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Dalla sesta alla nona puntata

  Pubblicato il 07 Ott 2018  11:13
Venerdì 31 agosto
 
Puntualissimo. Guido Celli si presentò al commissariato di Busto alle 10 precise. "Non mi sembra proprio il tipo da spaccare la testa a qualcuno con una chiave inglese", pensò Francese quando Arnò fece accomodare nell'ufficio del commissario l'uomo che Pietro Iodice avrebbe dovuto incontrare a Bergamo.
Finalmente avevano aggiustato il condizionatore, ma fuori c'erano 34 gradi e l'umidità sfiorava il 75%. Per giunta Celli era giunto in macchina a Busto, ma il caldo sembrava non avere alcun effetto su di lui. Camicia azzurra e cravatta blu erano tuttora in perfetto ordine sotto il completo beige chiaro. I capelli bianchi, tagliati cortissimi, risaltavano sul volto abbronzato e contribuivano, assieme alla perfetta rasatura e alle mani curatissime, a dare di Celli l'impressione di un uomo ordinato e preciso. "No, non ce lo vedo proprio uno così spingere un camper verso il burrone in uno spiazzale polveroso",  aggiunse ai suoi pensieri Francese assieme a  "Questo qui non può che essere un ingegnere o un avvocato".
"Sono un allenatore di pallanuoto", precisò Celli. Lavoro per una società di Bergamo e mi occupo prevalentemente del settore giovanile. Conoscevo Pietro Iodice da circa quarant'anni, siamo stati avversari tantissime volte in acqua. Amici lo siamo diventati soltanto da poco, da quando abbiamo diviso la camera agli Europei Master di Berlino del 2015".
"Quando è venuto a conoscenza dell'omicidio di Iodice?", chiese Arnò.
"Soltanto ieri. Caschi il mondo, ogni anno mia moglie ed io il 10 agosto lasciamo Bergamo e ci rifugiamo a Bossico, in montagna, dove abbiamo una casetta. Ci isoliamo dal mondo: niente cellulare, niente televisione, niente giornali. Soltanto al rientro in città ho saputo che Pietro era stato ucciso e mi sono messo immediatamente in contatto con voi".
"Come mai lo ha fatto?".
"Ho pensato che le informazioni in mio possesso potessero esservi utili. Il 5 agosto Pietro mi ha telefonato e mi ha detto che aveva intenzione di venirmi a trovare. Inizialmente non ha precisato il giorno, gli ho risposto che ero felicissimo di vederlo, ma quando mi ha detto che sarebbe arrivato negli ultimi dieci giorni di agosto gli ho detto che per me era impossibile. Vede, commissario, la nostra vacanza a Bossico è come un rito, e desideriamo celebrarlo da soli. Non vogliamo nessuno tra i piedi, neanche i nostri figli. Quindi mi sono inventato una scusa, ho detto a Iodice che il 10 agosto saremmo partiti per una vacanza in Canada e...".
Celli improvvisamente si rabbuiò. "Cosa c'è?", chiese Arnò.
"Se non gli avessi detto quella bugia, se gli avessi permesso di venirci a trovare a Bossico, Pietro oggi forse sarebbe ancora vivo".
Sembrava sincero. Ma Arnò e Francese nella loro carriera avevano incontrato tanti delinquenti degni di una nomination all'Oscar, maestri di recitazione oltre che protagonisti di feroci delitti.
Sincero o bugiardo che fosse, da Guido Celli i due investigatori non pretendevano certo di ottenere un "Sono stato io ad ammazzare Pietro Iodice". Speravano soltanto che Celli togliesse l'ultimo punto interrogativo dal viaggio-amarcord del gioielliere dando un nome alla persona che Iodice avrebbe dovuto incontrare a Busto Arsizio, e invece arrivò un altro "Mi spiace, ma non posso esservi d'aiuto. Pietro ed io non avevamo amici in comune a Busto, e neppure in tutta la Lombardia".
 
***
 
Era giunto il momento di fare il punto della situazione. Al summit nell'ufficio di Arnò prese parte anche il procuratore Rossi: "Non vi sembra strano che Iodice abbia avvisato Celli della sua intenzione di andarlo a trovare? Con tutti gli altri amici si è comportato diversamente".
"Può darsi - obiettò Arnò - che abbia avvertito del suo arrivo anche il fantomatico amico di Busto, anche se dal tabulato del suo cellulare non risulta alcuna chiamata in Lombardia nel periodo che ci interessa, tranne quella che ha fatto a Celli il 5 agosto".
C'era un'altra domanda, tuttavia, per la quale il procuratore voleva una risposta: "Cosa vi fa pensare che Iodice sia stato assassinato proprio da una delle persone che avrebbe dovuto incontrare nel viaggio?".
"Nulla - rispose Arnò -, ma abbiamo la sensazione che questa sia la pista giusta".
"C'è qualcuno che possiamo escludere?", chiese Rossi.
"Soltanto Mauro Aletto, l'amico di Sanremo. Quando Iodice è stato ucciso era in Marocco e non si è mosso da lì. Abbiamo controllato. E poi Francesco Buccia, ovviamente. Tutti gli altri - aggiunse Francese - non hanno un alibi".
"E nemmeno un movente, se è per questo", sottolineò Rossi. Ma ammettiamo che abbiate ragione, che sia stato uno dei suoi amici ad ammazzare Iodice. Se è andata effettivamente così, non credo che il delitto sia stato premeditato: durante il viaggio deve essere accaduto qualcosa che ha spinto questa persona ad ucciderlo".
"Certo, ma potrebbe esserci anche un'altra ipotesi - disse Arnò -: una di queste persone, per un motivo che ignoriamo e che probabilmente era sconosciuto allo stesso Iodice, detestava il gioielliere. Un odio latente, riemerso prepotentemente quando è avvenuto l'incontro".
"E l'omicidio di Buccia?".
Stavolta fu Francese a rispondere: "Se ne sta occupando il collega Sautto, ma siamo in costante contatto con lui. Sautto è convinto che ci sia un collegamento tra i due omicidi e che Buccia sia stato ucciso perchè ricattava l'assassino di Iodice, ma noi la pensiamo diversamente: tra i due delitti è passato troppo poco tempo, la storia del ricatto non può stare in piedi".
"Soprattutto - aggiunse Arnò - non si vede come Buccia possa aver scoperto chi ha ucciso Iodice".
 
***
 
"Hai presente le ultime parole famose? Non appena l'ho detto è suonato il mio cellulare, era Sautto da Salerno e mi ha fatto fare una figura di merda in viva voce: "Buccia è stato a Busto. Maria Fiorito, la sua commessa, nel prendere le sue cose dal negozio di articoli sportivi ha trovato in un cassetto la ricevuta di un biglietto del treno, quello relativo al viaggio di ritorno. La data è sabato 25 agosto, il giorno dopo l'assassinio di Iodice. Buccia ha preso il primo treno disponibile, quello delle 6,04: evidentemente aveva una fretta dannata di ritornare a casa. So cosa state per dirmi: come mai i miei uomini non hanno trovato la ricevuta del biglietto durante il sopralluogo al negozio? Non lo so. Una sola cosa è certa: stanno per ricevere una solenne cazziata".
"E adesso?", chiese Silvia. Quella sera aveva fatto la parmigiana di melenzane, che era al primo posto dei piatti preferiti da Arno. Prima di fare il bis rispose: "Adesso per prima cosa dobbiamo appurare quando Buccia è partito per Busto Arsizio, la ricevuta del viaggio d'andata non è stata trovata. Poi dobbiamo accertare quali sono stati i suoi spostamenti a Busto: intanto possiamo ipotizzare che si sia visto con Iodice e che abbia alloggiato nel suo camper. Ciò nonostante contatteremo tutti gli alberghi e i bed & breakfast della Lombardia, sperando in un colpo di fortuna. Finora non è che la Dea Bendata ci abbia dato una mano".
"Ma tu che idea ti sei fatto finora?", chiese Silvia mettendogli  davanti una porzione del suo tiramisù che aveva riscosso notevoli consensi in commissariato il 27 aprile, il giorno del compleanno di Arnò.
"Se credi che il tiramisu possa bastare per ottenere questo tipo di informazioni, assolutamente riservate, sei completamente fuori strada. Occorre ben altro".
Silvia sorrise, si avvicino ad Arnò, lo prese per mano e lo condusse verso il divano del soggiorno.
"E il tiramisu?", chiese il commissario.
"Quello può aspettare".
 
***

Che idea si era fatto Arnò sul caso Iodice? Il commissario la comunicò al questore: si era fatto vivo per sapere se c'erano novità. "Siamo orientati a ritenere che l'assassino del gioielliere napoletano sia una delle persone che ha incontrato o che avrebbe dovuto incontrare nel suo viaggio. E siamo dell'idea che abbia ammazzato anche Francesco Buccia, il commerciante salernitano ucciso nella sua abitazione. Il movente dell'omicidio di Iodice non è ancora noto, quello dell'assassino di Buccia crediamo sia il ricatto".
"Cosa glielo fa supporre?", chiese il questore.
"Buccia ha raggiunto Iodice a Busto e il 24 agosto forse ha assistito al delitto. Molto probabilmente conosceva il nome dell'assassino e, dopo essere rientrato in fretta e furia a Salerno, ha cominciato a ricattarlo. Chi lo ha ucciso non ha perso tempo: è andato a Salerno qualche giorno dopo e lo ha ucciso. Crediamo che i contatti tra i due siano avvenuti via mail: l'assassino, infatti, ha fatto sparire il portatile della vittima. Attendiamo notizie dalla polizia postale, ma dubito che potremo avere informazioni tali da condurci al nome dell'assassino".
Anche un altro nome mancava nella lista degli investigatori: quello dell'amico che Iodice avrebbe dovuto incontrare a Busto Arsizio. Era lui l'assassino? Era stato Giulio Rossi, il logorroico professore di storia, a rivelare a Francese tra un fiume di parole e l'altro che anche a Busto Iodice avrebbe dovuto vedersi con qualcuno. Perciò, a suo rischio e pericolo, il vice commissario lo contattò telefonicamente chiedendogli: "Ci pensi bene, professore: è sicuro che Iodice non le abbia detto altro su questa persona?".
"No, mi sembra proprio di no. Piuttosto, dott. Francese, lei si è deciso a fare questa benedetta crociera? Guardi che settembre è il mese migliore: i prezzi calano notevolmente e sulle navi si fanno gli incontri più interessanti. Le statistiche dicono che settembre è il mese con la maggior partecipazione di donne single, quindi cosa aspetta a prenotare?".
Francese non aveva mai avuto grande simpatia per i natanti: soffriva di mal di mare. E fece un errore imperdonabile: lo rivelò a Rossi nella speranza che il professore la smettesse di fargli perdere tempo con la sua fissazione per le crociere. "Ma quale mal di mare? Non sono navi comuni, sono transatlantici! Durante la navigazione non si sente il benchè minimo rollio, a meno che - caro Francese - lei non decida di portarsi in camera una bella crocierista, non so se mi spiego. Anche le donne che fanno parte dell'equipaggio sono molto carine, ovviamente, ma purtroppo non si lasciano abbordare. Avere incontri ravvicinati con i clienti è severamente vietato dal regolamento. Rischiano il posto".
Francese, ormai allo stremo, fu tentato di rivelare a Rossi - pur di farlo tacere - che lui era già impegnato sentimentalmente. Una relazione con un ispettore della Polizia Scientifica di Busto, Eliana Croce, conosciuta tre mesi addietro nel corso di un'indagine. Intanto un nuova ondata di informazioni non richieste passo dal Nokia del professore al Samsung del vice commissario: "Le consiglio di prendere la cabina con il balconcino: costa un po' di più ma è un ottimo investimento se si decide di andare in crociera per fare nuovi incontri, soprattutto se l'altra persona il balcone in cabina non ce l'ha. La vista che lei potrà offrirle dal suo balconcino sarà, per rimanere in tema con la sua professione, il passepartout per il suo cuore. Mi raccomando, però, di scegliere la serata adatta, quando cioè la nave è ferma in porto. Durante la navigazione dal balconcino non si vede assolutamente nulla, soprattutto se la notte non è stellata. E comunque...".
Rossi s'interruppe di botto. Incredulo, Francese chiese: "Professore, cosa è successo? Si sente poco bene?".
"No, sto benissimo, grazie. E' che improvvisamente, parlando di balconi, mi è venuto alla mente un particolare che potrebbe essere importante. Deve sapere che io fumo il sigaro, ma mia moglie non sopporta l'odore e in casa non mi fa fumare. Quando Iodice è venuto a Roma, una sera ci siamo intrattenuti dopo cena sul balcone del mio studio e mi ha detto: "A Busto, se va come dico io, conto di rimanere almeno una settimana a spassarmela". E, facendomi l'occhiolino, ha aggiunto: "Per scaramanzia non ti dico altro". Può esserle utile, dott. Francese?".
"Certo che sì, pezzo di animale - gli avrebbe voluto dire il vice commissario -: quando sono venuto da te a Roma mi hai fatto due coglioni così con le tue stramaledette crociere e ti sei dimenticato di dirmi la cosa più importante".
Invece Francese ringraziò Rossi, troncò immediatamente la telefonata e si precipitò nell'ufficio di Arnò: "E' una donna la persona che Iodice ha incontrato a Busto! E scommetto che è sposata. Ecco perchè non si è fatta viva con noi".
Francese riferì ad Arnò il colloquio telefonico con Rossi. "Quindi - aggiunse il commissario - ad ammazzare Iodice potrebbe essere stato il marito di questa donna".
"A meno che - disse Francese - Rossi non mi abbia detto una fesseria per sviare le indagini".
"In questo caso sarebbe lui l'assassino. Ma non è una ipotesi che mi convince: per quello che mi hai raccontato, mi sono fatto l'idea che Rossi sia soltanto un innocuo professore di storia".
"Innocuo un cazzo! - obiettò il vice commissario -: quello ti ammazza con le parole!".
 
***

L'altro Rossi, il procuratore, fu messo immediatamente a conoscenza degli ultimi sviluppi, O meglio, Arnò ci provò  tra una... schiacciata e l'altra.
"Parla più forte, Arnò, qui c'è casino: sono al Palayamamay a seguire una partita di pallavolo di mia figlia ("Cazzo, mi dovevi chiamare proprio adesso che siamo al tie-break?").
"Stavo dicendo - urlò il commissario al microfono del suo Nokia - che abbiamo trovato una pista interessante: è molto probabile che sia una donna sposata la persona che Iodice ha incontrato a Busto".
"Una donna, hai detto?".
"Si, ma se vuoi ti richiamo tra un po', quando finisce la partita".
"No, ti richiamo io. Dammi soltanto due minuti, manca pochissimo al termine".
Ne trascorsero dieci: "Scusami, ma il tie-break si è protratto all'infinito".
"Come è andata?".
"Abbiamo vinto 22-20, partita bellissima, mia figlia ha fatto una dozzina di punti. Ma torniamo a noi: mi stavi dicendo che potrebbe esserci di mezzo una donna".
"E forse anche un marito fin troppo geloso".
Arnò riferì a Rossi le conclusioni alle quali erano giunti: "Per il momento si tratta solo di deduzioni, ma forse è andata proprio così".
"E allora bisogna trovare immediatamente quella donna", fu l'inutile suggerimento del procuratore. Meno ovvia la successiva considerazione: "Se è questa la pista giusta, è probabile che l'incontro con questa donna sia stato il motivo principale del viaggio di Iodice. Tutte le altre tappe hanno fatto soltanto da contorno. C'è tuttavia una cosa che mi lascia perplesso: se Iodice si è visto con questa donna, perchè ha telefonato a Buccia e gli ha detto di raggiungerlo a Busto?".
 
***

"Te lo dico io perchè... Dall'autopsia risulta che Buccia faceva costantemente uso di droga - spiegò Sautto ad Arnò -. Quindi non è da escludere che Iodice gli abbia chiesto di portare un po' di roba a Busto".
"Si, potrebbe anche essere. Inoltre la necessità di doversi rifornire continuamente di droga può avere spinto Francesco Buccia a ricattare l'assassino. C'è qualche altra cosa d'interessante che risulta dall'autopsia di Buccia?".
"Nulla che non sapessimo già - rispose Sautto -: Buccia è stato ucciso il 26 o il 27 agosto, il ritrovamento del cadavere con tre-quattro giorni di ritardo ha impedito un'individuazione precisa della data della morte. Ma se ipotizziamo che Buccia è stato ucciso perchè ricattava l'assassino, è piuttosto improbabile che il delitto sia avvenuto il 26 agosto, cioè il giorno successivo al rientro del commerciante a Salerno".

***

"E allora?
"Allora questa vicenda sta diventando sempre più complessa ogni giorno che passa. Ma non sono venuto qui per parlare di lavoro, cosa hai preparato di buono?".
Cena Francese-Croce nell'appartamento dell'ispettore della Scientifica. "Te lo chiedo perchè ho una fame arretrata, sono giorni e giorni che Arnò ed io andiamo avanti a furia di panini e tramezzini".
"Sei il solito cafone - ribattè Eliana -: pensi soltanto a ingozzarti e non hai notato la novità".
"La minigonna che hai messo? Bella, non vedo l'ora di togliertela".
"Più su, guarda più su Giuseppe. Possibile che non vedi nulla di insolito?".
Francese si avvicino alla compagna, le accarezzò i lunghi capelli castani e si concentrò sul volto della 38enne poliziotta: "Il tuo delizioso naso c'è ancora, la fossetta sul mento pure, i fari che hai al posto degli occhi sono sempre là. E sul tuo collo che non vedo l'ora di baciare c'è il solito profumo che mi fa impazzire".
"Bel poliziotto che sei! Un vero e proprio segugio! Non hai visto che non porto più gli occhiali?".
"Le lenti a contatto... hai messo le lenti a contatto...".
"Risposta esatta, ma giunta con notevole ritardo. Pertanto, devi pagare la penale: raccontami per filo e per segno a che punto sono le indagini sull'omicidio di Iodice, altrimenti qui non si mangia".
Curiosità di poliziotta che Francese soddisfò con una breve ma dettagliata sintesi. "E adesso andiamo a tavola, ho bisogno di carburante per quello che ho intenzione di farti dopo".
 
***

Martedì 4 settembre
Silvia Borrelli si svegliava tutte le mattine alle 6,30. Fatta eccezione per la domenica e il giovedì,  che aveva scelto come giorno di riposo. La compagna di Arnò insegnava lettere in un istituto privato di Busto e almeno tre giorni la settimana accompagnava il suono della sveglia con una supplica del tipo "Ti prego, Arnò, vacci tu a scuola al posto mio. Tanto è lo stesso: qualsiasi cosa tu dica a quegli asini che si spacciano per studenti, gli entra da un orecchio ed esce dall'altro".
Quella mattina, tuttavia, la preghiera di Silvia cadde nel vuoto. Il destinatario non c'era. "Arnò, dove sei finito?".
Nessuna risposta.
Lo trovò seduto al tavolo della cucina. "Sono qui dalle 4, mi sono svegliato improvvisamente, ho cominciato a pensare e non sono più riuscito a riprendere sonno".
"E' la coscienza sporca", commentò Silvia sorridendo.
"No, è questo maledetto caso".
"Sentiamo, cosa c'è adesso?". Dopo aver messo la moka sul fuoco, Silvia si accomodò di fronte al commissario. Non c'era altro da preparare, a colazione prendevano soltanto il caffè, nero e senza zucchero per entrambi.
"C'è che qualcosa non quadra. Ci siamo fatti l'idea che Francesco Buccia abbia raggiunto Iodice a Busto in seguito ad una telefonata del gioielliere. Ma questa chiamata non risulta da nessuna parte, nemmeno sul tabulato del telefono del negozio di articoli sportivi di Buccia. E allora come hanno fatto a mettersi in contatto, con un piccione viaggiatore?".
"Può darsi - suggerì Silvia - che Iodice l'abbia chiamato dal telefono di qualche  albergo. E poi non è detto che abbia telefonato da Busto".
Arnò sorseggiò il caffè, era bollente. "Non so tu, ma io non ho la bocca d'amianto. Mi vuoi avvisare che scotta? E comunque ci abbiamo pensato anche noi, ma nè al cellulare di Buccia nè al telefono del negozio risultano chiamate provenienti da città che non fossero della Campania".
Era capitato più di una volta, durante le indagini di Arnò, che la sua compagna con felici intuizioni indirizzasse il commissario sulla strada giusta. "Può darsi che il cellulare di Iodice fosse scarico o che l'avesse dimenticato da qualche parte, e quindi si è fatto prestare il telefonino da qualcuno".
"Sei un genio!". Arnò balzò di scatto in piedi senza terminare il caffè, diede un bacio sulla fronte a Silvia e salì di corsa la scala a chiocciola che portava al piano di sopra dell'appartamento. Si lavò e si vestì a tempo di record e, dopo aver baciato nuovamente la sua compagna, raggiunse di corsa la sua Golf parcheggiata a trecento metri dall'abitazione. "Cazzo, le chiavi!".
"Eccole!", disse Silvia mostrando il mazzo di chiavi sulla porta di casa quando il commissario tornò, tutto trafelato. "Da quando siamo a Busto sarà almeno la decima volta che succede. Ma dove hai la testa?". E con rapida mossa anticipò il tentativo di Arnò di afferrare le chiavi mettendole nel taschino della vestaglia. "Te le darò soltanto se mi dici a quali conclusioni sei arrivato".
"Dai, Silvia, che ho fretta...". Poi, rassegnandosi al fatto che non l'avrebbe spuntata, vuotò il sacco: "Se Iodice si è fatto prestare un cellulare per telefonare a Buccia, può darsi che appartenga alla donna che stiamo cercando".
 
***
 
Martedì 4 settembre - Ore 12
"Lei conosce Pietro Iodice?".
"Mai sentito nominare. Chi sarebbe?".
"E' l'uomo che è stato ucciso dieci giorni fa sulla statale 336, a pochi chilometri da Busto".
"Si, ora ricordo, ne hanno parlato i giornali. Ma io cosa c'entro?". Senza attendere la risposta di Arnò, la donna che era seduta di fronte a lui nell'ufficio del commissario prese il cellulare e cominciò a smanettare.
"Cosa sta facendo, signora Borrino?".
"Sto chiamando il mio avvocato. Credo sia nel mio diritto, commissario, considerato le domande che mi sta facendo".
"Non c'è bisogno della presenza di alcun avvocato. Lei è qui soltanto come persona informata di fatti".
"Io non sono informata di un bel niente, commissario. E non conosco nessuno che si chiami Paolo Iodice".
"Pietro, signora, e lei sa benissimo che si chiama così".
"Io so soltanto che mi avete fatto venire qui in fretta e furia. E inutilmente, da quello che ho potuto capire. Lo sa, commissario che sono la direttrice di un atelier? Lo sa quanti clienti, per colpa sua, ho perso venendo qui?".
Arnò non era mai stato in un negozio d'alta moda. Ma, occhio e croce, stimò che occorreva almeno metà del suo stipendio mensile per acquistare il completo blu con il quale la donna si era presentata in commissariato.
Occhi scuri, capelli castani a caschetto che incorniciavano un volto più giovane dei suoi 44 anni, Alberta Borrino persisteva nel suo atteggiamento: "Non ho studiato legge, ma penso proprio che lei non abbia alcun motivo per trattenermi qui, commissario. Quindi, se non le dispiace...".
"Se non le dispiace, signora Borrino, stia tranquilla e risponda alle mie domande: "Lei conosce un certo Francesco Buccia?".
"No, è la prima volta che sento questo nome. Per caso è stato ammazzato pure lui?".
"Esatto. E' stato ucciso a fine agosto a Salerno e dal tabulato delle telefonate risulta che lei, signora Borrino, il 20 agosto ha telefonato a Buccia con il suo cellulare. E precisamente alle 11,24".
"Impossibile, deve trattarsi di un errore".
"Abbiamo controllato attentamente, nessun errore. Lei ha telefonato il 20 agosto ad un uomo che pochi giorni dopo è stato ucciso".
"Che stupida, adesso ricordo! Gli ho telefonato per chiedergli se era possibile cambiare un costume che avevo acquistato nel suo negozio di articoli sportivi. Agli inizi di agosto sono stata in vacanza sulla costiera amalfitana".
"Come fa a sapere che Buccia era il titolare di un negozio di articoli sportivi? Io non glie l'ho detto".
Evidentemente Alberta Borrino possedeva un invidiabile sangue freddo. Continuò a rispondere con la medesima sicurezza che aveva accompagnato i primi minuti del colloquio. "Lei non l'ha detto, ma era su tutti i giornali".
"Tuttavia, poco fa lei mi ha detto testualmente "Per caso è stato ammazzato pure lui?". Vuol prendermi in giro, forse?".
Alberta Borrino sorrise amabilmente: "Non mi permetterei mai, signor commissario. In un primo momento non mi ero ricordata del delitto, poi mi è venuto in mente. Anche dell'omicidio di Buccia si è scritto e parlato molto".
"D'accordo. Parliamo allora di questa vacanza sulla costiera amalfitana. C'era anche suo marito con lei?".
"Si, ma non vedo cosa...".
"L'acquisto del costume, signora. Ho bisogno che qualcuno confermi che effettivamente è avvenuto. Non le dispiace, vero, se chiamo suo marito?".
Alberta Borrino perse in un sol colpo tutta la sua sicurezza. Lo sguardo che per tutto il colloquio era rimasto spavaldamente fisso negli occhi del commissario, volteggiò smarrito nella stanza come se la donna fosse alla ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi. Alla fine giunse la resa, come Arnò aveva previsto: "Vi dirò tutto. A patto che mio marito non venga a sapere nulla di questa storia".
"Purtroppo non posso prometterlo. Ma le posso assicurare che convocherò immediatamente suo marito in commissariato se lei non ci dirà tutto quello che sa".
"D'accordo. Ho conosciuto Iodice l'anno scorso ad una partita di pallanuoto Master a Busto. Anche mio marito gioca. E' nata tra noi subito una certa simpatia e Pietro la mattina dopo è venuto nel mio atelier. Non so cosa mi abbia preso, fatto sta che abbiamo cominciato a baciarci nel mio ufficio e la cosa è proseguita la sera stessa a casa mia. Mio marito non c'era, era partito, per motivi di lavoro è spesso in viaggio. Il giorno successivo Pietro è andato via e non ci siamo più visti nè sentiti. Poi, a fine luglio, ci sono stati i campionati italiani Master e ho accompagnato mio marito a Napoli. Alla piscina Scandone ho rivisto Pietro e nuovamente è scattato quel qualcosa che mi ha impedito di dire no quando lui mi ha proposto di rivederci. Ci siamo dati appuntamento per il 18 agosto: mio marito sarebbe partito il giorno prima per un torneo Master in Liguria, avevamo quattro giorni a disposizione per stare insieme e i primi tre praticamente li abbiamo trascorsi a fare l'amore nel suo camper. Meno male che c'era l'aria condizionata!".
Un sorriso fece una brevissima apparizione sul volto di Arnò ("E bravo Iodice! Anche stavolta se l'è spassata senza spendere un euro) prima di affrontare l'argomento che gli stava più a cuore: "Mi dica adesso di Buccia".
"Non so perchè Iodice lo abbia fatto venire a Busto. E' stato Pietro a chiamarlo con il mio cellulare, mi ha detto che il suo aveva esaurito il credito. Non ho assistito alla telefonata, non so cosa si siano detti, fatto sta che il giorno dopo Buccia è piombato a Busto e ha preso alloggio nel camper. Da quel momento Pietro ed io ci siamo visti esclusivamente a casa mia".
"Suo marito quando è rientrato dalla Liguria?".
"Il 22 agosto, in tarda serata".
"Come le è sembrato?".
"Sereno, come al solito. Mio marito è un uomo molto tranquillo, anche troppo. Forse è per questo che sono stata attratta da Iodice: Pietro era l'esatto contrario. Con lui non ci si annoiava mai".
"Suo marito non ha mai avuto qualche sospetto?".
Alberta scoppio in una fragorosa risata: "Guardi, se pensa che possa essere stato lui ad ammazzare Iodice, le dico subito che è sulla cattiva strada. In sedici anni di matrimonio non gli ho mai visto alzare le mani su qualcuno, è la bontà fatta persona, va d'accordo con tutti".
"Iodice, nei giorni precedenti il delitto, le è sembrato preoccupato per qualcosa?".
"No, l'unico suo pensiero era divertirsi quanto più è possibile, compatibilmente con la sua avarizia. Ci creda o no, in quattro giorni non mi ha invitato una sola volta a pranzo o a cena, ma a lui bastava anche una semplice passeggiata sul lungomare per far divertire una donna".
"Che le risulta, faceva uso di stupefacenti?".
"Abitualmente non credo, la droga costa. L'ultima sera che siamo stati insieme a casa mia, il 21 giugno, mentre eravamo a letto ha tirato fuori una bustina di cocaina e mi ha inviato a consumarla assieme a lui. Ma ho rifiutato, quella roba mi fa schifo".
"Può essere stato Francesco Buccia a procurargliela?".
"Non lo so, può darsi. Forse è proprio per questo motivo che lo ha fatto salire a Busto".
"Ma lei che idea si è fatta sull'omicidio di Iodice?".
"Nessuna, commissario. Per me, oltre che un brutto colpo, la notizia del suo assassinio è stata una sorpresa. Non so davvero chi possa essere stato, sicuramente mio marito no. Mi creda, non lo dico solo per mio tornaconto, ma interrogarlo sulla morte di Iodice è fatica sprecata".
 
***
 
Martedì 4 settembre - Ore 18,30
Vittorio Messina, il marito di Alberta Borrino, mostrò subito grande stupore per la convocazione in commissariato: "Ma con tutti i pallanuotisti Master che Iodice frequentava, perchè vi siete rivolti proprio a me? A stento lo conoscevo".
"Perchè lei è di Busto Arsizio, e Iodice è stato ucciso da queste parti".
"Si, ma io non sono l'unico pallanuotista Master di Busto...".
"Infatti ascolteremo anche gli altri", assicurò Arnò.
"D'accordo. Mi dica in che modo posso esserle utile, commissario".
Altezza media, capelli completamente bianchi nonostante i suoi 59 anni, Vittorio Messina corrispondeva perfettamente alla descrizione fatta dalla moglie: per tutta la durata del colloquio non esternò il minimo accenno di insofferenza benchè, per rispondere alla convocazione in commissariato, fosse stato costretto ad assentarsi dalla sua agenzia di viaggi.
"Cosa mi può dire di Pietro Iodice?".
"Ci siamo visti in vari tornei, ma non ci siamo mai affrontati in acqua: nella pallanuoto Master ci sono varie categorie, lui era un Over 60, io un Over 50, anche se non per molto ancora. Le ripeto, lo conoscevo soltanto di vista e di fama e, per quello che so, nell'ambiente era più noto per la sua tirchieria che per la sua bravura. Eppure, mi corregga se sbaglio, era un gioielliere. Quindi non doveva passarsela male".
"Da quello che ci risulta, Iodice non ha preso parte al torneo Master di Genova di metà luglio. Conosce il motivo?".
"Dovrebbe chiederlo ai suoi compagni di squadra, loro erano presenti. Però la sua assenza non mi sorprende: la tassa d'iscrizione al torneo di Genova è molto alta. E ci sono ben tre giorni di pernottamento".
"Il torneo si è concluso il 22 giugno, l'omicidio è avvenuto due giorni dopo. In questi due giorni, che lei sappia, Iodice si è allenato nella piscina di Busto?".
"Non lo so. Io sono rientrato il 22 sera e il 23 e il 24 sono stato tutto il giorno in agenzia. Piuttosto, mi tolga lei una curiosità se può: cosa ci faceva in quei giorni Iodice  a Busto?".
 
***
 
Adesso la Polizia sapeva che:
- Era Alberta Borrino il principale motivo del viaggio di Pietro Iodice.
- Vittorio Messina, suo marito, al momento era l'unico ad avere un motivo valido per uccidere il gioielliere napoletano.
 
Le indagini, quindi, per il momento non potevano che procedere in un'unica direzione, quella che portava a Vittorio Messina. Arnò e Francese si misero al lavoro per dare una risposta a questa domanda: dov'era Messina quando erano stati uccisi Iodice e Buccia?
La tecnologia stavolta non poteva essere d'aiuto agli inquirenti: Messina possedeva un vecchio Nokia 130, costo 31 euro: se era lui l'assassino, poteva aver commesso i delitti anche con il cellulare in funzione. Le possibilità di risalire ai suoi spostamenti grazie al Nokia erano inesistenti.
Arnò, perciò, convocò nuovamente in commissariato Alberta Borrino, e stavolta l'amante di Iodice non diede alcun segnale d'insofferenza. Al contrario, esternò subito la sua riconoscenza al commissario: "Mi è bastato guardare negli occhi mio marito per capire che lei non gli ha detto nulla della mia relazione con Iodice. Le sono molto grata e sento il dovere di sdebitarmi: "Mi permetta di fare un bel regalo a sua moglie o alla sua fidanzata, vedo che lei non porta la fede. Il mio atelier è a sua disposizione".
 
"E tu cosa hai risposto?", chiese quella sera Silvia, la compagna del commissario.
"Gli ho detto che sono gay, niente regalo".
Silvia fece finta di incazzarsi: "Ma dico io, tra tutti i commissari di questo mondo l'unico integerrimo e incorruttibile dovevo beccarmelo proprio io?".
"Non è una questione di onestà, ma di gusti: che me ne faccio di un abito di alta moda? Io ti preferisco svestita".

 
"E comunque non posso assicurarle che continuerò a mantenere il silenzio con suo marito. Dipenderà anche da lei".
"In che modo?", chiese Alberta Borrino.
"Suo marito è l'unico in possesso di un movente per entrambi gli omicidi. Abbiamo bisogno di sapere dove si trovava quando sono stati uccisi Iodice e Buccia. Lei è in grado di fornirgli un alibi?".
"Per la sera in cui è stato ucciso Iodice, no. Il 24 agosto sono andata a giocare a carte a casa di un'amica e ci sono rimasta fino a mezzanotte passata. Quando sono rientrata lui dormiva. Mi aveva detto che quella sera sarebbe rimasto a casa, ma io non ho alcuna possibilità di dimostrarlo".
"Come mai - chiese Arnò - lei ricorda tutti questi particolari?".
"Perchè ci ho pensato e ripensato, dopo l'uccisione di Pietro. Commissario, io non me la sento di escludere che possa essere stato mio marito".
"Ma come?! Ieri non ha fatto altro che professare la sua innocenza".
"Tutte bugie. Non volevo che lei parlasse con lui. Ma adesso non è più il caso di mentire. Le ho detto che Vittorio è un uomo tranquillo, ed è vero. Ma se fosse venuto a conoscenza della mia relazione con Iodice, temo che sarebbe stato capace di ucciderlo. Mio marito mi ama alla follia".
 
"E tu?", chiese Silvia.
"Io cosa?".
"Se io ti tradissi con qualcuno, lo ammazzeresti".
"Per prima cosa ammazzerei te".
"Non puoi farlo, sei un commissario".
"Proprio per questo lo farei. Sono un commissario molto bravo, ti ammazzerei e farei ricadere la colpa sul tuo amante".

 
"E l'omicidio di Buccia? E' in grado di dirci suo marito dov'era quando è stato ucciso? Noi siamo portati a credere che il delitto sia avvenuto il 26 o il 27 agosto".
"Mi ci faccia pensare...".
"Intanto le vado a prendere qualcosa da bere. Il caffè non glielo consiglio, è quello del distributore".
"Vada per un succo di frutta. Lo prendo volentieri, grazie".
Uscendo dal suo ufficio, Arnò s'imbattè nel suo vice. "E allora?".
"Allora - rispose Francese - se è stato Messina non può aver commesso il delitto il 27 agosto, era lunedì ed è rimasto tutto il giorno nella sua agenzia di viaggi. Accanto c'è un bar, il gestore non ha dubbi: "Lui viene qui almeno tre volte al giorno a prendere il caffè con i clienti. Se lunedì 27 agosto non fosse venuto, ci avrei fatto caso. Ma perchè mi fate queste domande, Messina ha fatto qualcosa?".
"C'è dell'altro?", chiese Arnò.
"Si, tra poco dovrai trovarti un altro vice. Con questo caldo mi sto squagliando".
L'umidità aveva circondato Busto in un abbraccio soffocante. C'era  la fila davanti al distributore di bevande e... "Mi spiace, è rimasto soltanto a pera. Spero vada bene lo stesso".
"Va benissimo, grazie. Il 27 agosto mio marito è rimasto tutto il giorno in ufficio, ne sono certa perchè gli ho telefonato. La chiamata è ancora qui sul display", e mostrò il cellulare al commissario".
"E domenica 26?".
"Vittorio si è svegliato molto presto, mi ha lasciato un messaggio sul letto: "Vado in ufficio, ho un sacco di lavoro arretrato. Non mangio a casa, ci vediamo stasera".
"A che ora è rientrato?".
"Alle 20,30. Quando ha aperto la porta era da poco terminato il Tg1".

"Cosa ti avevo detto? Quella donna non vede l'ora di mandare in carcere il marito, così può spassarsela tranquillamente con i suoi amanti. Se fossi in te, chiamerei nuovamente in commissariato Messina e gli direi tutto sulla relazione tra la moglie e Iodice. Quella donna - sentenziò Silvia - non merita la tua discrezione".
"Se ce ne sarà bisogno, lo farò. Intanto abbiamo controllato il tabulato telefonico dell'agenzia di viaggi. Il 26 agosto non c'è alcuna chiamata, nè in entrata nè in uscita. Ma era domenica, quindi è plausibile che Messina, pur andando in ufficio, non abbia adoperato il telefono fisso. Se invece non c'è andato, in teoria - ma soltanto in teoria - ha avuto il tempo per andare a Salerno ad ammazzare Buccia. Non in aereo, perchè il viaggio risulterebbe, e neppure in treno, perche non ci siamo con i tempi, ma in macchina sì: da Busto a Salerno andata e ritorno sono 1700 chilometri, andando a 170 all'ora sono dieci ore. Soltanto se Messina ha preso l'autostrada, però, e il 26 agosto a nessun casello risulta il transito della sua Volvo. Certo, può aver adoperato un'altra vettura - presa a noleggio o in prestito da qualcuno -, ma io sono portato a credere che quel giorno Messina effettivamente era in agenzia a lavorare. Altrimenti, per poter andare ad ammazzare Buccia con maggiore tempo a disposizione e tranquillità, si sarebbe inventato qualche altra cosa".
"E quindi?", chiese Silvia.
"Ad uccidere Iodice potrebbe essere stato lui, ma non credo proprio che abbia ammazzato anche Buccia".
 
 

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