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Waterpolo People

Dalla sesta alla decima puntata

  Pubblicato il 19 Apr 2119  19:19
Giovedì 11 marzo - Ore 14,30
Noce e Riccio impiegarono tutto il pomeriggio di mercoledì 10 marzo e tutta la mattina di giovedì 11 nella ricerca della ditta che aveva venduto al signor Gray il materiale d'isolamento acustico necessario per insonorizzare l’appartamento dove teneva prigioniera Estelle Lavan.
In Campania le ditte specializzate erano 49.
A tutte fu inviato l’identikit dell’uomo, nessuna rispose positivamente.
“E allora – disse sconsolato Riccio – vuol dire che ha rinunciato a insonorizzare l’appartamento. Siamo punto e daccapo”.
Donatella Dell’Angelo fece capolino nell’ufficio di Noce: “Ha un minuto per me, commissario?”.
“Dì pure. Hai scoperto qualcosa d’importante?”.
Il caso dell’uomo sepolto nella piscina Scandone era al primo posto nell’ordine di gradimento della iena. Volentieri avrebbe mandato a farsi fottere il signor Gray per occuparsi in prima persona di quello che “in assoluto è il caso più affascinante che mi sia capitato tra le mani”, aveva confessato ad Elio. Ironia della sorte, Donatella Dell’Angelo al contrario considerava il caso Scandone “un’autentica rottura di coglioni”, lamentela che aveva espresso più volte al marito durante le indagini.
Entrambi, se avessero potuto, avrebbero scambiato molto volentieri i casi di rispettiva competenza. Donatella aveva sempre desiderato occuparsi di un caso come quello del signor Gray, per cui – dopo aver informato Noce sugli ultimi sviluppi della vicenda della Scandone – chiese: “E voi a che punto siete?”.
“Nuovamente in alto mare”, rispose Riccio, e brevemente la informò sul fallimento della ricerca effettuata tra le varie ditte campane che lavoravano nel settore dell’isolamento acustico.
“Ma da quello che si è potuto capire in tutta questa vicenda - disse Donatella - questo Gray possiede, oltre a mezzi economici non indifferenti, anche molto tempo a disposizione. Quindi è probabile che si sia rivolto a una ditta di un’altra regione per far perdere le sue tracce”.
Noce e Riccio si guardarono in faccia come per darsi vicendevolmente del cretino. Donatella capì che era il momento giusto per proporre la sua candidatura: “Se volete, vi do una mano”. E fu proprio lei, dopo una lunga ricerca telefonica, a fare centro. Ed esultando annunciò a Noce e Riccio: “Ci siamo! E’ una ditta di Roma, sta sulla Casilina”.
Erano le 17,44 di venerdì 12 marzo. Alle 21 il signor Gray avrebbe ucciso Estelle Lavan, non c’era tempo per andare a Roma.
Fecero tutto per telefono, in viva voce.
“Io non ho molta fisionomia per le persone”, disse a Donatella Camillo Grossi, il titolare della ditta. “Ma la mia segretaria si. E’ un computer vivente. Lo ha riconosciuto non appena ha visto l’identikit che ci avete inviato. Ma perché lo cercate, cosa ha combinato?”.
Donatella non rispose. “Quando è venuto da voi?”, chiese a Grossi.
“Aspetti che glielo dico, la mia segretaria sta prendendo l’ordine di acquisto. Rimanga in linea”.
“Si, ma faccia presto, signor Grossi, abbiamo premura”.
“Più presto di così… Dunque, è venuto da noi venerdì 15 febbraio. Ha acquistato materiale per l’insonorizzazione di una piccola stanza, 12 metri quadri”.
“Una piccola stanza? Non un appartamento? Ne è sicuro, signor Grossi?”.
“Certo che sì! E’ scritto tutto qui. Ha pagato in contanti, volete anche sapere la cifra?”.
“Non ha importanza. Il tizio ha lasciato gli estremi di un documento?”.
“No, dottoressa, lei sa meglio di me che in questi casi non è necessario. Il nome si, quello lo conosciamo: si chiama Gino Rayard”, evidentemente ha origini straniere”.
Evidentemente vi ha presi per il culo”, pensò Noce.
Altro nome falso, altro anagramma di Dorian Gray.
E a quel punto Donatella pregò tutti i santi di sua conoscenza sperando nella risposta sì alla seguente domanda: “Avete il numero della targa del veicolo sul quale questo Rayard ha caricato il materiale?”.
“Per forza, dottoressa, ci sono gli obblighi di legge. E noi li rispettiamo dalla A alla Z. La targa è CP606WT”.
“Avete controllato se la targa corrispondeva a quella del veicolo?”.
“Certamente. Siamo stati noi stessi, durante il carico della merce, a rilevare il numero della targa e a segnarlo sulla bolla di acquisto”.
“Ricorda per caso di che veicolo si trattava?”.
“No, ma come minimo doveva essere un furgoncino, il materiale che quel tizio ha acquistato era piuttosto voluminoso”.
“Un’ultima domanda, signor Grossi: ci sono telecamere nella sua azienda?”.
“No, mi spiace. Abbiamo un servizio di vigilanza 24 ore su 24: costa un occhio ma ci mette al riparo da qualsiasi brutta sorpresa”.
 
***
 
“Se la targa appartiene a un veicolo rubato, siamo fottuti. Dobbiamo soltanto sperare che il signor Gray l’abbia noleggiato”, disse Riccio. Chiuso nell’ufficio di Noce ormai da 48 di fila (lui e la iena avevano dormito su una branda) non vedeva l’ora di mettere le mani sul signor Gray: “Per colpa di questo grandissimo figlio di puttana sono due giorni che non vedo mia moglie e i miei figli”.
“E io sono due giorni che non faccio un pasto decente”, aggiunse la iena.
Alle 18,07 squillò il telefono. Era la chiamata che aspettavano: “La targa - disse una voce femminile dall’altro capo del filo – appartiene ad un furgoncino Ford intestato all’Europe Car, un’agenzia di viale Augusto a Fuorigrotta”.
“Ma sta a 150 metri da qui!”, esclamò Donatella. “Ha avuto la faccia tosta di noleggiarla sotto il nostro naso!”.
E, senza aggiungere altro, si precipitò fuori dall’ufficio di Noce, accompagnata dalle preghiere di Riccio e della iena.
Tornò venti minuti dopo, erano le 18,27. “Ci siamo! E lui! Ho la foto di quel grandissimo figlio di una troia!”. E piazzò sulla scrivania di Noce la fotocopia della carta d’identità che il signor Gray aveva lasciato all’agenzia”.
Il nome sulla carta d’identità era Ray Gardoni.
“La foto è buona, facciamola ingrandire e mandiamola ovunque”, ordinò la iena.
“Ma così lui la vedrà e ammazzerà la ragazza, obiettò Riccio”.
“Sarà anche un figlio di puttana, ma è di parola - replicò Noce -: non l’ammazzerà prima delle 21. E poi non abbiamo scelta”.
La iena detestava i social. Riteneva Facebook un veicolo diabolico, escogitato da furbi senza scrupoli e frequentato da stupidi, disperati e perdigiorno, ma alle 20,48 di quel venerdì benedisse chi lo aveva inventato quando dal centralino gli passarono questa chiamata: “Mi chiamo Pellone. L’uomo che cercate abita in viale Sant’Ignazio di Loyola 48, ai Camaldoli, in un appartamento di mia proprietà. Ho visto la sua foto su Facebook, è proprio lui, non posso sbagliarmi”.
Mancavano meno di 10 minuti alle 21, “possiamo ancora farcela!”, urlò Noce mentre Donatella Dell’Angelo con il cellulare diede ordine alla volante più vicina di raggiungere al più presto l’abitazione segnalata.
Alle 21,08, mentre Noce, Riccio e la Dell’Angelo erano a bordo di una volante sulla Tangenziale per raggiungere i Camaldoli, arrivò una chiamata: “Sono l’agente Di Meglio. Abbiamo fatto irruzione nell’appartamento, la donna è viva e sta bene. Dell’uomo nessuna traccia”.
Mario Corcione
FINE DELLA DECIMA PUNTATA
(l'undicesima sarà pubblicata martedì 23 aprile)
 
***
 
LA NONA PUNTATA
 
Commissariato di Fuorigrotta - Mercoledì 10 marzo - Ore 13,40
“Vuole un caffè, qualche altra cosa da bere?".
Trasformazione di una iena. Fino a pochi minuti prima non avrebbe voluto vedere l’architetto Cardone nemmeno in fotografia. Ma adesso…
Adesso gli serviva. Doveva portarlo dal signor Gray. E pur di raggiungere in tempo l’uomo che venerdì 12 marzo avrebbe messo la parola fine all’esistenza di Estelle Lavan, Noce aveva rinunciato perfino alle fragaglie di triglia, abbandonate in fretta e furia sul tavolo della trattoria tra lo stupore di Elio.
“Un amaro per digerire? Glielo faccio portare immediatamente dal bar, non faccia complimenti”.
“La ringrazio commissario, sono a posto”.
“E allora mi dica tutto quello che sa su quest’uomo”, disse la iena picchiettando con l’indice sull’identikit del signor Gray.
“Circa un mese fa è venuto nel mio studio. Si è fatto fare un preventivo per l’insonorizzazione di un appartamento”.
“Come fa a ricordare che si tratta proprio di lui?”, chiese Riccio. Non era una domanda buttata lì per caso. Se Cardone aveva riconosciuto il signor Gray da un identikit, e per giunta a distanza di tanto tempo, evidentemente qualcosa in lui lo aveva colpito. E infatti:
"Quell’uomo portava un Rolex Submariner di un certo valore. Io colleziono orologi, sono la mia passione. Il Rolex che aveva al polso costa più di 20mila euro e quando l’ho visto mi sono detto: “Questo è pazzo, circola a Napoli con un orologio del genere”.
“Che altro ci può dire di lui? Ha segni particolari, qualche difetto fisico, tatuaggi?”, incalzò la iena.
“Nulla di tutto questo, o almeno non ci ho fatto caso. E’ abbastanza giovane, sui 35-40 anni, altezza media, corporatura normale. Un bell’uomo, direi”.
Né più né meno di quello che la polizia sapeva già.
“Come mai si è rivolto proprio al suo studio?”.
“Ha visto la nostra locandina pubblicitaria in Metropolitana. E’ un ottimo investimento, sa? Ci ha portato più di un cliente”.
“Le ha detto dove si trova l’appartamento da insonorizzare?”, chiese Riccio
“Ha detto che è al Vomero, ma non ha precisato né l’indirizzo né la zona”.
“Si tratta di un appartamento di nuova o vecchia fabbricazione?”.
“Di fabbricazione recente, e con le pareti di carta sfoglia. Mi ha parlato di vicini rumorosi, di bambini piccoli che piangono durante la notte. E’ per questo che voleva farlo insonorizzare”.
“Ha una copia del preventivo?”, chiese la iena.
“No, mi spiace, l’ho buttata proprio qualche giorno fa. Dopo aver preso il preventivo, il tizio non si è fatto più vivo: forse si è rivolto ad un altro architetto per l'insonorizzazione”.
“Ma nel preventivo – chiese Noce – era indicato anche il materiale da acquistare?”.
“Certamente. E’ una voce che non può essere trascurata. Ma perché me lo chiede?”.
 
***
 
“Stai pensando la stessa cosa che sto pensando io?”, chiese Noce a Riccio non appena ebbero congedato Cardone.
“Si. Il signor Gray è andato dall’architetto soltanto per farsi dare tutte le informazioni necessarie. L’appartamento lo ha insonorizzato lui ed è lì che tiene prigioniera Estelle Lavan. Se sei d’accordo, adesso non ci resta altro che consultare tutti coloro che vendono materiale d'isolamento acustico. E’ roba molto ingombrante, il signor Gray non può averlo portato nell’appartamento senza utilizzare un mezzo di trasporto”.
 
***
 
Mentre l’architetto Cardone usciva dal commissariato di Fuorigrotta, incrociò un ometto con i capelli bianchi. Si salutarono senza conoscersi, e senza sospettare minimamente di avere qualcosa in comune: entrambi avrebbero potuto dare una svolta alle indagini per la scoperta di un assassino.
“Mi chiamo Alfredo De Maggio”, disse l’ometto al piantone. “Vorrei parlare con chi si occupa di questo”, e mostrò al poliziotto la foto della medaglietta con le iniziali “m.m.”.
Donatella Dell’Angelo, che stava prendendo un caffè alla macchinetta automatica del commissariato, pur non sentendo ciò che l’ometto aveva detto al poliziotto, capì subito e si precipitò verso di lui.
“Venga con me”.
L’ufficio di Donatella era accanto a quello del commissario Noce, ma era molto più piccolo. E non possedeva un balcone (la iena ne aveva due) ma soltanto una piccola finestra. Il vice commissario fece accomodare De Maggio e con il sorriso migliore tra tutti quelli in suo possesso lo invitò a dirle ciò che in cuor suo sperava.
“Sono stato io a fare quest’incisione”.
“Quando l’ha fatta, signor De Maggio?”.
“Non prima del 1980. Proprio in quell’anno, infatti, ho abbandonato questo tipo di carattere”.
“Mi scusi se glielo chiedo: come fa a ricordare con precisione che si tratta del 1980?”.
“Perché è l’anno in cui è nata mia figlia Adele. Regalai a mia moglie un braccialetto d’oro con il nome di nostra figlia e, per l'occasione, decisi di cambiare carattere d’incisione. Ne scelsi uno in corsivo, più moderno, e l’ho mantenuto fino a quando non sono andato in pensione”.
Donatella avrebbe voluto mangiarselo di baci. Grazie alla testimonianza di Alfredo De Maggio, il vice commissario aveva potuto ridurre notevolmente il periodo in cui presumibilmente era stato ucciso l’uomo sepolto nella piscina Scandone. Il delitto poteva essere avvenuto dal 1980 al 1983.
Donatella incrociò le dita e sperò in qualcosa di più, in un miracolo. “Lei - chiese a De Maggio - ha un registro con tutte le date dei suoi lavori?”.
L’ometto scosse la testa e con aria contrita, quasi volesse scusarsi, le rispose: “No, mi spiace”.
“E ovviamente non ricorda le persone per le quali ha fatto quest’incisione”, e indicò la fotografia della medaglietta con le iniziali m.m.
“Come potrei? E' passato tanto tempo, ne ho fatte migliaia di queste incisioni”.
“E’ almeno in grado di dirmi se le iniziali appartengono ad una stessa persona o se si tratta dei nomi di battesimo di due fidanzati?”.
“No, purtroppo. Se fosse stata una medaglietta particolare, avrei potuto darle una risposta precisa, ma si tratta di un oggetto assolutamente anonimo e dozzinale. Le posso dire soltanto – ma non  è una certezza, soltanto una deduzione – che probabilmente l’acquirente era giovane e squattrinato: all’epoca questa medaglia costava poche centinaia di lire”.
 
***
 
Giovedì 11 marzo - Ore 10

“Sei diventata una celebrità, Estelle. Sei sulle prime pagine di tutti i quotidiani”. E le gettò accanto una pila di giornali.
“Quindi, pezzo di merda, dovrei pure esserti grata?”.
“Non li ho comprati per questo, ma per aiutarti a far passare il tempo”.
“Che pensiero gentile! Ma di queste attenzioni non so che farmene, io voglio soltanto sapere perché mi tieni qui dentro”.
“Te l’ho già detto, non ricordi? Voglio che tu trascorra assieme a me tutto il resto della tua vita”.
“In questa stanza? Legata a questo termosifone?”.
“No, stai tranquilla, venerdì sera ti libererò. Hai la mia parola d’onore”
.
 
***
 
L'OTTAVA PUNTATA
Il confessore del vice commissario Dell’Angelo non era un prete, faceva il parrucchiere. Walter, il marito di Donatella, ogni sera ascoltava sfoghi e resoconti della moglie.
Un confessore, paziente, attento e misurato nelle risposte e nei suggerimenti, doti che Walter che aveva affinato durante il lavoro ascoltando tutte le clienti che gli passavano per le mani.
Gli sfoghi di Donatella Dell’Angelo avevano sempre lo stesso argomento: Arcangelo Noce, la iena. “Quello stronzo figlio di puttana maschilista continua a tenermi fuori dal caso Dorian Gray. Dice che non ha bisogno di me, e intanto lui e quell’idiota di Riccio non hanno fatto neppure il più piccolo passo avanti. L’assassino li sta manovrando come burattini, si prende gioco di loro e - ne sono convinta - anche stavolta riuscirà a raggiungere indisturbato il suo scopo. Mi spiace soltanto per quella povera ragazza”.
I resoconti della moglie, o meglio del vice commissario Dell’Angelo, riguardavano le indagini in corso e avvenivano quasi sempre a tavola. Cene fredde, spesso comprate in rosticceria: Donatella non aveva tempo per cucinare, Walter non sapeva fare nemmeno un uovo sodo.
“Stamattina ho messo  sui social la foto della medaglietta con le iniziali m.m., ma finora non abbiamo avuto alcun riscontro interessante”, esordì Donatella mentre il marito era già al suo terzo arancino.
“Ma non credi - ribattè Walter - che utilizzare i social possa essere controproducente? Se l’assassino vede la medaglietta, prende il primo aereo per la Nuova Guinea e tanti saluti. Ammesso e non concesso che sia ancora vivo. Dall’omicidio sono trascorsi oltre trent’anni”, sottolineo Walter mentre allungava la mano per agguantare un quarto arancino. Operazione che non andò in porto per l’intervento di Donatella: “Se ne prendi un altro, giuro che ti metto le manette. Sei ingrassato in maniera indecente, o ti metti a dieta o cominci a fare un po’ di sport”.
A Walter non piaceva alcun tipo di disciplina sportiva e non seguiva lo sport nemmeno in televisione. Donatella, quindi, poteva godere della sua attenzione anche dopo cena, sul divano del soggiorno. “Con tutto il casino che hanno fatto i media sulla vicenda della Scandone, l’assassino potrebbe essersi già dileguato da un pezzo. Se poi è già morto, allora sì che è una bella fregatura, praticamente sto lavorando a vuoto. Ecco perché avrei preferito collaborare al caso Dorian Gray: l’assassino non solo è vivo e vegeto, ma in procinto di colpire ancora”.
 
***

Elio Parlato, il confessore di Arcangelo Noce, al contrario di Walter era in crisi d’astinenza da dialogo. Da un giorno e mezzo il commissario non si faceva vivo, mai successo finora. “Ha cambiato trattoria?”, chiese alla iena dopo averlo chiamato sul cellulare.
“Non potrei mai”, rispose Noce. “Vedi, Elio, ognuno nella vita trova un modo per espiare i propri peccati. Io ho scelto quello di rinunciare al mangiare sano e gustoso, quindi continuerò vita natural durante ad essere tuo cliente. Il caso al quale stiamo lavorando, però, oltre al sonno mi sta togliendo anche il tempo di effettuare la mia quotidiana espiazione nella tua trattoria: il qui presente collega Riccio e io stiamo andando avanti a birra e tramezzini”.
“Peccato, perché proprio adesso mi è giunta una cassetta di fragaglie di triglia, con le quali so che lei ama particolarmente espiare i suoi peccati. Pazienza, vorrà dire che dirotterò la sua porzione al tavolo dell’architetto Cardone. E con questo la saluto, commissario”.
Noce usciva pazzo per le fragaglie di triglia e non sopportava Augusto Cardone, suo abituale vicino di tavolo al quale non aveva mai dato eccessiva confidenza nonostante i ripetuti tentativi dell’architetto, fatti abortire sul nascere dalla iena. “Mi sta sulle palle, tutto qui, non c’è un motivo particolare”, rispondeva Noce ogni qualvolta Elio gli domandava il perché della sua antipatia nei confronti di Cardone.
Per la iena rinunciare alle fragaglie di triglia era già di per sè una sofferenza, che però diventava insopportabile al pensiero che Cardone avrebbe fatto il bis con la sua porzione. Perciò propose a Riccio: “Tra poco sono le 13, che ne dici di andare a mangiare un boccone in trattoria? Non perderemo molto tempo, sta a due passi da qui”.
E, senza aspettare la risposta del collega, lasciò la scrivania e si diresse verso la porta.
 
***
 
La porta si spalancò e l’uomo che si era annunciato alla polizia con il nome di Dorian Gray posò il vassoio del pranzo a terra, accanto al calorifero dove la mattina di martedì 9 marzo aveva incatenato Estelle Lavan.
“Proprio come si fa con i cani, vero? Ma qui l’unico animale sei tu”, gli urlò in faccia Estelle con tutto l’odio e la rabbia che aveva in corpo. Indossava la tuta da ginnastica blu scuro che l’uomo le aveva messo dopo averla narcotizzata.
La prigionia e l’incertezza sulla sua sorte non avevano spento l’appetito di Estelle. Consumò avidamente il pasto, bevve fino all’ultimo sorso una lattina di birra e, guardando in tono di sfida il signor Gray, disse: “Non hai nulla di meglio da fare che stare qui? Non ce l’hai un lavoro?
“Non ne ho bisogno. Ho fatto una montagna di soldi con speculazioni ben riuscite”.
“E allora che cazzo vai trovando da me, si può sapere?”.
L’uomo non rispose.
“Se sei così pieno di soldi come dici, perché non ha fatto mettere un bagno qui dentro? Non ti fa schifo portare via questa merda come te?”. E indicò il contenitore che l’uomo le aveva assegnato per i bisogni.
Anche stavolta l’uomo tacque. Prese il vassoio, uscì dalla stanza e lasciò Estelle sola con i suoi pensieri.
 
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“Lo sapevo che non avreste resistito alla tentazione, commissario”, esclamò Elio con un largo sorriso quando vide entrare in trattoria Arcangelo Noce e Antonio Riccio. “Come vede, ho lasciato libero il suo tavolo”.
“Abbiamo poco tempo Elio - tagliò corto la iena -: lascia perdere il primo, portaci direttamente le fragaglie. Porzione doppia per entrambi, ovviamente. E niente vino, minerale gassata: dobbiamo rimanere svegli”.
“Bentornato, commissario”, disse l’architetto Cardone. Alto, dinoccolato, capelli folti e nerissimi nonostante i suoi 62 anni, Augusto Cardone fece l’ennesimo tentativo di attaccare bottone: “Il signore non lo conosco. E’ la prima volta che viene qui da Elio?”, chiese amabilmente a Riccio.
“Sono un collega del commissario Noce. Dice che qui si mangia molto bene e mi ha convinto a fare un’eccezione alla regola: raramente vado in trattoria”, precisò Antonio Riccio.
“E come mai?”, incalzò Cardone.
“Quando mangio al ristorante, mi viene l’abbiocco: col mestiere che facciamo non me lo posso permettere”, rispose con un sorriso Riccio. "E lei cosa fa nella vita?”.
“Sono architetto, ho uno studio non lontano da qui. I miei figli lavorano con me, è la cosa più bella che un uomo possa desiderare nella vita, non crede?”.
“Non glie lo so dire – rispose Riccio -: i miei figli vanno ancora a scuola. In ogni caso, stia pur certo, non faranno i poliziotti. E’ un mestiere che non consiglio a nessuno: tanto lavoro, poche soddisfazioni”.
“Non direi, visti i successi del nostro commissario Noce. Io seguo costantemente tutti i suoi casi sui giornali”, e guardò la iena nella speranza che finalmente gli rivolgesse la parola. Ma l’unica cosa che uscì dalla bocca di Arcangelo Noce fu questa: “Ah, stanno arrivando le fragaglie. Buon appetito, architetto”.
“Buon appetito a lei, commissario. Io ho già finito. E fece per alzarsi, ma Riccio lo fermò: “Un momento, architetto: mi dia il suo numero di telefono. I miei figli si stanno facendo grandi, è tempo che ognuno abbia una camera da letto propria, sono maschio e femmina. Ha un biglietto da visita?”.
“No, mi spiace - rispose Cardone -: li ho lasciati in ufficio, raramente li porto con me”.
“Poco male, rimediamo subito. Prese una Bic dal taschino della giacca e il primo foglio che trovò a portata di mano. Era l’identikit del signor Gray.
“Ma io quest’uomo lo conosco!”, esclamò Cardone.
E finalmente conquistò l’attenzione della iena.
 
 
***
 
LA SETTIMA PUNTATA
 
Mercoledì 10 marzo - Ore 10
Per San Valentino il vice commissario Dell'Angelo aveva acquistato da Roberto Della Monica, un orafo amico di suo marito, un cuoricino diviso a metà sul quale aveva fatto incidere i nomi Donatella e Walter. Individuò nell'orafo, pertanto, la persona più adatta per acquisire informazioni sulla medaglietta ritrovata assieme allo scheletro nella piscina Scandone.
"E' una medaglietta d'acciaio di scarso valore economico - precisò Della Monica -: evidentemente chi l'ha acquistata non aveva molti soldi da spendere. Si vendono dappertutto anche oggi, risalire al negoziante è praticamente impossibile, ammesso e non concesso che sia tuttora in attività. Sono trascorsi almeno trent'anni".
"Nemmeno dalla doppia emme incisa si può ottenere qualche informazione utile?", chiese Donatella.
"No, lo stile d'incisione è comunissimo. Tuttavia non capisco perchè tu sia convinta che su questa medaglietta ci siano le iniziali di un nome e di un cognome. Potrebbero benissimo essere le iniziali dei nomi di battesimo di un uomo e di una donna. Anche allora, esattamente come avviene oggi, erano tantissime le coppie di fidanzati che facevano incidere le loro iniziali su oggetti di qualsiasi forma e valore".

***

"Siamo stati degli stupidi a non pensarci", rispose Arcangelo Noce quando Donatella Dell'Angelo riferì gli l'esito del colloquio con l'orafo. "Psicologicamente ci siamo lasciati ingannare dal fatto che si trattava di due lettere uguali, come se fosse impossibile che due fidanzati si chiamino Mario e Michela, oppure Marcello e Monica... Prosegui pure su questa pista, Donatella, e utilizza soprattutto i social: può darsi che la donna alla quale corrisponde una delle due emme si faccia viva".
Noce ormai non aveva che ritagli di tempi da dedicare al "caso Scandone", che pure lo appassionava particolarmente: venerdì 12 marzo alle 21 il signor Gray avrebbe messo la parola fine all'esistenza di Estelle Lavan. Dovevano moltiplicare gli sforzi per cercare di giungere in tempo.
Per prima cosa Noce e Riccio andarono su Facebook, alla Pagina di Renato Cautieri, il marito di Estelle. “Non è lui il signor Gray, questo qui è completamente diverso dall’identikit”.
Non che ci avessero sperato, erano certi che Cautieri nulla avesse a che vedere con l'assassino.
Poi esaminarono il tabulato delle telefonate fatte e ricevute da Estelle, ma si trattava anche in questo caso di una formalità: era fuori da ogni logica che il signor Gray si fosse messo in contatto telefonico con lei. Poteva essere importante, piuttosto, appurare a quando risalissero le ultime chiamate fatte e ricevute dalla donna.
Alle 18,20 di lunedì 8 marzo Estelle ricevette la telefonata di tale Marisa D’Onofrio, durata 54 secondi. Le chiamate in entrata e in uscita finivano qui. Alle 21,04 fu Estelle, con l’ultimo messaggio della lista, a mettersi in contatto con la D’Onofrio.
“Siamo amiche, ci frequentiamo spesso”, spiegò telefonicamente a Riccio Marisa D’Onofrio. “Lunedì l’ho chiamata per proporle di andare al cinema e ci siamo date appuntamento alle 22,15 per l’ultimo spettacolo alla Multisala Modernissimo, in via Cisterna dell’Olio. Poi, però, alle 21 circa Estelle mi ha inviato un messaggio. Un attimo e glielo leggo… ecco, si sta aprendo: “Cinema annullato, scusami, poi ti spiego”. Il messaggio è accompagnato da un emoticon a forma di smile, quindi non mi sono preoccupata, era chiaro che la disdetta dell’appuntamento non era dovuta a qualcosa di grave. Semplicemente, aveva trovato qualcosa di più piacevole da fare”.
 
***
 
L’esame del cellulare di Estelle Laval rivelò che la ragazza l’aveva spento subito dopo aver inviato il messaggio all’amica, cioè alle 21,04 di lunedì 8 marzo. Da allora non era stato più acceso. Sempre grazie alle rilevazioni sul cellulare, la polizia appurò che a quell’ora la donna si trovava in via dei Tribunali, non lontano dalla sua abitazione.
Ipotesi Riccio: “Il nostro uomo avvicina Estelle in un orario compreso dalle 20 alle 21 durante il tragitto dal bar all’abitazione della donna. Il signor Gray la corteggia e riesce nel suo intento proponendole di passare con lui la serata. Estelle accetta, disdice l’appuntamento con l’amica e forse invita Gray a casa sua”.
Obiezione Noce: “Dal bar a via dei Tribunali, prendendo corso Umberto, ci vogliono al massimo 20 minuti a piedi. Quindi possiamo tranquillamente affermare che il contatto tra i due sia avvenuto tra le 20 e le 20,30 al massimo, molto probabilmente proprio al corso Umberto”.
“Si, ma io non credo - ribattè Riccio - che i due abbiano percorso interamente il corso: ci sono varie telecamere nella zona, anche ai semafori. Per evitare di essere ripreso, il signor Gray probabilmente ha convinto la donna a lasciare corso Umberto e a cambiare tragitto. Secondo me hanno raggiunto via dei Tribunali salendo da via Mezzocannone”.
“Ma anche là c’è una telecamera, quella che sorveglia l’accesso alla zona limitata al transito delle sole vetture dei residenti. Perciò - suggerì la iena - io credo che i due abbiano lasciato il Corso Umberto poco più avanti, subito dopo l’Università”.
Noce prese da Google la cartina stradale della zona e la stampò. Con un pennarello rosso segnò il tragitto che, a suo avviso, avevano percorso Estelle e il signor Gray per raggiungere via dei Tribunali. “Tuttavia - aggiunse la iena - io non credo che la donna abbia invitato a casa sua un uomo conosciuto soltanto pochi minuti prima. E’ più probabile che siano andati a cena in uno dei tanti locali della zona”.
“E prima di mangiare – aggiunse Riccio – Estelle ha inviato il messaggio all’amica e ha spento il cellulare”.
 
***
 
“Ecco perché, pezzo di merda, in pizzeria mi hai fatto spegnere il cellulare: non volevi che fosse rintracciato”.
“Se è per questo – disse l’uomo in tono pacato - ho anche evitato accuratamente di passare per il corso Umberto. Ci sono un sacco di telecamere. Comunque ti consiglio di non agitarti, mia cara, altrimenti ti farai male al polso. Sono profondamente addolorato di averti incatenato al calorifero, ma non ho potuto fare altrimenti. Mi spiace anche di averti sistemato qui dentro”, e gesticolando indicò la minuscola stanza insonorizzata e senza finestre.
“Non ti spiace un cazzo, maledetto figlio di puttana!”. E sputò raggiungendo in pieno viso l’uomo. Costui non reagì, con grande calma si pulì il volto con un fazzolettino di carta e, continuando a rivolgersi ad Estelle in tono pacato, le fece i complimenti: “Aggressiva e coraggiosa, così mi piaci. Non me l’aspettavo, sai? Ero convinto che ti saresti sciolta in lacrime, che mi avresti supplicato di liberarti”.
“Si può sapere che cazzo vuoi da me?", domandò la donna con rabbia. "Se speri di ottenere un riscatto, hai sbagliato persona: i miei sono poveri”.
“Te l’ho già detto, non ricordi? Voglio che tu rimanga qui con me per tutto il resto della tua vita”.
 

***
 
“Tu credi che la ragazza sia ancora viva?”, chiese Riccio.
“Senza ombra di dubbio”, rispose la iena. “Non l’ammazzerà prima delle 21 di venerdì, il rispetto del programma che ha stabilito fa parte della sfida che questo grandissimo figlio di puttana ci ha lanciato”.
“Ma perche? Quale può essere il suo fine ultimo?”.
“Non lo so, ma una cosa è certa: dopo aver ucciso la ragazza non si fermerà”.
“Prima un barbone, adesso una cameriera francese. Che collegamento può esserci?”. Riccio prese una sigaretta da un pacchetto di Marlboro, la iena lo guardò storto come per dire “Qui non si fuma, l’hai dimenticato?”.
Riccio tranquillizzo il collega: “Ho smesso, tenerla spenta in bocca fa parte della terapia e mi aiuta a concentrarmi. Se fai venire un bel caffè forte, è ancora meglio. Dal bar, ovviamente: quello della macchinetta sicuramente fa schifo come quello del commissariato del Vomero”.
Dopo aver passato l’ordinazione al centralino, Noce rimase in catalessi con la cornetta in mano.
“Cosa c’è? A cosa stai pensando?”, chiese Riccio.
“Sto pensando a quello che hai detto. Al possibile collegamento tra il barbone e la cameriera. Non può averli scelti a caso come vittime, deve esserci per forza una connessione. Ma quale? Che Davide ed Estelle si conoscessero, credo sia da escludere a priori, considerato quello che ci ha detto Ciminiello ("Io ero l'unico amico di Davide"). E poi uno bazzicava il Vomero, l’altra lavora e abita al centro: anche da questo punto di vista apparentemente non c’è alcun contatto”.
“E se il collegamento - disse Riccio - fosse nelle opere che il nostro uomo ha scelto come prologo ai suoi delitti? Prima “I miserabili” poi “Il nome della rosa”… E perché ha deciso di chiamarsi Dorian Gray?”.
Noce si alzò e, sotto lo sguardo attento di Riccio, cominciò a gironzolare per la stanza in cerca di ispirazione. Poi si fermò di botto: “Adesso che ci penso, quel figlio di puttana si è presentato al portiere e al proprietario dell’appartamento di via Girolamo Santacroce come Gary Doriano, che ovviamente è l’anagramma di Dorian Gray. Semplice presa per il culo o c’è qualcosa sotto?”.
“Io credo che lo faccia soltanto per divertirsi”, fu l’opinione di Riccio. “Anche con la ragazza, probabilmente, ha adoperato lo stesso pseudonimo. Oppure lo ha cambiato anagrammando in maniera differente Dorian Gray".

“E questo Dino Garray da dove è uscito? Come ti chiami veramente? Puoi dirmelo, visto che hai intenzione di tenermi per sempre qui con te: a chi vuoi che lo vada a dire, pezzo di merda?”.
“Vuoi sapere il mio vero nome? D’accordo, te lo dirò venerdì sera alle 21, hai la mia parola d’onore”.
 
 
LA SESTA PUNTATA
 
“Qui i turisti vengono soprattutto per vedere i pastori”.
Alla fine del loro percorso nella Napoli antica Miriam e Marko erano giunti a via San Gregorio Armeno, la stradina celebre in tutto il mondo per le botteghe dove gli artigiani realizzano e vendono le statuette e gli altri accessori per il presepe. “C’è anche la statuetta dei reali d’Olanda, lo sai?”.
“Ma il regalo che voglio farti è un altro, vieni con me”. E condusse Marko in un negozietto di Piazza San Gaetano, a pochi metri da San Gregorio Armeno. “Vogliamo due medagliette rotonde come quella in vetrina”, disse al negoziante. “Sopra deve inciderci due emme, sono le nostre iniziali”, esclamò orgogliosamente mentre le brillavano gli occhi per la gioia”.

 
***
 
Alla iena gli occhi scintillavano per il passo avanti che il ritrovamento della medaglietta avrebbe potuto permettere alle indagini sul caso dell’uomo sepolto nella Scandone. “Certo - disse a Donatella Dell’Angelo - le iniziali m.m. potrebbero appartenere a migliaia di persone, ma sono finalmente un punto di partenza”.
 
I seguenti dati:
 
- l’età dell’uomo (tra i 25 e i 30 anni)
- la sua altezza (non meno di 1,85)
- il periodo in cui presumibilmente era stato ucciso (dal 1972 al 1983)
- quelle che la polizia riteneva fossero le sue iniziali
 
furono inviati a tutte le questure e all’Ufficio del Commissariato di Governo per le Persone Scomparse.
Noce, intanto, sperava di restringere drasticamente il periodo in cui poteva essere avvenuto l’omicidio: bisognava trovare chi aveva inciso la doppia emme sulla medaglietta. Diede l’incarico a Donatella Dell’Angelo, alle cui obiezioni (“E il caso Dorian Gray?”) la iena rispose: “Ce la vediamo Riccio ed io, due persone sono più che sufficienti”.
Il signor Gray stavolta aveva dato agli inquirenti cinque giorni di tempo (ma erano già diventati quattro) per impedirgli di ammazzare il suo secondo obiettivo: una donna, forse nativa della Francia meridionale.
L’Ufficio Stranieri della Questura fornì in tempi brevissimi a Noce l’elenco di tutte le donne “papabili”. Quando la iena lo lesse, con rabbia sferrò un pugno sulla scrivania facendo sobbalzare Riccio. “Tu non ci crederai, ma soltanto a Napoli sono 14. E se estendiamo l’elenco a tutta la provincia si arriva addirittura a 32”.
“Senza contare – aggiunse Riccio – tutte le turiste della Francia meridionale che fino al 12 marzo arriveranno in città e tutte quelle che vivono in città senza regolare permesso di soggiorno. Siamo nella merda più totale”.
“Ammesso e non concesso – concluse la iena – che questa sia la pista giusta. Chi ci assicura che la vittima designata sia veramente francese?”.
 
***
 
“Lei è francese, vero?”.
La giovane donna bruna sorrise. “Sorridi con tutti, gentili o arroganti che siano”, aveva raccomandato ad Estelle il proprietario del bar di piazza della Borsa quando l’aveva assunta. A maggio avrebbero fatto due anni.
Quell’uomo seduto al tavolino, oltre che gentile, era bello ed elegante. E probabilmente anche ricco. Indossava un completo beige chiaro fatto su misura, portava un Rolex e le aveva dato dieci euro di mancia per un conto totale di soli 3,50.
Ma Estelle non rispose alla sua domanda.
“D’accordo, visto che non vuole dirmelo, attenderò qui fino a quando lei non si deciderà. E fece una nuova ordinazione: “Il caffè che mi ha portato prima era buonissimo. Scommetto che è una meraviglia anche la vostra pasticceria. Mi affido al suo buon gusto, mi porti ciò che vuole”.
Gli portò una sfogliata riccia. Lui le diede altri dieci euro di mancia. Ma anche stavolta da lei non ottenne più di un sorriso.
“E va bene, mi arrendo”. L’uomo lasciò intatta la sfogliata, si alzò e andò via. Ma tornò alle 20, l’orario di chiusura.
Estelle si allontanò da sola, in direzione Corso Umberto, la lunga strada che dal centro conduce a piazza Garibaldi, alla stazione ferroviaria centrale. L’uomo l’affiancò all’imbocco del corso. “Comunque io lo so già con certezza che lei è francese, era soltanto una scusa per attaccare bottone”.
La giovane donna sorrise ancora una volta. Non era bella, e neppure dotata fisicamente, ma tutta la sua persona emanava una prorompente carica di simpatia.
“Da cosa ha capito che sono francese? A malapena le ho rivolto la parola nel bar”.
“Intuizione, semplice intuizione. Io sono molto intelligente, sa?”. Poi scoppiò a ridere e confessò: “E va bene, lo ammetto, ho imbrogliato: ero già stato nel bar. Ho ascoltato una sua conversazione con il principale e ho capito facilmente che lei non è di qui ma…”.
“… di Vaucluse, un paesino della Provenza”.
“E come mai ha deciso di scendere fin quaggiù?”.
“Ho conosciuto un napoletano e ho fatto la sciocchezza di sposarlo. E’ durata poco, ci siamo separati praticamente subito. E poiché qui mi trovo bene, ho deciso di rimanere. Sto mettendo da parte i soldi per aprire un bar tutto mio e oggi mi sono imbattuta in un bel tipo del quale non so neppure il nome. A proposito, io mi chiamo Estelle, Estelle Lavan.
“Piacere di fare la tua conoscenza, Estelle”, e le fece un inchino. “Il mio nome è Dino Garray, con la y finale. Come vedi, ho qualcosina di francese anch’io”.
Estelle tagliò corto: “Sei molto bello e divertente. Potresti avere tutte le donne che desideri. Cosa vuoi da una come me?”.
“Per il momento portarti a cena. Tu cosa suggerisci?”, e la prese sottobraccio.
“Non molto lontano da qui c’è un locale, la pizzeria “de' figliole”. Ha una doppia particolarità: da sempre il pizzaiolo è donna e fanno soltanto la pizza fritta. Cosa ne pensi?”.
“Vada per la pizza fritta”.
“Pizza e basta, capito?”, ammonì Estelle. “Non metterti in testa strane idee: la prima sera io non cedo mai”.
E invece finì subito tra le sue braccia. Per una lunga, interminabile notte.

 
***
 
“Lasciamo perdere quelle che abitano in provincia – suggerì Riccio – e concentriamo i nostri sforzi sulle 14 che vivono in città”.
Noce approvò. Non potevano correre il rischio di essere dispersivi, il tempo scarseggiava. “Di queste 14 - disse Noce guardando l’elenco – io escluderei le cinque che hanno superato i 40 anni -: se il signor Gray nel suo messaggio effettivamente ha fatto riferimento alla ragazza occitana del libro, che non ha nemmeno 18 anni, è probabile che il suo obiettivo sia una giovane donna. Quindi ne rimangono nove. Non resta che dividerci l’elenco: io prenderò le 5 dalla A alla L, tu le altre 4”.
 
***
 
“E adesso che hai avuto quello che volevi, te la squaglierai, giusto?”.
“Si, ma soltanto per cinque minuti. Il tempo di andare in cucina a preparare la colazione. Cosa prendi?”.
“Caffè amaro e un succo di frutta qualsiasi, se ce l’hai”, rispose Estelle.
“E da mangiare?”.
“Niente, grazie, sono a dieta. E per favore non dire la solita stronzata che la prima colazione è il pasto più importante della giornata”.
L’uomo tornò dopo cinque minuti con un vassoio e lo poggiò sul letto. “Madame è servita”.
Estelle bevve rapidamente caffè e spremuta, lo guardò negli occhi e disse: “Non hai ancora risposto alla mia domanda: tra noi finisce qui, vero?”.
L’uomo la baciò sulla bocca, si sedette sul letto, le prese la mano e l’accarezzo dolcemente. “Tu forse non ci crederai, mia cara, ma rimarrai qui con me per tutto il resto della tua vita”.

 
***

“Finalmente! Era ora che vi faceste vivi!”.
Arcangelo Noce fu preso in contropiede. Aveva provato a telefonare ad Estelle Lavan, il quinto e ultimo nome del suo elenco, ma il cellulare risultava sempre staccato. Grazie all’Ufficio Stranieri della Questura aveva saputo il nome del bar dove la giovane donna lavorava e si era messo in contatto con Ernesto De Luigi, il proprietario.
“Sono quattro giorni che ho denunciato la scomparsa di Estelle”, precisò De Luigi e chiese a Noce: “Avete notizie da darmi?”
“Come, quattro giorni?”, esclamò sbigottito la iena.
“Guardi – replicò risentito De Luigi –: io sarò anche vecchio, ma non del tutto rincoglionito. I conti li so fare ancora. Ho presentato denuncia mercoledì mattina e oggi è sabato”.
“Io di questa denuncia non so assolutamente nulla”, disse la iena, che stava cominciando a incazzarsi.
“E allora perché diavolo mi ha chiamato?”, chiese più incazzato di lui il proprietario del bar.
“Pensiamo che Estelle possa essere in pericolo, c’è un pazzo in circolazione che ha minacciato di uccidere una donna francese il 12 marzo. Adesso mi dica esattamente tutto quello che è successo negli ultimi giorni”.
“Martedì mattina Estelle non si è presentata al lavoro. Non era mai successo. Ho provato a chiamarla sul cellulare, ma era sempre staccato. Mi sono subito preoccupato, non è da lei un comportamento del genere: mi ha sempre avvertito tempestivamente ogni qualvolta si è verificato un problema. Ho atteso fino a mercoledì alle 10 e ho denunciato la scomparsa in Questura. Da allora non ho saputo più nulla. Giovedì mattina sono andato in via dei Tribunali, è là che abita Estelle, ma il portiere mi ha detto che anche lui non la vede da lunedì scorso. Temendo che potesse essersi sentita male, siamo entrati nell’appartamento, ma non c'era nessuno ed era tutto in ordine”.
“Lei mi ha detto che Estelle non si fa viva da martedì scorso. Quindi lunedì ha lavorato regolarmente, giusto?”.
“Si, commissario. E’ andata via alle 20 e da allora non l’ho vista più”.
“E’ successo qualcosa di particolare lunedì, che lei ricordi?”.
“No, commissario, nulla di stra… un momento!... ora che ci penso, qualcosa di insolito è accaduto: lunedì pomeriggio un tizio ha dato ad Estelle per due volte 10 euro di mancia. "Hai fatto conquiste", le ho detto quando è andato via.
“Ha più visto quell’uomo?”.
“No, commissario”.
“Me lo descriva con precisione”.
“E’ una parola! Sono passati cinque giorni commissario, qui ci viene tanta gente. Era un bell’uomo, ed era molto elegante, questo sì. Lo ricordo perché, continuando a scherzare con Estelle, ho aggiunto “Ed è pure un buon partito”.
“Adesso le invio per watsapp l’identikit dell’uomo. Mi dica se è lui. E’ arrivato?”.
“Un attimo che guardo… Si, commissario, è proprio lui!”, esclamò De Luigi.
 
***
 
“Quel maledetto figlio di puttana – disse la iena a Riccio – da lunedì sera tiene prigioniera la ragazza da qualche parte e sta attendendo che si facciano le 21 di martedì 12 marzo per ucciderla”.
“Ma lunedì scorso era l’8 marzo, non aveva neppure ammazzato il barbone!”, esclamò sbigottito Riccio.
“E‘ ancora più diabolico di quello che temevo!”, aggiunse la iena.
"Non c'è più un solo un minuto da perdere”, disse Riccio. "Abbiamo poco più di tre giorni per scoprire dove tiene nascosta la ragazza".
“Eh no, un minuto me lo devi concedere - obiettò la iena -: voglio telefonare in Questura a quello stronzo che ha preso la denuncia di De Luigi e non ha fatto un cazzo. Giuro che gliela faccio pagare”.
 
 

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