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Waterpolo People

Dalla sesta all'undicesima puntata

  Pubblicato il 10 Ott 2117  08:13
La terza busta, identica alla seconda, arrivò a Villa Romano sempre per posta giovedì 5 ottobre.  Dentro, avvolto in un fazzolettino di carta, un ossicino insanguinato di forma rettangolare. E il solito foglio A4.
 
Abbiamo deciso di inviarle una nuova prova del fatto che noi facciamo sul serio.
Il resto della mano destra di Marco lo abbiamo dato ai cani.
Adesso, se non vuole che suo figlio muoia, segua attentamente queste istruzioni:

 
1. Metta i 500.000 euro in una borsa di tela e la lasci alle 6 di lunedì 9 ottobre davanti all'ingresso del Rifugio Forcetelle a Summonte, in provincia di Avellino.
2. Dopo aver lasciato la borsa vada via immediatamente.
3. Se lei non non sarà solo o se qualcuno proverà a seguirla al rifugio a piedi o con qualsiasi mezzo di trasporto, suo figlio sarà ucciso immediatamente.
4. La borsa sarà ritirata da una persona di nostra conoscenza che arriverà a bordo di un auto rubata. L'uomo non fa parte della nostra organizzazione e non ci conosce, è già stato da noi retribuito e sa che uccideremo i suoi familiari se non ci porterà la borsa. Se verrà seguito, uccideremo sia Marco sia i familiari dell'uomo.
5. La stessa cosa avverrà se saranno inserite nella borsa contenente il denaro strumentazioni atte a rintracciarci. La persona che la ritirerà la esaminerà attentamente.
6. Se tutto andrà bene, nelle 24 ore successive vi faremo sapere dove potrete ritrovare Marco.
 
"Maledizione, perchè continuano a farlo a pezzi? Lo sanno bene che Giacomo Romano pagherà i soldi del riscatto". Donatella Dell'Angelo, in piedi davanti alla scrivania di Noce, prese una sigaretta. Lo sguardo gelido della iena le ricordò che tra le tante cose vietate nel suo ufficio c'era anche il fumo.
Il commissario chiamò Paolo Crosta: "Mi raccomando, se il rapitore richiama cerchi di trattenerlo il più a lungo possibile al telefono. Può darsi che Giacomo Romano, ascoltando la nuova conversazione, riesca a ricordare a chi appartiene la voce".
La telefonata arrivò alle 18 del giorno dopo.
Sconosciuto: "La famiglia Romano ieri ha ricevuto per posta le istruzioni per la consegna del riscatto".
Crosta: "Sa quando e dove avverrà la consegna?".
Sconosciuto: "No. Assieme alle istruzioni per il riscatto c'era anche un osso della mano destra del giocatore. Non so altro".
Crosta: "Perchè telefona per dare queste informazioni? E perchè proprio a me?".
Sconosciuto: "Lei scrive molto bene, Costa. La saluto".
 
"E non le ha detto altro?".
"No, commissario. Ma è vero che gli hanno tagliato la mano destra?".
"Credo proprio di sì. Lo scriva pure nell'articolo: se il rapitore glie l'ha detto, evidentemente desidera che questo particolare sia pubblicato. Meglio assecondarlo, non vorrei che s'incazzi e gli tagli anche la mano sinistra".
 
***

"E' un capitato, commissario".
"Capitato cosa?".
"L'osso della mano che i rapitori hanno messo nella busta. Capitato, si chiama così. Si trova nella parte inferiore della mano, tra l'uncinato e il trapezoide".
"Lasci perdere le lezioni di anatomia, dottore, in questo momento non ho tempo. Mi dica, piuttosto: l'osso appartiene alla mano di Marco Romano?".
Ferdinando Barbato, già incazzato per l'inadeguatezza della sedia dove aveva poggiato i suoi 122 chili, dovette far ricorso a tutta la sua pazienza, e ne ha aveva tanta, per non mandare a quel paese la iena. Ma, poichè non era abituato a subire scortesie senza reagire, rispose: "Si, non c'è ombra di dubbio. Poichè anch'io non ho tempo da perdere, il resto lo potrà leggere nella documentazione". Prese la cartellina, la sbattè sulla scrivania e lasciò l'ufficio di Noce.
 
***

Sabato 7 ottobre - Ore 9,30
"Cosa ha intenzione di fare, commissario?".
Benchè fosse una iena, ad Arcangelo Noce venne una stretta al cuore guardando come si era ridotto Giacomo Romano. Il papà di Marco aveva perso almeno cinque chili e si capiva chiaramente che anche quella notte aveva dormito poco.
"Purtroppo non c'è molto da fare, signor Romano. Dobbiamo seguire alla lettera le istruzioni dei rapitori evitando qualsiasi tipo d'interferenza. Non è in pericolo soltanto la vita di suo figlio, ma anche quella dei familiari dell'uomo che ritirerà la borsa con il denaro. E' gente feroce, senza scrupoli".
"Le dispiace se fumo?", chiese Romano. La iena lo guardò storto ma non ebbe il coraggio di negargli il conforto di una sigaretta. Tuttavia si alzò, andò a prendere un piccolo ventilatore, lo poggiò sulla scrivania, l'accese e glie l'ho piazzò dritto in faccia. In piedi, alla destra del commissario, Donatella Dell'Angelo soffocò a stento una risata. Non era nè il luogo nè il momento adatto.
"E se, nonostante tutto, me lo uccidono o stesso?".
"Stia tranquillo, signor Romano, sono certo che andrà tutto bene".
Quando Giacomo Romano lasciò il suo ufficio, Donatella Dell'Angelo disse: "Non ci sono molte possibilità che lo restituiscano vivo, vero commissario?".
Non ebbe risposta.
 
 
***
 
Il corpo senza vita di Marco Romano fu ritrovato alle 5,40 di mercoledì 11 ottobre a Bagnoli Irpino, nell'avellinese, in un casolare abbandonato.
Quando vide il cadavere, il vice commissario Donatella Dell'Angelo pianse. In servizio non l'era mai accaduto. "E adesso come glielo diciamo?!".
Non ci furono bisogno di parole. Quando Giacomo Romano vide Noce che usciva dal casolare, capì subito. Cadde in ginocchio sulle foglie che tappezzavano il terreno mentre un urlo disumano squassò il silenzio del bosco. Quel grido Noce non l'avrebbe dimenticato per tutta la vita. Mentre un giovane poliziotto si avvicinò per consolarlo, Romano scattò in piedi come spinto da una molla e si precipitò verso il casolare. Un altro poliziotto cercò di fermarlo, ma Noce gli fece cenno di lasciarlo entrare. "Uscite tutti, lasciatelo solo".
 
***
 
Alle 7,30 giunse Ferdinando Barbato. Noce aspettò che il medico legale terminasse il suo lavoro sul sedile posteriore dell'Alfa Romeo 159 che lo aveva prelevato a casa alle 4, venti minuti dopo il messaggio dei rapitori. Stavolta era giunto per telefono, sul Samsung di Giacomo Romano: "Marco è in un casolare nel bosco a un chilometro dal lago Laceno".
Le ricerche, affidate alla polizia locale, non avevano dato esito immediato. Fu proprio Noce, giungendo in zona alle 5,20, a rintracciare il casolare nel bosco accompagnando la scoperta con un prevedibile "Come cazzo hanno fatto a non vederlo quegli incapaci?! Sono ciechi i poliziotti da queste parti?".
Alle 7,55 Barbato raggiunse Noce, che lo invitò ad accomodarsi accanto a lui nella vettura. "Grazie, preferisco di no". Rifiutò l'invito non per evitare la scomoda operazione di entrare nell'abitacolo, data la sua mole, ma semplicemente per il desiderio di rimanere all'aria aperta dopo l'esame del cadavere.
Diede le informazioni a Noce attraverso il finestrino posteriore destro: "La morte risale più o meno a 24 ore fa, potrò essere più preciso dopo l'autopsia. E' morto per soffocamento, probabilmente gli è stato premuto un cuscino sulla faccia. Il corpo, completamente nudo, non presenta ulteriori amputazioni oltre a quelle già note".
 
***
 
Mercoledì 11 ottobre - Ore 16,30
"Mia moglie non voleva, ha paura che i rapitori possano ancora fare del male ai nostri bambini. Ma ormai non c'è più pericolo, quelle bestie sono scappate chissà dove con i soldi. Figuriamoci se pensano ancora a noi...".
Michele Botta, l'uomo che aveva ritirato e consegnato ai rapitori la borsa con il riscatto, si era presentato al commissariato di Fuorigrotta subito dopo aver appreso dai media che Marco Romano era stato ucciso. "Sono due notti che non dormo per il rimorso... Mi dica cosa vuol sapere, commissario, le dirò tutto quello che so".
"Si, col cazzo!", pensò la iena lanciando un'occhiataccia a Botta. Bruno, occhiali con una montatura da quattro soldi sul naso adunco, alto non più di un metro e 65, l'uomo era affetto da un'accentuata balbuzie. "Ma con tutte le persone che ci sono a Napoli e dintorni, proprio uno che cacaglia dovevano scegliere i rapitori?".
"Cosa fa per vivere, signor Botta?".
"Sono operaio, attualmente in cassa integrazione. Forse è per questo che hanno pensato a me, ho tanto tempo libero a disposizione. Purtroppo siamo in due, anche mia moglie non lavora. Ma un lato buono c'è, abbiamo la possibilità di stare assieme ai nostri figli. Antonio ha 9 anni, Francesco 7 e...".
La iena lo interruppe. Per dire quelle poche parole, Botta ci aveva messo una vita. "Meglio fare domande più dirette, altrimenti qui facciamo notte".
"I rapitori l'hanno contattata per posta?".
"Si".
"Voglio sperare che lei mi abbia portato la lettera".
Quando Botta prese dalla giacca una busta marrone e la mise sulla scrivania, la iena tirò un sospiro di sollievo. "Dio, sono salvo". Pur essendo ateo al cento per cento, Noce inviò un ringraziamento ai piani superiori per lo scampato pericolo: tutto quello che c'era da sapere era scritto sul foglio A4 contenuto nella busta. Non avrebbe dovuto subire il supplizio di ascoltarlo dalla viva voce del balbuziente Botta.
 
Siamo stati noi ad ammazzare il suo cane qualche giorno fa per dimostrarle che questo che sta leggendo non è uno scherzo. Uccideremo anche sua moglie e i suoi figli se lei non collaborerà. Queste sono le nostre istruzioni:
 

1. Alle 5 di mattina di lunedì 9 ottobre esca di casa a piedi e giri a sinistra. A 300 metri, parcheggiata sulla destra, troverà una Fiat Punto nera. Le chiavi sono nella busta.
2. Vada con l'auto al Rifugio Forcetelle a Summonte, in provincia di Avellino. Nella busta c'è una mappa con il tragitto che dovrà percorrere. Deve arrivare al rifugio esattamente alle 6,45.
3. Davanti all'ingresso del rifugio troverà una borsa con 500.000 euro. Sono i soldi per il riscatto di Marco Romano, il pallanuotista che abbiamo rapito. Svuoti la borsa sul posto e metta il denaro nella borsa che troverà sul sedile posteriore della Punto. Tenga per sè 20.000 euro, è il compenso per la sua collaborazione.
4. Prenda la borsa con i 480.000 euro, risalga in macchina e riparta immediatamente. Percorsi due chilometri, lasci la borsa nel punto indicato dalla mappa e, seguendo sempre il tragitto prefissato, torni a casa.
5. Alle 8,30 lasci l'auto esattamente nel punto dove l'ha presa assieme alla mappa. Vada a piedi a casa e non parli con nessuno di quello che è successo tranne che con sua moglie.
6. Se avvertirete la Polizia, uccideremo sua moglie e i suoi figli. E morirà anche Marco Romano. La stessa cosa accadrà se lei non svolgerà per filo e per segno le istruzioni che le sono state date.
 
"Questo è l'unico contatto che lei ha avuto con i rapitori?".
"Si, non si sono più fatti vivi". Botta prese dalla giacca una busta con i 20.000 Euro e li consegnò a Noce. "La prego, dica da parte mia al signor Romano che sono addolorato per quello che è successo. Spero che comprenda". Poi, con gli occhi pieni di lacrime, disse: "Che bisogno c'era di ucciderlo, commissario?...".
"Forse Marco Romano ha visto in faccia i suoi rapitori".
Poi, con evidente preoccupazione, Botta chiese: "Dovrò rispondere alla giustizia per la collaborazione che ho dato a quelle bestie?".
"Sarà il magistrato a decidere. Ma se fossi in lei, non mi preoccuperei più di tanto: anche noi abbiamo seguito per filo e per segno le istruzioni dei rapitori. Purtroppo è andata male".
 
***
 
Venerdì 13 ottobre - Ore 11
Più di mille persone presero parte alle esequie di Marco Romano. Non c'era posto per tutti nella chiesa di San Vitale a Fuorigrotta, in tanti rimasero fuori, stampa compresa. Giacomo Romano, il padre del ragazzo, prima della cerimonia aveva convocato i media nell'ampio piazzale antistante. I giornalisti si aspettavano chissà quale rivelazione sulla morte del figlio e invece Romano disse: "Se vedo in chiesa qualcuno di voi lo prendo a calci. Sono stato chiaro?".
Ben altro trattamento riservò alla stampa il questore, felicissimo di essere ripreso dalle decine di telecamere presenti. "Ho fatto bella figura?", chiese più tardi a Noce nel suo ufficio. "Ha fatto un figurone", rispose il commissario. In cuor suo pensava: "Hai fatto la tua solita figura da quattro soldi, pezzo d'imbecille".
"Povero ragazzo. Io ero certo che i rapitori l'avrebbero restituito vivo, e invece... Ma veniamo a noi, commissario. A che punto sono le indagini?".
"Sto aspettando l'esito dell'autopsia, dovrebbe arrivare in giornata. Attendo da un momento all'altro anche la documentazione della scientifica. Anzi, col suo permesso io andrei...".
"Vada pure, commissario, anch'io ho un bel po' di lavoro che mi aspetta".
Non appena Noce lasciò l'ufficio, il questore prese il telecomando e accese il televisore. Le immagini dei funerali di Marco Romano avevano già invaso tutti i canali".
 
***
 
Ferdinando Barbato, il medico legale, dopo l'autopsia confermò il suo "pronostico": "Marco Romano è stato ucciso tra le 3 e le 4 di martedì 10 ottobre, cioè 26 ore prima del ritrovamento del cadavere. Gli hanno premuto un cuscino in faccia durante il sonno: i filamenti ritrovati nella bocca non lasciano dubbi. Come le avevo già anticipato, non ci sono altre mutilazioni, ma sulla pianta di entrambi i piedi abbiamo trovato molteplici abrasioni dovute a bruciature di sigarette".
 
"Smettila, maledizione, ti ho detto di smetterla!".
"Io lo brucio fin quando mi pare. Se non vuoi vedere, esci dalla stanza".

 
"Secondo lei, quindi, prima di essere ucciso il ragazzo è stato torturato".
"No, commissario. Probabilmente è stato torturato sin dal primo giorno del sequestro. Alcune abrasioni risalgono a una ventina di giorni fa".
"E' stato drogato durante la sua segregazione?".
"No, ma di certo non lo hanno nutrito regolarmente. Il ragazzo ha perso sette chili".
"Si è fatto un'idea di quello che gli davano da mangiare?".
"Purtroppo si. Ma glielo dirò solo se farà uscire la dott.ssa  Dell'Angelo".
"Non si preoccupi dottore, dica pure. Donatella è abbastanza forte".
Il vice commissario Dell'Angelo, in piedi alle spalle della iena, confermò con un cenno della testa.
"D'accordo. Nel suo stomaco abbiamo trovato cibo avariato e, stento a crederci, resti di carne di topo".
La Dell'Angelo, evidentemente, forte non lo era abbastanza: due lacrime lasciarono i suoi occhi celesti e raggiunsero velocemente le guance.
 
***
 
Nulla di tutto questo Noce disse al padre del ragazzo. Iena sì, ma a tutto c'è un limite. Gli raccomandò invece di continuare ad ascoltare la voce del rapitore nelle registrazioni che Paolo Crosta, il giornalista della Gazzetta di Napoli, aveva fornito alla Polizia. "Ci sto provando e riprovando, commissario. Le ripeto, sono certo di aver già sentito quella voce, ma dove e quando non riesco proprio a ricordarlo".
"Sicuramente - intervenne Noce - questo ricordo deve essere legato a qualche evento particolare, altrimenti la voce non l'avrebbe colpita al punto da poterla rammentare. Ho pensato - ovviamente se lei è d'accordo - di metterle a disposizione un nostro psicologo affinchè possa aiutarla a ricordare. In questo momento, signor Romano, è l'unica pista che possiamo seguire".
L'altra, infatti, non aveva dato esito.
"Abbiamo effettuato attentamente ogni tipo di rilievo, commissario, sia nel casolare in cui è stato ritrovato il cadavere sia sul luogo dove i rapinatori hanno ritirato la borsa dei soldi. Non abbiamo trovato nulla di rilevante che possa essere d'aiuto alle indagini".
Noce, del resto, non si era fatto particolari illusioni: era già certo in partenza che la scientifica non avrebbe potuto dargli una mano. Il fatto stesso che Marco Romano era completamente nudo al momento del ritrovamento del cadavere testimoniava della particolare prudenza e attenzione con la quale avevano agito i rapitori.
"Quello che non riesco a spiegarmi, Elio, è la ferocia con la quale hanno agito".
"Io, invece, non riesco a dare una spiegazione - disse il ristoratore - alla sua lunaticità a tavola. A volte lei non tocca cibo, altre volte fa man bassa come stasera. Fortunatamente non ho portato il mio gatto in trattoria, altrimenti si sarebbe mangiato pure quello".
Sarà stato il nervosismo dovuto all'insuccesso finora delle indagini, ma quella sera in trattoria Noce fece fuori nell'ordine antipasto di mare, spaghetti con le cozze, parmigiana di melenzane e una doppia porzione di tiramisu.
Adesso la iena stava cercando di digerire il tutto con l'aiuto di un bicchierino di Amaro del Capo. "Glie l'ho già detto perchè ne verso sempre poco?", chiese Elio.
"Si, perchè altrimenti il Capo s'incazza. Devi rinnovare il tuo repertorio di battute, sono diventate stantie come il tuo cibo. E poi stasera non sono dell'umore giusto (non lo era quasi mai) per scherzare". E riprese il filo del discorso interrotto: "Che abbiano ucciso il ragazzo era da mettere in preventivo, così come in tutti i rapimenti. Ma che l'abbiano torturato...".
"Forse l'hanno fatto per strappargli qualche informazione utile al rapimento".
"Non credo. L'hanno torturato per tutto il periodo della segregazione".
"E il cibo avariato, la carne di topo...".
"Non so perchè l'hanno fatto, Elio, ma so dove l'hanno preso". E con l'indice indicò la cucina strappando al ristoratore una grassa risata che rischiò di mandare per traverso il limoncello che stava sorseggiando.
"E allora, se me lo consente, commissario, a questo punto io direi che possono esserci soltanto due ipotesi: o i rapitori sono dei sadici, e questa la scarterei, oppure odiavano il ragazzo. Forse l'hanno torturato e ucciso per fargli pagare qualcosa che ha fatto, forse il sequestro era solo una messinscena per sviare le indagini".
"Forse sei un genio, Elio. Anzi, leva il forse. E portami un'altra porzione di tiramisu".
 
***
 
Lunedì 16 ottobre, ore 9
Donatella Dell'Angelo arrivò in ufficio con un sorriso radioso. Allegra per natura, quella mattina il vice commissario era addirittura raggiante. Due le novità: un nuovo taglio di capelli a caschetto che mettevano in risalto gli splendidi occhi celesti (l'unica cosa di rilievo che possedeva) e un fidanzato nuovo di zecca, Walther, 34enne parrucchiere di Fuorigrotta. Era accaduto tutto molto in fretta: venerdì 13 ottobre Walther le aveva cambiato look, sabato l'aveva invitata a cena, domenica l'aveva portata a letto, quella mattina l'aveva accompagnata al lavoro con la sua Clio. "Io faccio sul serio", le aveva detto mentre Donatella scendeva dalla vettura. "Meglio per te", era stata la risposta. "Altrimenti vengo a prenderti con la volante in bottega, ti porto in commissariato e ti do in pasto alla iena".
La iena, ovviamente, fece finta di non accorgersi del nuovo look di Donatella quando entrò nel suo ufficio per portargli le scartoffie da firmare. Ma l'invitò a sedersi, e l'inaspettata gentilezza fece sparire il sorriso sul volto del suo vice. "Adesso mi fa una cazziata".
E invece, incredibile ma vero, Noce le disse: "Vorrei ascoltare il tuo parere".
Il parere su quello che il suo amico Elio gli aveva detto: "Il sequestro forse era una bluff, i rapitori hanno ucciso il ragazzo per vendetta".
"Ci può stare, commissario. Si spiegherebbero così la ferocia con la quale hanno trattato il ragazzo e le soffiate dei rapitori alla Gazzetta di Napoli. Se volevano raggiungere il loro scopo di sviare le indagini, ci sono riusciti in pieno: le notizie uscite sui giornali hanno influenzato l'opinione pubblica e, se me lo consente, anche noi della Polizia. Tutto lasciava intendere che l'unico scopo del sequestro era estorcere il riscatto a Giacomo Romano".
"E quindi...".
"E quindi - proseguì Donatella - non ci resta che scavare nella vita del ragazzo per appurare se effettivamente le cose stanno così. Se Marco Romano, cioè, ha commesso qualcosa che ha scatenato l'odio di chi lo ha rapito, mutilato e ucciso".
"Cosa suggerisci di fare, allora?".
Quest'ultima domanda, assolutamente inaspettata considerato il personaggio che l'aveva formulata, rafforzò la convinzione che si era già impossessata del vice commissario non appena la iena l'aveva invitata a sedere: "Questo qui non sta bene". Ma Donatella diede ugualmente la risposta: "Io andrei a fare quattro chiacchere con l'allenatore e i compagni di squadra di Marco. E anche con quella Greta Feher, la pallanuotista ungherese, la sua fidanzata. Le ho già parlato qualche giorno fa per farle ascoltare la registrazione del messaggio dei rapitori. Una ragazza in gamba".
"Molto bene", approvò Noce. "Vorrà dire che ci divideremo i compiti".
 
***
 
La bionda che varcò la soglia del commissariato di Fuorigrotta fece sui poliziotti che stavano discutendo durante la "pausa caffè" lo stesso effetto di un gas paralizzante. Rimasero tutti impietriti con un "o" disegnata sulle labbra. Più tardi, dopo essersi ripresi dallo choc, si sarebbero scambiati frasi che contemplavano un uso delle manette ben diverso da quello d'ordinanza. Perfino la iena quella sera avrebbe confidato al suo amico Elio in trattoria: "Ti giuro che quella lì mi ha fatto rimpiangere di essere gay".
Connotati: 27 anni, occhi verdi, 179 centimetri di altezza e un ottantina di chili distribuiti perfettamente in un corpo per il quale quei poliziotti avrebbero volentieri rinunciato allo stipendio di un mese pur di poterlo mettere in orizzontale. Con o senza manette.
"Sono Greta Feher. Il commissario Noce mi sta aspettando". La voce roca, sensuale, abbinata al suo italiano stentato, diede un'ulteriore impennata alle quotazioni della ragazza nel borsino di gradimento dei poliziotti. I mesi di stipendio passarono a due.
La fidanzata di Marco Romano sarebbe stata perfetta in costume e calottina su un manifesto con la seguente scritta: "Guardami, sei sempre convinto che giocare a pallanuoto faccia male al fisico delle ragazze?".
"Dunque anche lei gioca a pallanuoto...".
"Si, in Ungheria. Il campionato sta per cominciare, non posso più trattenermi a Napoli. Posso partire, vero commissario? Mica mi ha chiamato per questo?".
"No, assolutamente, lei è libera di andare dove vuole. L'ho chiamata perchè abbiamo bisogno di sapere qualcosa di più su Marco Romano. Che tipo era?".
"Era un ragazzo allegro, spensierato, un po' troppo viziato. Faticava molto a fare la vita dell'atleta, un paio di volte è stato sospeso dalla sua società per aver fatto le ore piccole in discoteca".
"Come si conciliava questo con il vostro rapporto?".
"Mi sta chiedendo se frequentava altre ragazze? Purtroppo la risposta è si, a Marco le donne piacevano in maniera smisurata, più di una volta ho dovuto perdonargli qualche scappatella. Del resto, lui è stato molto chiaro con me quando l'anno scorso ci siamo messi insieme: "Tu stai in Ungheria per gran parte dell'anno, io sto qua, quindi non posso garantirti che ti sarò sempre fedele. Prendere o lasciare". Più volte sono stata tentata di mollarlo, ma non ce l'ho fatta".
"Se non sbaglio, lui era più giovane di lei di qualche anno...".
"Di sei, per l'esattezza. Ma la sua immaturità non era un problema per me, non era la prima volta che stavo con un ragazzo più giovane. Mi piacciono quelli della sua età, con tutti i pro e i contro che questo può comportare".
"Che le risulti, Marco aveva qualche nemico?".
"Se per nemico intende qualcuno che lo odiava profondamente, direi proprio di no. Se invece intende qualcuno che non lo sopportava, gliene potrei elencare più di uno, a cominciare dal suo allenatore. A Francesco Golia non andava giù il fatto che Marco ogni tanto saltasse l'allenamento, e nemmeno a Gianni Como, il capitano delle squadra. Una volta hanno fatto anche a botte negli spogliatoi. Però Marco era un vero talento, un portiere di grande avvenire, e difficilmente sbagliava una partita nonostante l'impegno relativo con il quale prendeva parte agli allenamenti. Perciò, loro malgrado, sia Golia sia Como chiudevano un occhio, esattamente come ho fatto io".
Improvvisamente la donna si rabbuiò. "Ma perchè mi sta facendo questo tipo di domande, commissario? Perchè vuole sapere da me quali erano i rapporti di Marco con gli altri giocatori? Cos'altro è successo al mio fidanzato che io non so?".
"Vede, signorina, noi siamo portati a credere che il sequestro di Marco sia soltanto una messinscena".
"Una messinscena? Che vuol dire? Scusi, ma non conosco il significato di questa parola".
"Scusi lei, dimenticavo che è ungherese. Volevo dire un bluff. In altre parole, i rapitori non l'hanno sequestrato per ottenere il riscatto, ma per vendicarsi di lui, di qualcosa che Marco ha commesso in passato".
"Ma è assurdo, non posso crederci!", si ribellò Greta e si alzò di scatto mentre i suoi begli occhi verdi lanciavano fuoco e fiamme verso la iena. "Come le viene in mente di dire queste idiozie?!".
Con voce glaciale la iena rispose: "Stia calma e soprattutto mi stia bene a sentire: quello che le dirò adesso non deve uscire da questa stanza. Soprattutto non deve saperlo il padre del ragazzo, ha già sofferto abbastanza. Durante il periodo della sua prigionia Marco è stato torturato dai rapitori con una ferocia che non può essere spiegata altrimenti: chi l'ha rapito odiava profondamente quel ragazzo".
Greta Feher si accasciò sulla sedia e cominciò a piangere sommessamente. Poi con gli occhi pieni di pianto disse: "Perdoni la mia reazione di prima, commissario, io non potevo immaginare...". E poi con rabbia: "Cosa gli hanno fatto quei bastardi? Non bastava averlo mutilato?!".
"La prego di non farmi scendere nei dettagli. Sarebbe troppo doloroso per lei. Adesso vada. Vuole che la faccia accompagnare a casa?".
"No, commissario, non è necessario, prenderò un taxi. Se ha ancora bisogno di me, può chiamarmi sul mio numero di cellulare ungherese. Domani io parto. E mi scusi ancora".
 
***

Lunedì 16 ottobre - Ore 16
Francesco Golia, l’allenatore della Waterpolo Napoli, era a Roma per un corso di aggiornamento organizzato dalla federazione. “Possiamo vederci domani in piscina”, disse al vice commissario Dell’Angelo che l’aveva contattato telefonicamente. Prima di chiudere la comunicazione chiese: “Ci sono novità?”.
Non ce n’erano. L’indagine era arrivata ad un punto morto. Noce, pertanto, convocò il vice commissario nel suo ufficio per fare il riepilogo della situazione. Il che significava:
a) la iena dettava.
b) Donatella scriveva ("Ti decidi a imparare ad usare il computer, brutto stronzo?").
 
“Dunque, finora  sappiamo che...”. E dettò quanto segue al suo vice:
 
1. Il 20 settembre viene rapito il pallanuotista Marco Romano.
2. L’auto su cui viaggiava quando è stato sequestrato non è stata ritrovata.
3.  I rapitori chiedono e ottengono un riscatto di 500mila euro, ma il ragazzo viene ucciso.
4. Il padre del ragazzo, dopo aver ascoltato la voce di uno dei rapitori (o del rapitore, potrebbe aver agito da solo), la riconosce ma non ricorda a chi possa appartenere.
5. Il fatto che il ragazzo sia stato mutilato e torturato e le continue soffiate dei rapitori alla stampa fanno pensare che il rapimento sia soltanto una messinscena per mascherare il vero scopo del delitto: la vendetta.
6. La fidanzata di Marco Romano, descrivendolo, parla di un ragazzo immaturo, indisciplinato, donnaiolo e poco stimato da allenatore e compagni di squadra.
 
"E' tutto oppure ho dimenticato qualcosa?".
"E' tutto, commissario".
"E allora stampa due copie".
 
Mentre leggeva per la quinta volta il promemoria, Noce improvvisamente diede un pugno alla scrivania facendo sobbalzare il suo vice: "Siamo due imbecilli! In tutto questo tempo abbiamo dimenticato un indizio che potrebbe essere importantissimo: il giorno del rapimento! Quando venne a denunciare la scomparsa del figlio, Giacomo Romano mi disse che il 20 settembre era l'anniversario della morte della moglie".
"E allora, se permetti, SEI UN IMBECILLE, perchè questo particolare non ti sei mai degnato di dirmelo", pensò Donatella Dell'Angelo e disse: "Quindi secondo lei, commissario, i rapitori hanno scelto quella data per fare un ulteriore affronto a Marco Romano...".
"Eh no, non è questo il punto: finora abbiamo pensato che i rapitori si sono vendicati di Marco per qualcosa che lui ha fatto. E se quel qualcosa, invece, è stata la madre a commetterlo?  Bisogna chiedere al marito come è morta, se c'è stato qualche evento particolare legato alla sua scomparsa".
Noce prese il cellulare e chiamò Giacomo Romano. "Scusi se glielo chiedo, ma potrebbe essere importante: come è morta sua moglie?"
"E' morta in un incidente stradale. E successo nove anni fa, Giacomo aveva 12 anni. Faceva un caldo terribile, nonostante fosse settembre inoltrato, e mia moglie decise di portarlo a mare a Sperlonga. Al ritorno - erano circa le 18 - un camion frenò bruscamente e Carla per evitare l'impatto invase la carreggiata opposta, dove stava sopraggiungendo una Madza. Nell'urto, oltre a mia moglie, rimasero uccisi anche l'uomo che guidava la Mazda e sua moglie. La figlia fortunatamente rimase leggermente ferita, così come Marco".
Lei ricorda come si chiama la ragazza?".
"Certamente, siamo stati in causa per oltre due anni. Si chiama Anna Gammone e all'epoca abitava a Portici. Nella vertenza fu seguita da una studio legale di Napoli, di cui però non ricordo il nome".
"Quale fu l'esito della causa?".
"Gli avvocati della Gammone chiesero un risarcimento di due milioni di euro, ma ne ottennero soltanto 150mila perchè fu dimostrato che, al contrario di mia moglie che pure aveva responsabilità evidenti nell'incidente, il signor Gammone aveva bevuto alcolici e viaggiava ad una velocità superiore al limite consentito".
"Ha mai più visto o parlato con Anna Gammone da allora?".
"No, commissario".
"Potrebbe appartenere a qualcuno della famiglia Gammone la voce del rapitore che ha ascoltato nella registrazione? Ci pensi bene".
Non ce ne fu bisogno. Giacomo Romano rispose immediatamente, senza esitare: "Quella voce io l'ho sentita di recente, altrimenti non avrei potuto riconoscerla. Sto provando tutti i giorni, più volte al giorno, a cercare di capire a chi appartiene, ma non riesco a collegarla ad un volto".
 
***
 
A Noce Il volto di Anna Gammone ricordava qualcuno e si sarebbe scervellato, senza successo, per tutta la durata del colloquio.
"Il nome Marco Romano le dice qualcosa?".
"No, commissario. Ma come ho già detto al poliziotto che mi ha condotto nel suo ufficio, desidererei conoscere il motivo di questo interrogatorio. Credo sia nel mio diritto". L'espressione seccata che accompagnò la richiesta avvicinò sensibilmente il commissario alla soluzione dell'enigma della somiglianza ("Cazzo, ce l'ho sulla punta della lingua"), ma il flash svanì beffardamente.
"Non si tratta di un interrogatorio, lei è qui semplicemente in qualità di persona informata di fatti che riguardano le nostre indagini. Ha mai sentito parlare in questi giorni del rapimento e dell'uccisione di un giocatore di pallanuoto?".
"No, commissario. Io non guardo mai la televisione, non uso i social network e raramente leggo i giornali. Il mio lavoro di fotomodella, inoltre, mi porta spesso  all'estero".
"E Giacomo Romano? Non le dice nulla nemmeno questo nome?".
"Ah, lo stronzo... Impossibile dimenticarsi di uno come lui. Sua moglie ha ammazzato i miei genitori in un incidente stradale e lui, dopo anni di battaglie legali, se l'è cavata con quattro soldi di risarcimento".
"Marco Romano, il giovane pallanuotista rapito e ucciso, era suo figlio".
"Mi spiace per il ragazzo, non certo per il padre. Ma io cosa c'entro in tutto questo? Ah, ho capito! E accompagnò la rivelazione con una risata. "Voi pensate che io possa avere a che fare con il sequestro e l'uccisione del pallanuotista. Ma è tutta da ridere: il tribunale non accoglie la mia richiesta di risarcimento e io, a distanza di cinque anni, cosa faccio? Rapisco il ragazzo per ottenere ugualmente i soldi. Giusto? Ma è assurdo, se ne rende conto commissario?... La vede questa fede?", e mostrò a Noce l'anulare della mano sinistra. "Mio marito è il figlio di uno degli industriali più ricchi d'Italia. Ha presente le distillerie Della Rocca? Esportano vini e liquori in tutto il mondo per un fatturato annuo di decine di milioni di euro".
"Potrebbe averlo fatto per vendetta...".
"Certo, come no?! Ho organizzato tutto tra una sfilata di moda e l'altra. E magari mi sono fatta dare una mano da mio marito".
Mentre lasciava l'ufficio di Noce, Anna Gammone incontrò Donatella Dell'Angelo sull'uscio.
"Allora, commissario, cosa le ha detto Claudia Gerini? Tale e quale".
"Ecco a chi assomiglia!... Un buco nell'acqua, Donatella. La Gammone non c'entra nulla con il sequestro".
 
***
 
Martedì 17 ottobre, ore 13

"Ci vediamo stasera alle 19, ragazzi. Puntuali, mi raccomando".
Doppio allenamento per la Waterpolo Napoli, la squadra di Marco Romano. Mancava un mese abbondante all'inizio del campionato di A2, il "menu" settimanale di Francesco Golia prevedeva per i verdeblu otto sedute settimanali tra palestra, nuoto e preparazione degli schemi di gioco, più la partitella d'allenamento il giovedì sera con una delle altre squadre napoletane.
Golia guardò l'orologio e alzò lo sguardo verso la vetrata antistante la direzione della piscina, dove Donatella Dell'Angelo lo aspettava. La salutò con un cenno della mano. "Sono subito da lei".
Non ci fu bisogno di presentazioni, il vice commissario aveva già parlato con Golia il 22 settembre durante le indagini, ma soltanto adesso la Dell'Angelo fece caso a quanto fosse appropriato il cognome dell'allenatore della Waterpolo Napoli, un gigante che sfiorava il metro e novanta. E pensò: "Col cavolo che Davide butta giù uno così, con o senza fionda".
Si accomodarono ad un tavolino del bar della piscina. Donatella prese un caffè (il quinto dall'inizio della giornata), Golia un analcolico.
"Marco? Un ragazzo buono come pochi, uno di quei giocatori che qualsiasi allenatore di questo mondo vorrebbe avere, un atleta...".
Donatella Dell'Angelo lo interruppe immediatamente: "Guardi che non sono qui per farmi raccontare balle. Sappiamo benissimo che i suoi rapporti con Marco non erano buoni. Lo so che non è bello parlare male di chi non c'è più, ma questa è un indagine di polizia, le frasi di circostanza sono completamente fuori luogo".
"D'accordo, vorrà dire che sarò sincero al massimo: "Se fosse stato per me, Marco l'avrei mandato via da tempo. Difficilmente nella mia carriera ho visto un atleta così indisciplinato e un ragazzo maleducato come lui. Un figlio di papà, viziato dalla testa ai piedi. Ma purtroppo non sono io che decido, chi comanda è la dirigenza, la proprietà. E il parere di un tecnico conta poco quando ci sono in ballo i quattrini. Lo sa chi è lo sponsor principale della nostra squadra? L'azienda di Giacomo Romano. Quindi il figlio faceva il porco comodo suo. In campo e fuori".
"Cosa intende dire?".
"Vita sregolata, ore piccole, donne in quantità industriale, droga. Si, ha sentito bene, droga. Cocaina, per l'esattezza. Se Marco aveva in campo un rendimento superiore alla media, lo doveva soltanto al fatto che era un campione nato, in possesso di doti tecniche e atletiche eccezionali. Ma, ripeto, se fosse stato per me, di lui avrei volentieri fatto a meno. Già è difficile per un tecnico mantenere l'armonia in una squadra, figuriamoci con uno come lui che agli allenamenti veniva una volta si e due no. A tanti suoi compagni questo non andava giù, soprattutto al nostro capitano Gianni Como".
"E' vero che tra Como e Marco Romano c'è stato un litigio negli spogliatoi?".
"Litigio non è il termine giusto: i due se le sono date di santa ragione. Anzi, più che altro è stato Como a riempire di botte Marco. Non so cosa abbia scatenato quel putiferio, ma se non glie lo toglievo dalle mani Gianni lo avrebbe ammazzato".
 
***
 
Martedì 17 ottobre, ore 13,30
Da ragazza aveva fatto atletica. 400 piani. Nulla di particolare, ma i chilometri e chilometri percorsi in pista le avevano fatto comodo in servizio durante gli inseguimenti. Donatella Dell'Angelo non ebbe, dunque, particolari difficoltà ad acciuffare in tempo la Nissan di Gianni Como prima che varcasse il cancello della piscina e si dileguasse.
Il vice commissario, dopo aver parlato con Francesco Golia, aveva provato a contattare telefonicamente il capitano della Waterpolo Napoli, ma il cellulare risultava sempre occupato. "Ha una fidanzata gelosissima che non gli dà tregua", le aveva spiegato Golia.
I colpi che Donatella diede sul finestrino del guidatore per intimargli l'alt fecero sfuggire di mano il cellulare a Gianni Como, che si guardò bene dal raccoglierlo. Aveva gradito l'interruzione (da 20 minuti buoni la fidanzata lo stava tormentando) e nello stesso tempo sperava di evitare una "cazziata" che arrivò ugualmente non appena il capitano della Waterpolo Napoli abbassò il finestrino: "Lo sa che non può parlare al telefono senza auricolare mentre guida?".
"Mi scusi. Spero non voglia arrestarmi per questo".
A Donatella Dell'Angelo scappò un sorriso. Como era un bel ragazzo, per giunta dotato di una grande carica di simpatia. "Per questa volta la passa liscia, ma soltanto perchè ho bisogno di parlare con lei di cose ben più importanti".
Como fece retromarcia, posteggiò nuovamente la Nissan nel parcheggio della piscina, scese dalla vettura, strinse la mano al vice commissario e, braccia conserte, si appoggiò alla portiera anteriore sinistra dell'auto in attesa delle domande di Donatella ("E' pure bello alto, gli farei volentieri tutto un altro tipo di terzo grado").
"Non le farò perdere molto tempo, signor Como".
"Bene, perchè ho una fame che non ci vedo. Finito l'allenamento, noi pallanuotisti abbiamo una sola cosa in testa: andare a pranzo. Vuole farmi compagnia?".
"La ringrazio, ma non ho tempo".
"Perchè, voi poliziotti non mangiate?".
Donatella non rispose. "Come erano i suoi rapporti con Marco Romano?".
"Pessimi, pace all'anima sua. Ma questo lei già lo sa, il nostro allenatore sicuramente le avrà parlato di quello che è successo il 6 settembre negli spogliatoi".
"Mi ha accennato qualcosa".
"Non c'è molto da dire. Il giorno prima Marco non si era presentato al raduno della squadra dopo le vacanze estive. Era l'unico assente. Il giorno successivo, prima che ci spogliassimo per entrare in vasca, l'ho preso in disparte negli spogliatoi e gli ho detto anche nome degli altri compagni di squadra: "Se intendi continuare a fare il porco comodo tuo come l'anno scorso, ti sbagli. Non te lo permetteremo. Se salterai senza giustificazione un solo altro allenamento, con noi hai chiuso. Ti cacciamo dalla squadra. E non ce ne fotte un cazzo di chi sei figlio".
"E lui?".
"Per tutta risposta mi ha sputato in faccia. Non ci ho visto più e l'ho gonfiato di botte".
"La cosa è finita lì?".
"No, ovviamente. Marco è andato a lamentarsi con paparino, Giacomo Romano ha telefonato a quel cretino del nostro presidente e lui mi ha convocato chiedendomi spiegazioni. Dopo avermi fatto una cazziata, voleva togliermi i galloni di capitano per darli a quel leccaculo di Roberto Giannella, ma gli altri compagni di squadra si sono ribellati e la cosa è rientrata".
"Che tipo è questo Giannella?".
"Il degno compare di Marco Romano. Amici per la pelle. Hanno cominciato a giocare insieme nelle giovanili di non ricordo quale squadra e poi Marco se l'è tirato dietro. E' l'unica spiegazione possibile della sua presenza nella Waterpolo Napoli. Golia non avrebbe mai dato il suo consenso all'acquisto, anche Giannella è uno scansafatiche. A proposito, sono due giorni che non si presenta agli allenamenti, si sarà inventato chissà quale malattia. Poco male, come giocatore vale poco più di zero".
"Un'ultima domanda, signor Como: è vero che Marco Romano faceva uso di cocaina?".
"Io non l'ho mai visto sniffare, ma pare che Golia abbia sorpreso lui e Giannella durante una trasferta di campionato: avevano portato due puttane nella camera d'albergo ed erano completamente fatti quando lui li ha beccati".
"Dove posso trovare questo Giannella?".
"Vive da solo in un appartamento ammobiliato al Vomero che gli ha messo a disposizione la società. Lui è di Bari e spero, per il bene della squadra, che ci torni al più presto".
 
***
 
Via Kerbaker, numero civico 56. Il vice commissario Dell'Angelo busso più volte sul pulsante accanto al nome Giannella. Nessuna risposta. Erano le 14,30. Cercò la scritta "portiere" e riprovò: una voce femminile molto giovanile rispose: "La portineria è chiusa a quest'ora".
"Lo so, ma sono della Polizia. Vuole essere così cortese da venire ad aprirmi?".
Donatella Dell'Angelo aspettava una ragazza, arrivò una donna sulla sessantina. "C'è qualche problema?".
"Ho provato più volte a citofonare al signor Giannella, ma non mi ha risposto".
"Starà dormendo. E' uno che fa le ore piccole. Ha provato a chiamarlo sul cellulare?".
"E' sempre staccato. A che piano abita?"
"Al quinto, ma l'ascensore è rotto".
Tra un'imprecazione e l'altra Donatella si sciroppò i cinque piani e bussò vigorosamente all'interno 24, l'appartamento di Roberto Giannella. Niente.
Con santa pazienza il vice commissario scese le scale, tornò nell'atrio, cercò l'appartamento del portiere, si fece dare il doppione delle chiavi, guardò con astio la cabina dell'ascensore con la scritta "guasto" e si fece altri cinque piani, rimpiangendo i 400 che faceva in pista. Provò a bussare di nuovo, con insistenza, anche stavolta senza esito. E aprì.
Un tanfo terribile la investì non appena schiuse la porta. Prese dalla tasca un fazzoletto per ripararsi dall'ondata maleodorante e la pistola per ripararsi da eventuali cattive sorprese. "Tiratela fuori immediatamente se entrate in un appartamento e c'è qualcosa di anormale": è una delle prime cose che le avevano raccomandato all'Accademia di Polizia.
Il tanfo proveniva dalla seconda porta a destra nel corridoio. Era spalancata. Donatella si appiattì al muro impugnando la pistola con entrambe le mani, poi con un salto scavalcò la soglia e si appiattì dall'altra parte del muro. Nessun rumore proveniva dall'interno, nella camera non c'era anima viva.
L'uomo sdraiato sul letto, con indosso soltanto lo slip, era morto da almeno tre giorni.
 
***
 
"E' stato ucciso da un'overdose di eroina", sentenziò Ferdinando Barbato, il medico legale, dopo aver esaminato il cadavere di Franco Giannella. La prima volta gli è stata fatale".
"Cosa vuol dire?", chiese la iena.
"Sul corpo non ho trovato altri segni di punture. Per la prima volta si è iniettato quella schifezza ed è morto immediatamente".
Un altro pallanuotista morto nel giro di un mese. E per giunta della stessa squadra di Marco Romano, con il quale condivideva amicizia e cattive abitudini. Soltanto una coincidenza oppure un secondo omicidio?
Noce credeva poco alle coincidenze. E le parole di Barbato ("Era la prima volta che faceva uso di eroina") lampeggiavano nella testa del commissario come un'insegna intermittente a tinte forti.
"Quando ha visto l'ultima volta il signor Giannella?", chiese la iena alla portiera dello stabile.
"Mi ci faccia pensare...  è stato giovedì scorso. Lo ricordo perchè la sera del giovedì c'è una bella fiction in tv che io non mi perdo mai. Ha bussato alla portineria che saranno state le 10 di sera, voleva che io informassi l'amministratore di una perdita nel bagno... Si, quella deve essere stata proprio l'ultima volta che l'ho visto".
"Veniva spesso gente da lui?".
"No, almeno nelle ore in cui la portineria è aperta. Qualche volta l'ho visto salire con qualche amico, con qualche ragazza...".
"Questo qui l'ha mai visto?". E mostrò alla donna la foto di Marco Romano.
"Non saprei proprio, commissario... Davanti alla mia portineria passano decine e decine di persone ogni giorno... come faccio a ricordare?".
"Chi altro abita al quinto piano?".
"C'è un appartamento sfitto, il 25. Al 23, invece, abita uno studente, Giuseppe Cozza. E' calabrese, se non sbaglio studia ingegneria... Ah, eccolo, e indicò un giovanotto bruno, con gli occhiali, che stava salendo le scale che portavano dal portone d'ingresso all'atrio".
La iena piantò in asso la portiera senza nemmeno salutarla e si precipitò verso lo studente. "Sono della Polizia. Lei è il signor Cozza?"
"Si", rispose il ragazzo con evidente preoccupazione. "Cosa è successo? E' accaduto qualcosa ai miei?".
"Nulla di tutto questo".
"Uff, mi ero spaventato" ("Altro che spavento! Brutto stronzo, per poco non mi hai fatto venire un colpo").
"Lei abita nell'appartamento accanto a quello del signor Giannella?".
"Si. Perchè me lo chiede?".
"Il signor Giannella è morto. Lei lo conosceva?".
"Soltanto di vista. Abbiamo scambiato due parole una sola volta, è successo un paio di settimane fa. Aveva ospiti a cena, mi ha chiesto se avevo degli stuzzicadenti... Di cosa è morto?".
"Ha visto chi era a cena con lui?".
"No. Ha bussato da me e io gli ho dato l'intera confezione di stuzzicadenti. Non me l'ha più restituita... Ah, se può esserle utile, sabato sera mentre stavo uscendo di casa l'ho incontrato sul pianerottolo. Erano le 10. Lui stava uscendo dall'ascensore in compagnia di una ragazza".
"Me la descriva, per favore".
"Alta, bruna, capelli ricci, molto elegante, bellissima... Ho pensato: che ci fa con uno come lui?".
"Perchè, com'era Giannella?".
"Quelle poche volte che l'ho visto non mi ha fatto una bella impressione. Un tipo volgare... Di cosa è morto?".
"Se le metto a disposizione un disegnatore della polizia, sarebbe capace di farmi un identikit della ragazza?".
"Non so, posso provarci. Come è morto il signor Giannella, si può sapere?".
"Ah, non glie l'ho detto? E' morto per un'overdose di eroina".
 
***
 
"Ho della roba molto buona a casa mia, cosa ne dici?".
"Che roba?".
"Bianca, purissima, di prima qualità".
"Guarda che io sono piuttosto esigente, e non solo da quel punto di vista. Sei sicuro di essere all'altezza?".
"Sicurissimo".
"Ok, dove hai la macchina?".
"Non ce n'è bisogno, abito qui vicino. Io sono Roberto, e tu?".
"Mi chiamo Renda".
"Ti sta benissimo, ci avrei giurato che avevi un nome particolare".
("Invece ho un nome comunissimo, pezzo di merda, ma non lo saprai mai").

 
***
 
Nell'appartamento di Roberto Giannella la Polizia non trovò il cellulare del pallanuotista, ma grazie ai tabulati fu appurato che l'ultima telefonata l'aveva fatta alle 19,30 di sabato 14 ottobre.
"Mi ha chiamato per darmi l'appuntamento al "Bruno's Dream", il bar del Vomero dove vado spesso. "Ci vediamo alle 21,30", mi ha detto. Io sono arrivato con un venti minuti di ritardo, Roberto non c'era. Ho chiesto di lui a Bruno, il proprietario: ha detto che era andato via da poco con una ragazza. Ho capito che aveva rimorchiato e non l'ho richiamato. Poco dopo le 22 - e mostrò il cellulare a Noce - mi ha mandato un messaggio: "Scusami, ma sono con una bruna favolosa. Poi ti dirò". Ma non si è fatto più vivo".
"E lei, signor De Luca, non ha pensato di richiamarlo?".
"Non siamo... non eravamo grandi amici. Ci frequentavamo ogni tanto, giusto il tempo di passare qualche ora in discoteca oppure al bar".
"Lei conosceva Marco Romano?".
"Ci siamo visti soltanto un paio di volte. A me non piace la pallanuoto, commissario, preferisco il calcio".
 
***
 
Martedì 17 ottobre - Ore 20
"Il mio sogno era aprire un bar con buona musica dal vivo nel quartiere dove sono nato, il Vomero. Ci sono riuscito e così l'ho chiamato "Bruno's Dream".
Dei progetti del titolare del bar di via Bernini dove Roberto Giannella aveva agganciato la bruna dai capelli ricci, al commissario Noce non fregava assolutamente nulla. Il suo unico progetto era scoprire chi aveva ammazzato Marco Romano e, forse, anche Roberto Giannella. Dopo aver rifiutato il drink offerto dalla casa, la iena venne subito al dunque: "Sabato scorso Giannella è andato via dal suo locale con una ragazza alle 22 circa. E' in grado di descrivermela?".
"Bruna, alta, molto bella, con un grande testa di capelli ricci. E' entrata nel bar da sola, saranno state più o meno le 21,30. Si è seduta qui al bar e da quel momento è cominciata la processione. Ci hanno provato in due, ma lei non li ha degnati di uno sguardo. Poi è arrivato Roberto e ha fatto subito "Bingo". Sono andati via dopo un quarto d'ora".
"Lei ha assistito alla conversazione?".
"No, perchè erano seduti all'angolo del bancone, quello più vicino alla porta d'ingresso", e indicò il punto al commissario.
"Ci sono telecamere in questo bar?".
"Soltanto nei bagni. Due anni fa è arrivata la Polizia e ha sorpreso uno che sniffava nel cesso. Mi hanno fatto una multa di mille euro. Poichè non ho alcuna intenzione di prenderne un'altra, ho fatto mettere le telecamere, che controllo direttamente da qui".
La iena chiamò il giovanotto che era venuto con lui al bar. "Spero che lei abbia una buona memoria. Descriva nei minimi dettagli la ragazza al mio collaboratore, abbiamo bisogno di un identikit".
 
***
 
Mercoledì 18 ottobre - Ore 11
"Noi siamo portati a credere che anche Roberto Giannella sia stato ucciso e che l'omicidio sia strettamente collegato a quello di Marco Romano. Riteniamo, inoltre, che questa ragazza - e battè l'indice sull'identikit - sia tra i responsabili di entrambi i delitti. "L'ha mai vista, signor Romano?".
"No, questo volto non mi dice niente".
Giacomo Romano passò l'identikit a Francesco Golia: "Mai vista prima".
Gianni Como, anche lui convocato nell'ufficio di Noce, guardò attentamente la ricostruzione del volto fatta dal disegnatore della polizia e scosse la testa: "Mi piacerebbe aver conosciuto una così, ma purtroppo non mi è mai capitato".
"Signor Golia, faccia vedere l'identikit allo staff della squadra e agli altri giocatori. E lei, signor Romano, lo mostri a tutti coloro che lavorano nella sua fabbrica. Non si sa mai".
L'identikit della ragazza fu inviato ai media e trasmesso a tutte le questure e agli aeroporti. Noce incrociò le dita: "Speriamo che non sia troppo tardi".

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