aveva cercato di dissuaderlo. "Signor questore, verrà un sacco di gente, dove li mettiamo?".
"Ce la facciamo, ce la facciamo", e fece portare nel suo ufficio una trentina di sedie.
Tra giornalisti e cameramen, si accreditarono in questura 78 persone.
L'incontro con la stampa fu spostato nel salone delle conferenze.
Al tavolo, oltre al questore, il vice questore Grosso, il pm Rossi e Arnò. In piedi, alla sinistra del commissario, Giuseppe Francese. Benchè la sua presenza non fosse obbligatoria, aveva voluto essere ugualmente presente. "Dopo tutto quello che è successo in questi giorni, non me la sento di lasciarti solo in pasto a quelle belve", aveva detto ad Arnò.
Anche il commissario aveva fatto una scelta sbagliata per la conferenza stampa. Arnò si era messo una giacca a quadretti beige, pantaloni e cravatta verde, ma il dito di Silvia che nello specchio si muoveva come un tergicristallo alle sue spalle lo aveva indotto a optare per un completo blu scuro con cravatta amaranto a tinta unita. E scarpe nere al posto di quelle marrone scuro.
Era gialla con un cavalluccio marino blu la cravatta dell'anziano giornalista che fece la prima domanda. ll destinatario era il questore: "Tre delitti irrisolti nel giro di cinque giorni e un maldestro sequestro di poliziotti. Non crede che ormai si sia passato il segno qui a Busto?".
La risposta del questore gli fece guadagnare molti punti nella stima di Arnò: "Io credo che il compito principale di un giornalista sia quello d'informare i lettori. Con questo obiettivo è stata indetta la conferenza stampa che, le ricordo, riguarda esclusivamente i tre casi di omicidio. Se ha intenzione di fare domande pertinenti, bene. Altrimenti passeremo oltre".
"E allora - insistè il giornalista dalla cravatta gialla - le chiedo: "Dobbiamo aspettarci un altro omicidio?".
"Se avessi la palla di vetro, le potrei dare una risposta. Poichè non ci è stata data ancora in dotazione, devo chiederle cortesemente di lasciare spazio a quei suoi colleghi che intendono fare domande pertinenti e costruttive".
Prese la parola il corrispondente di Varese del Tg 1. Era lo stesso che Arnò e Francese avevano visto in televisione durante il loro sequestro: "Vorrei sapere dal commissario Arnò se, alla luce di questo terzo omicidio, ritiene ancora che si possa parlare di serial killer".
"E' un'ipotesi, quella dell'assassino seriale, che non possiamo escludere. Vero è che stavolta la vittima non è una pallavolista, ma come ben sapete anche sul polso di Alessandro Portoghese l'assassino ha lasciato la sua firma".
Il commissario si guardò bene di rivelare alla stampa che l'omicidio di Alessandro Portoghese probabilmente era stato commesso da una persona mancina. Arnò, tuttavia, non era convinto che l'assassino del segretario del Busto Royal Team fosse lo stesso che aveva commesso gli altri due delitti. Ma non era l'unico che aveva qualche dubbio in proposito.
"Secondo lei, commissario, i tre omicidi sono stati commessi dalla stessa persona?", chiese la giovane giornalista di un sito web locale.
"Non siamo in possesso di prove che lo escludano, ma non abbiamo nemmeno la certezza del contrario".
"Avete trovato indizi importanti sulla scena del terzo delitto?", chiese il corrispondente del Tg 1.
"Siamo in attesa del referto della scientifica. Le posso anticipare, però, che l'appartamento era in perfetto ordine quando siamo arrivati e che dal tabulato telefonico del cellulare della vittima non risultano telefonate che possano esserci di particolare aiuto nell'individuazione del colpevole".
Chiese la parola Mara Minieri, la giornalista di cui Arnò aveva decantato le doti fisiche a Francese e il commissario, non appena la reporter si alzò, fece un cenno con la testa al suo vice ottenendone la piena approvazione. Non era soltanto bella, ma anche in gamba: aveva parlato con il portiere dello stabile di via Morelli. "Da quello che si dice sul conto di Alessandro Portoghese, pare che fosse particolarmente fortunato con le donne. Avete appurato, commissario, se tra le sue conquiste c'erano anche le due pallavoliste uccise?".
"Abbiamo chiesto a riguardo informazioni al presidente del Busto Royal Team e lui lo ha escluso categoricamente. In ogni caso anche i tabulati telefonici di Portoghese e delle due ragazze uccise non presentano chiamate che possano farci ipotizzare il contrario".
"E - chiese ancora l'avvenente reporter - avete potuto ottenere qualche informazione utile parlando con i vicini di casa di Portoghese?".
"Purtroppo nessuno di loro ha visto o sentito qualcosa. Era domenica, quasi tutti ci hanno detto che hanno trascorso la serata davanti al televisore. Il portiere no, il portiere era fuori a ballare con la moglie, ma questo lei sicuramente lo sa già", disse Arnò ricevendo un ampio sorriso dalla bella reporter.
 
***

Martedì 29 aprile - Ore 16,30
Non era altrettanto avvenente la giovane donna che quel pomeriggio sedeva di fronte ad Arnò nell'ufficio del commissario. Si chiamava Francesca Bellisai ed era un perito calligrafico. Capelli corti e castani, acquosi occhi nocciola e naso prominente, indossava un completo verde chiaro troppo grande per il suo fisico minuto. Arnò era convinto che dalla sua bocca sottile, in perfetta sintonia col personaggio, sarebbe uscito un filo di voce ed ebbe un piccolo sussultò quando con un ragguardevole acuto la donna annunciò: "Mi spiace, commissario, ma con tutta la buona volontà non ho potuto fare prima".
La Bellisai tirò fuori dalla sua valigetta di pelle marrone una cartellina. "Ecco, guardi queste foto", e le spinse sulla scrivania verso il commissario. Arnò si tastò il petto all'altezza del cuore alla ricerca degli occhiali, ma nel taschino della giacca del completo blu non c'erano. Chiedendo scusa alla Bellisai, cominciò a scartabellare tra le varie pratiche sul ripiano della scrivania, poi si ricordò: "Sono nell'altra giacca". Quella grigio scuro di tutti i giorni, rimasta a casa.
"Non c'è bisogno degli occhiali, commissario, le foto sono abbastanza chiare e nitide. E comunque - aggiunse la Bellisai - l'importante in questo momento è che lei ci senta bene", e aumentò ulteriormente i decibel già in eccesso del suo tono di voce: "I disegni lasciati sul polso delle vittime non possono assolutamente aiutarci nello stabilire se l'autore è destro o mancino. O se si tratta di un uomo o di una donna. Affinchè un perito calligrafico possa dare un responso preciso in tal senso, non può bastare una sola lettera o numero che sia, perchè tra l'altro non è certo che il cerchio sul polso di Alessandro Portoghese sia una O. Potrebbe essere uno zero. Tuttavia non me la sento di sconfessare l'opinione che, sulla base di altri criteri di valutazione, ha espresso la moglie del vostro medico legale, l'agopunturista: le sue argomentazioni a mio avviso sono valide. In altre parole, è molto probabile che l'assassino di Portoghese sia mancino. Non sono in grado, le ripeto, di stabilire se anche chi ha commesso i primi due delitti lo sia, ma una cosa posso assicurarle: non si tratta della stessa persona".
"Cosa lo fa supporre?", chiese Arnò.
"Non è una supposizione, commissario, è una certezza: la grafia di chi ha scritto la O oppure lo zero non è la stessa di chi ha disegnato la A e la V. Ed è differente anche l'approccio alla scrittura: la A e la V sono state tracciate con mano più ferma, più sicura".
"La persona che ha commesso i primi due delitti almeno è la medesima?", chiese il commissario sperando in un si con lo stesso desiderio con il quale lo spasimante attende la risposta dopo una dichiarazione di amore.
"Decisamente è la stessa", rispose Francesca Bellisai.
 
***

Erano poche le certezze in possesso di Arnò e Francese finora, ma tutte rilevanti:
 
- Chi aveva ucciso Betta Dellagro e Veronica Nesti non era la stessa persona che aveva ammazzato Alessandro Portoghese.
- L'assassino (o assassina) di Portoghese era mancino.
- Portoghese e il suo assassino si conoscevano.
 
Arnò telefonò ad Alfredo Terrani, il presidente del Busto Royal Team e si fece dare l'elenco di tutte le persone mancine nell'ambito della squadra. Erano tre:
 
- Antonella Rucci, la persona che lavorava con Portoghese nella segreteria.
- Francesco Razzi, il vice allenatore del Busto Royal Team.
- Michele Gorrino, il preparatore atletico della squadra.

 

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