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Dalla quarta all'ottava puntata

  Pubblicato il 10 Giu 2018  10:27
Villa Florida, sabato 19 maggio, ore 10: partitella di pallone tre contro tre "clandestina". A quell'ora i sei calciatori partecipanti avrebbero dovuto essere nei banchi della scuola media "Benvenuti", al Vomero.
"E che cazzo, Paolo, è la terza volta! Stavolta lo vai a prendere tu".
Paolo, 14 anni, ambidestro dal tiro potente ma dai piedi tutt'altro che buoni, aveva tentato una conclusione al volo da posizione molto favorevole, ma il pallone, colpito troppo sotto dal collo del suo piede destro, era finito clamorosamente alto e fuori dai pali dagli zainetti che delimitavano la porta difesa da Giulio, che indossava un paio di guanti da sci e una maglietta amaranto con la scritta "Reina", il suo idolo.
"Ho fatto bene?", chiese a Rino, un biondino che - fregandosene altamente del parere unanime della tifoseria partenopea - portava con orgoglio una vecchia maglietta azzurra con la scritta Higuain.
"Hai fatto benissimo", rispose a Giulio approvando in pieno la decisione del portiere di mandare il "colpevole" di quel tiro sballato a recuperare i pallone. "Gli ho fatto un passaggio che manco Hamsik, e lui che fa? Invece di stopparla e di metterla tranquillamente dentro, la prende al volo. Si è fissato, pensa di essere Insigne e fa tiri del cazzo. Ora che torna mi sente!".
Paolo tornò di corsa, senza pallone. "Ragazzi, ragazzi, ho visto un morto".
 
***
 
"Insomma, se quel ragazzino non fosse andato a recuperare il pallone, voi il cadavere non l'avreste scoperto nemmeno tra cent'anni! E' mai possibile?, chiese la iena fuori dalla grazia di Dio. Il destinatario della domanda era Vincenzo Colonna, il direttore di Villa Florida. Erano all'ombra di un tiglio, a una ventina di metri dalla siepe di cespugli dalla quale gli uomini del commissario Riccio avevano tirato fuori il cadavere dell'arbitro.
"Ma commissario, questa è una zona del parco dove non va mai nessuno. Ci  vengono soltanto i ragazzini a giocare", si giustificò il direttore.
"Avete mai sentito parlare di manutenzione? In questo parco non la fate?", replicò Noce.
"Certo che la facciamo! Ogni giorno il personale provvede a rimuovere cartacce e quant'altro lasciano i visitatori del parco. Ma fin qui non ci arrivano".
"E come mai? Troppa fatica?".
"No, commissario. Il personale addetto alla manutenzione è molto ridotto, fanno quello che possono. Ma ha visto quanto è grande il parco?!", e lo disse con orgoglio, sperando di suscitare in Noce la stessa ammirazione.
Suscitò invece un'altra cazziata: "Io so soltanto che per colpa vostra abbiamo perso tempo prezioso. Adesso può andare. La raggiungerò più tardi nel suo ufficio. Mi faccia trovare il registro delle presenze del personale, e se ci scoverò qualcosa che non va giuro che le faccio passare un guaio".
Andò via scuotendo la testa, il direttore. E scuotendo la testa arrivò Ferdinando Barbato,  il medico legale. "In tanti anni di carriera non avevo mai visto una cosa del genere. Corpi carbonizzati, squartati, fatti a pezzi quanti ne vuole, ma divorati dagli insetti mai. Se passava qualche altro giorno, avremmo trovato soltanto le ossa. Non le dico il fetore...".
"Come è stato ucciso?".
"Con un violento colpo alla nuca. L'assassino si è servito di una pietra, sul cuoio capelluto ho trovato tracce di polvere pietrosa".
Considerate le condizioni in cui era stato ritrovato il corpo, Noce si guardò bene dal chiedere "A quando risale la morte?". Barbato gli avrebbe fatto una risata in faccia. Optò, quindi, per un più generico "Nonostante tutto si è fatto un'idea di quando possa essere stato ucciso?".
"Il cadavere è in stato di avanzata decomposizione. Secondo me era lì da almeno una settimana, ma...".
"...potrà essere più preciso soltanto dopo l'autopsia".
"Esatto. Vedo che è preparato, commissario. Adesso la saluto, mi attende una bella fila di cadaveri da squartare, per cui non credo proprio che prima di lunedì potrò mettere le mani su quello lì", e indicò il corpo di Michele Borghese sul quale adesso stavano lavorando gli uomini della Scientifica.
 
***

"La prego, commissario, di evitarmi i particolari. Io non so proprio come abbia fatto a sedersi a tavola dopo quello che ha visto a Villa Florida: lei ha uno stomaco di ferro".
Alle 13, dopo aver lasciato il luogo del delitto, la iena aveva preso funicolare e Ferrovia Cumana e trequarti d'ora dopo si era accomodato al consueto tavolo in trattoria, dove nel giro di mezzora si era fatto fuori il seguente menu: spaghetti alla carbonara, bistecca con contorno d'insalata, doppia porzione di crostata di fragole e sorbetto al limone. La preghiera di Elio di risparmiargli i dettagli sul ritrovamento del cadavere di Michele Borghese arrivò quando il ristoratore stava versando il caffè al commissario. Tutti gli altri clienti della trattoria erano già andati via.
"Stomaco di ferro, dici? E ti credo! Con le schifezze che mi hai fatto mangiare in tutti questi anni, se non era di ferro ero già morto e sepolto. In ogni caso non puoi rifiutarti di ascoltare quello che ho da dirti sull'omicidio di Borghese. E me ne fotto se poi stai male. Dunque, i fatti dovrebbero essere andati così: sabato 12 maggio l'arbitro esce di casa e va a Villa Florida a fare footing. Il portiere dello stabile ci ha confermato che ogni sabato, salvo quando doveva andare ad arbitrare in trasferta, Borghese usciva alle 9 e andava a correre nel parco. L'assassino, che era a conoscenza di quest'abitudine, lo aspetta a Villa Florida e attende il momento propizio per colpire. Poi trascina il cadavere nei cespugli e si allontana. La zona dove è stato rinvenuto il cadavere è molto lontana dall'ingresso del parco e non è frequentata dai visitatori, quindi l'assassino ha potuto agire in tutta tranquillità".
Mentre andava a prendere una sambuca per il commissario, Elio disse: "Quindi, secondo lei l'assassino conosceva bene sia Borghese sia le sue abitudini. Ma ipotizziamo che non sia così...".
"E allora - proseguì il commissario - i fatti sono andati in maniera leggermente diversa: l'assassino lo aspetta sotto casa, lo pedina e a Villa Floridia lo uccide. In ogni caso io sono certo che si tratta di un delitto premeditato".
"Lei mi ha detto che la fidanzata di Borghese è molto bella. Il movente potrebbe essere stato la gelosia. Magari uno spasimante della ragazza respinto o un precedente fidanzato ancora innamorato di lei".
"Bravo, Elio! Stavo giusto per dirti che alle 15 attendo Barbara Cerrato in questura". E butto giù tutto d'un fiato la sambuca.

***

Sabato 19 maggio - Ore 15
Il 52enne vice questore Antonio Riccio, dirigente il commissariato del quartiere Vomero-Arenella, nulla aveva in comune con il suo collega Noce.
 
- Era alto, ben piazzato fisicamente, capelli castani, occhi color nocciola, lineamenti regolari, barba e baffi.
- Non era gay.
- Aveva una famiglia. Moglie e due figli maschi.
- Era un uomo amabile, dotato di una pazienza infinita.
- I suoi subalterni lo adoravano.
- Fumava due pacchetti di Marlboro al giorno.
- Consumava il pranzo in ufficio: di solito tramezzino e una coca light.
- Non possedeva uno stomaco di ferro come il commissario Noce. La vista del cadavere di Michele Borghese a Villa Florida gli aveva fatto passare completamente l'appetito.
 
Una cosa condivise con Noce quel sabato pomeriggio. Entrambi interrogarono una donna.
Riccio mai aveva tradito la moglie. C'era andato molto vicino dieci anni prima: nel corso di un'indagine aveva conosciuto una bella mora, la proprietaria di una boutique di via Scarlatti. Le avevano svuotato completamente il negozio, lei gettò l'amo appendendolo alle labbra carnose e Riccio abboccò. Se lo cucinò per bene per un paio di settimane a fuoco lento, ma la soffiata di un informatore rimise il commissario sulla strada giusta e, invece di un mazzo di fiori, la bella negoziante si vide recapitare una denuncia per tentata truffa ai danni della compagnia di assicurazione.
Anche Francesca Dolce, la donna che Riccio stava interrogando quel pomeriggio,  possedeva un negozio di abbigliamento al Vomero, e precisamente in via Luca Giordano, ma non c'erano i presupposti affinchè Riccio ci cascasse nuovamente:
 
- Il commissario aveva imparato la lezione.
- La donna era brutta come la morte. E aveva superato abbondantemente la sessantina.
 
Francesca Dolce faceva parte dell'elenco delle persone che avrebbero avuto un motivo valido per ammazzare Silvio Spoto. Ma se era stata lei a spedirlo all'altro mondo, non lo aveva fatto per direttissima: fracassare il cranio ad un uomo, dopo averlo preso a calci e a pugni, non era decisamente nelle sue possibilità. Perciò Riccio non le chiese se possedeva un alibi, la domanda da fare era un'altra: "Lei possiede un sicario?". Ma ovviamente non gliela fece.
"Da quello che ci risulta, lei doveva a Spoto una cifra superiore ai cinquantamila euro. Sempre secondo i documenti in nostro possesso, l'accordo prevedeva rate di millecinquecento euro al mese, ma le ultime due mensilità non sono state saldate. Come mai?".
"Proprio di fronte al mio negozio è stato aperto un mega-store, ho perso clienti ed incassi".
"Come intendeva far fronte ai suoi debiti?".
"Non lo so, commissario. Ma una cosa è certa: non l'ho ucciso io. E se sta pensando che ho incaricato qualcuno di ammazzarlo al posto mio, le dico subito che non è possibile. Per fare una cosa del genere ci vuole una bella cifra e in questo momento sul mio conto corrente non ci sono neppure 500 euro. Può controllare, se vuole".
Riccio aveva già controllato. Tra l'altro, la donna non aveva ritirato somme ingenti dalla banca negli ultimi tempi e non possedeva beni che avrebbe potuto ipotecare. "Non l'ho ammazzato io - ribadì Francesca Dolce -, ma sarò eternamente grata a chi lo ha fatto".
 
***
 
Barbara Cerrato, invece, nutriva ben altro tipo di sentimenti nei confronti di colui che aveva ucciso Michele Borghese. "Chi può aver fatto una cosa del genere? Chi?", chiese con rabbia al commissario Noce.
"Lei può aiutarci a scoprirlo. C'è qualcuno che poteva avere una valida ragione per ammazzarlo?, chiese la iena.
"Ma no, commissario. Michele era un uomo buono, mite, non l'ho mai visto litigare con qualcuno".
"Negli ultimi tempi le è sembrato in ansia per qualcosa, le ha confidato qualche preoccupazione?".
"Se l'avesse fatto, glielo avrei già detto, commissario. Michele non aveva problemi economici nè di lavoro, ed era felice... eravamo felici. La prego, prenda quel farabutto che me l'ha portato via". E comincio a piangere disperatamente facendo incazzare Noce.
Se c'era una cosa che la iena non sopportava, erano le donne che piangevano durante gli interrogatori. Non perchè lo intenerissero, ma semplicemente perchè perdevano lucidità. E lui aveva bisogno della massima efficienza da parte del suo interlocutore.
Noce aspettò che Barbara Cerrato si calmasse. Poi le fece la domanda sulla quale il commissario confidava maggiormente per poter trovare finalmente uno spiraglio di luce in una vicenda nella quale continuava a procedere a tentoni: "C'è qualcuno che potrebbe non aver visto di buon occhio il suo fidanzamento con Borghese?".
"Al punto da ammazzarlo? Ma via, commissario...".
"Risponda alla mia domanda senza fare considerazioni inutili".
"Una persona ci sarebbe, ma le garantisco che non può essere stato lui ad ammazzare Michele, sarebbe assurdo".
"Le conclusioni le lasci fare a me. Mi dica di chi si tratta, piuttosto".
"E' un altro arbitro. Sei mesi fa, dopo che abbiamo diretto una gara insieme, mi ha invitato a cena ma io non ho accettato. Non mi piace, è una persona piena di sè, crede di essere il miglior arbitro di questo mondo e invece è una pippa. Nonostante il mio rifiuto, ha continuato a corteggiarmi insistentemente con sms e messaggi sulla mia posta elettronica. Io non ho mai risposto. Tre mesi fa me lo sono ritrovato in una manifestazione nazionale alla quale hanno preso parte anche altri arbitri. Eravamo nello stesso albergo e una sera mi ha passato un bigliettino sotto la porta della mia camera. Stava scritto "Ti prego, dammi una possibilità, non dormo più, sono pazzo di te". La sera stessa ho telefonato al presidente nazionale degli arbitri e gli ho spiegato la situazione. Da allora non mi ha molestato più".
"Mi dia il nome di quest'arbitro".
"La prego, commissario, lasci perdere. Non può essere stato lui, è soltanto un povero scemo. Se viene fuori questa storia, l'unica a rimetterci sarò io. Finiremo tutti sui giornali".
"Mi spiace, ma non posso fare altrimenti. Mi dica il nome di questa persona".
"Non posso, commissario. Ne va della mia carriera: se le dico il nome, sarò sputtanata per sempre e dovrò dare le dimissioni da arbitro. Già in piscina durante le partite ci riempiono d'insulti in situazioni normali, figuriamoci se vengono a conoscenza di questa storia".
La iena si alzò, fece il giro intorno alla scrivania e andò ad aprire la finestra del suo ufficiò, seguito costantemente dallo sguardo della donna. Tornò a sedere e, per la prima volta nella sua carriera, scese ad un compromesso: "Mi dica il nome e io le prometto che questa storia non finirà sui giornali".
"E come farà?".
"Dirò a questa persona che lei lo ha denunciato per stalking".
"Ma sono trascorsi tre mesi da quando ha smesso di tormentarmi. Come vuole che ci caschi?".
"Non si preoccupi. Gli dirò che c'è voluto un po' di tempo per effettuare le indagini. Adesso lei mi fa una bella denuncia retrodatata, io mi chiamo questo signore e vedremo se è stato lui ad ammazzare Michele Borghese".
"No, commissario, non posso".
Noce si alzò nuovamente, poggiò le mani sulla scrivania e si sporse minacciosamente verso Barbara Cerrato: "Lo vuole trovare si o no l'assassino del suo fidanzato? E allora faccia quello che dico io".
La mossa di Noce non sortì alcun effetto: "Mi spiace, commissario, non posso. E' troppo rischioso".
La iena prese il tagliacarte e lo sbatte violentemente sul ripiano della scrivania: "Mi dica immediatamente il nome o la sbatto dentro per intralcio alle indagini!".
"Galiano. Si chiama Giuseppe Galiano".

***

Lunedì 21 maggio - Ore 10,30
Dall'altra parte della scrivania Giuseppe Galiano, 33 anni, arbitro di pallanuoto.
Al telefono il questore.
"Porca troia. Era meglio se l'interrogatorio lo facevo ieri", pensò Noce.
Se fosse stata domenica, il questore non l'avrebbe chiamato nel bel mezzo dell'interrogatorio di Galiano per chiedergli: "E' il caso di convocare una conferenza una conferenza stampa?".
"Faccia come crede, signor questore, ma la prego di esentarmi dal prendervi parte", rispose la iena. Avrebbe voluto aggiungere "Io non ho tempo da perdere per queste cazzate" e invece aggiunse: "Il mio collega Riccio sarà particolarmente lieto di affiancarla nella conferenza stampa".
Prima dell'interruzione del questore, Noce aveva spiegato a Galiano i motivi per i quali era di fronte a lui in commissariato. Quando la iena disse la parola "stalking" la carnagione olivastra dell'arbitro subì un repentino sbiancamento. Alto, capelli castani, occhi a mandorla, fisico palestrato, Galiano era entrato nell'ufficio di Noce ostentando una sicurezza che adesso non gli apparteneva più.
"Evidentemente avete sbagliato persona", balbettò l'arbitro quando il commissario riprese l'interrogatorio dopo la telefonata del questore.
Noce gli spiegò che non si trattava di un equivoco e gli mostrò il tabulato con tutti gli sms e le mail che Galiano aveva inviato a Barbara Cerrato. In più aggiunse: "Ci risulta che lei, non pago di tormentare questa persona con messaggi ai quali la Cerrato non ha mai risposto, il 16 febbraio scorso le ha passato un bigliettino sotto la porta della camera d'albergo. Ci sono tutti gli estremi, signor Galiano, per incriminarla per stalking".
Dopo l'iniziale smarrimento, l'arbitro riprese colore e coraggio: "Ma quale stalking! E' stato solo un innocente tentativo di corteggiamento. Volevo portarmela a letto, tutto qui. Non mi dica, commissario, che in vita sua non ha mai mandato un bigliettino galante a un donna!".
Non gli era mai capitato e non gli sarebbe successo mai. Se è per questo, Arcangelo Noce neppure ad un uomo aveva mai inviato un messaggio d'amore.
"Ma poi - aggiunse Galiano - è una cosa vecchia di tre mesi. Come mai mi avete chiamato soltanto adesso? E perchè se ne occupa il commissariato di Fuorigrotta? Io abito a via Cervantes, a pochi passi dalla questura".
Noce prese la palla al balzo: "Perchè io mi occupo anche delle indagini per l'omicidio di Michele Borghese, signor Galiano, e analizzando la scheda sim del suo cellulare abbiamo appurato che sabato 12 maggio, il giorno del delitto, il suo telefono è rimasto inutilizzato fino alle 14,30 circa".
"Galiano scattò in piedi come spinto da una molla. Tremava tutto. Puntò l'indice verso il commissario ed esclamò: "Ma lei è impazzito per caso?!".
"Si calmi e si sieda immediatamente!", disse la iena con voce calma e glaciale.
Galiano obbedì ma non perse la combattività: "Voglio subito qui il mio avvocato".
"E' nel suo diritto, faccia pure. Prima, però, mi stia bene a sentire: il suo legale, vista la situazione, sicuramente le consiglierà di tacere e questo - mi creda - non l'aiuterà. Per la vicenda dello stalking non ci sono avvocati che tengano, lei finirà in tribunale. Le consiglio, invece, di chiarire subito la sua posizione per quanto riguarda l'omicidio di Michele Borghese. Ci pensi su. Intanto, io vado a prendermi un caffè, lei ne gradisce uno?".
Galiano non rispose, ma al ritorno della iena disse: "D'accordo, commissario, sono pronto a collaborare. Per l'omicidio di Michele Borghese nulla ho da temere e non riesco proprio a capire su quali basi la polizia possa sospettarmi. Borghese praticamente lo conoscevo soltanto di vista, non ho mai arbitrato in coppia con lui e neppure ho mai scambiato con lui qualche parola. Era un corpo estraneo nel gruppo arbitrale, non dava confidenza a nessuno, i nostri superiori tolleravano questo suo carattere chiuso - che certo non giova quando si deve arbitrare in coppia - soltanto perchè era un ottimo direttore di gara. Bravo come pochi. Le ripeto, sono assolutamente sorpreso che possiate aver pensato a me per questo delitto. Non c'è motivo".
Il motivo c'era: Barbara Cerrato. Ma Noce aveva promesso alla donna che non avrebbe fatto il suo nome nell'interrogatorio con Galiano e benchè fosse una iena, il commissario manteneva sempre la promessa data. Perciò disse: "Lasci giudicare a me se i motivi ci sono oppure no. Pensi piuttosto a chiarire la sua posizione. Lei dov'era la mattina di sabato 12 maggio?".
"Ero a casa mia".
"Come mai il suo cellulare era spento?".
"Perchè quando sono con una donna io lo stacco".
"E' stato tutto il giorno con questa persona?".
"Sono stato con lei tutta la notte tra venerdì e sabato e la mattina successiva. Abbiamo pranzato insieme a casa, subito dopo è andata via. Io, invece, sono uscito alle 15,30 per andare ad arbitrare una partita a Salerno".
"Bene. Non le resta che dirmi nome e cognome di questa persona".
Galiano scosse: "Mi chieda tutto quello che vuole, ma questo no".
Era la seconda volta nel giro dei tre giorni che la iena riceveva un diniego durante un interrogatorio. "Ma che c'è in giro, un virus della reticenza?", pensò. Anche stavolta decise di scendere a compromessi: "Se lei collaborerà, potrei cercare di convincere Barbara Cerrato a ritirare la denuncia per stalking".
"Ma si metta nei miei panni, commissario: questa donna è la moglie di un altro arbitro, un mio amico per giunta".
"Non me ne fotte un cazzo, Galiano. Peggio per lei che va a infilarsi in questi casini! Su, non mi faccia perdere tempo, fuori il nome!".
"Si chiama Luisa Moccia. Ma la prego, commissario, cerchi di usare il massimo riserbo possibile: non è per me, mi creda, ma per lei".
"Senta, Galiano, non la prendo a calci soltanto perchè non voglio sporcarmi le scarpe. Mi lasci indirizzo e numero di cellulare della Moccia e se ne vada".
"E la denuncia per stalking?".
"Le farò sapere. Adesso si tolga dai coglioni".
 
***
 
"La donna ha confermato?", chiese Elio quella sera in trattoria.
"Ha confermato. Ma anche lei ha spento il cellulare mentre si scopava l'arbitro, quindi non possiamo avere conferme. Tuttavia credo che abbia detto la verità. Al contrario di te, Elio".
"E io cosa centro, adesso?", domandò il ristoratore.
"Mi avevi detto che la bistecca era tenera come il burro, e invece era tutta piena di nervi".
"Strano, perchè quando il cameriere mi ha riportato il piatto in cucina, della bistecca era rimasto soltanto l'osso. Se faceva tanto schifo, perchè l'ha mangiata".
"Perchè avevo fame, Elio. La pasta e lenticchie che mi hai dato per primo era talmente misera che ho dovuto chiedere una seconda porzione. Che non pagherò, questo è poco ma sicuro. Puoi già toglierla dal conto".
Elio sorrise e andò in cucina a spegnere il fuoco sotto la moka.
"Non si preoccupi, commissario, offre la casa. Piuttosto, mi dica perchè  secondo lei Galiano è innocente".
"L'ho capito subito che non è stato lui: se avesse ucciso Borghese, avrebbe chiamato l'avvocato e non avrebbe detto una parola. Si vedeva chiaramente che era più preoccupato per la storia dello stalking".
"Un bello stronzo, però, questo Galiano: prima tormenta per mesi la Cerrato e poi, visto che gli è andata buca, si rifà con la moglie di un altro arbitro. Amico suo, per giunta".
"L'hai detto. Non posso mandarlo in galera, però stai pur certo che in qualche modo gliela farò pagare".
 
***

Il commissario aprì un cassetto della scrivania, prese una confezione di analgesici e butto giù senz'acqua una delle pasticche arancioni. Il mal di testa era diventato insopportabile. Lasciò il commissariato è andò a fare due passi.
Giornata afosa, caldo opprimente arrivato con largo anticipo, voglia irrefrenabile di un caffè freddo. Si diresse verso il solito bar, di fronte all'ingresso della metropolitana. Erano da poco passate le 10, non sarebbe stato difficile trovare un tavolino libero. Si tolse la giacca, slacciò il bottone sotto la cravatta e arrotolò le maniche della camicia.
Si, un tavolo libero c'era. Sistemò la giacca sullo schienale della sedia, entrò all'interno del bar e prese la mazzetta dei giornali. Trascurò i quotidiani sportivi, diede un'occhiata soltanto ai titoli di quelli politici: niente di nuovo, nulla d'interessante. Chiamò il barista, gli consegnò la mazzetta e ordinò il caffè freddo.
"Due", corresse un giovanotto bruno con la barba incolta. "Salve, commissario, ero certo di trovarla qui".
Il poliziotto s'incazzò: "Quante volte ti ho detto che mi devi avvisare prima!".
Il giovanotto sorrise: "Ci ho provato, ma evidentemente lei ha dimenticato il cellulare in commissariato".
Il commissario prese la giacca, controllò le tasche e maledisse la sua distrazione.
"Allora, cosa c'è di tanto importante?".
"Calma, commissario, una cosa per volta. Quello che sto per dirle merita tariffa doppia".
"D'accordo, hai la mia parola. Attenzione, però: se si tratta di fesserie, ti prendo a calci da qui fino alla metropolitana".
L'informatore prese dalla tasca un foglio di block notes piegato in due e lo consegnò al commissario. Il poliziotto lo lesse attentamente, sorrise, prese dalla tasca interna della giacca il portafogli, tirò fuori due banconote da 50 euro, le mise all'interno del foglio e lo riconsegnò al giovanotto.
"Ci vediamo", disse l'informatore e si allontanò senza aspettare il caffè freddo.
Il commissario Riccio sbadigliò, si alzò e cominciò a sbottonarsi la camicia. "Che cazzata! Queste cose succedono solo nei film". Si diresse verso la camera da letto, si bloccò di colpo, tornò indietro, si abbassò verso il divano e diede un bacio alla moglie: "Domani ho una giornata dura, devo interrogare tre persone per l'omicidio dello strozzino. Ah, il film io l'ho già visto, l'assassino è proprio l'informatore".
La moglie prese una pantofola e gliela tirò dietro colpendolo in pieno.
Antonio Riccio si voltò, sorrise e spedì un altro bacio alla moglie con la mano destra. "Stavo scherzando. L'assassino è proprio il commissario".

 

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