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Dalla nona all'undicesima puntata

  Pubblicato il 10 Giu 2018  10:49
Martedì 22 maggio
Uno dietro l'altro. Renato Addezio, Pasquale Iorio e Salvatore Massicchio, debitori e possibili autori dell'omicidio dello strozzino Silvio Spoto, furono ascoltati dal commissario Riccio negli uffici della sezione Vomero-Arenella, in via Ruoppolo.
Riccio andava in ufficio a piedi. Sempre. Abitava in via Giotto, a due passi dal commissariato. Quella mattina uscì da casa accompagnato da un tiepido sole e dalla raccomandazione della moglie: "Portati l'ombrello, è prevista pioggia".
"Cosa vuoi che siano due gocce?", rispose lasciando l'ombrello dov'era.
Arrivò un temporale.
Antonio Riccio detestava i temporali. Portavano ulteriore caos in una città che proprio non ne aveva bisogno. Più pioggia = più traffico = maggiori difficoltà per le Forze dell'Ordine nell'intervenire. E un ufficio, il suo, ridotto ad un pantano dopo l'interrogatorio di Addezio, Iorio e Massicchio. Tutti fradici di pioggia.
E per che cosa? Per un triplice nulla di fatto. Tutti avevano un alibi solidissimo, tutti convinsero Riccio che l'omicidio di Spoto non l'avevano commesso neppure con l'aiuto di terze persone. Due ore di lavoro buttate nel cesso. Un'altra la sprecò prendendo parte alla conferenza stampa indetta dal questore. E maledisse Noce che l'aveva anticipato sul tempo.
Anche Riccio, infatti, aveva provato a disertare la conferenza stampa: "Signor questore, per la verità preferirei evitare l'incontro con i giornalisti. Capisco l'importanza, ma ci sono due omicidi da risolvere...".
"...e ben due commissari che se ne occupano. E poichè il suo collega Noce mi ha già dato buca, non ci sono ma che tengano: guai a lei se non sarà presente alla conferenza stampa".
Al termine della quale Antonio Riccio, visto che tra l'altro il temporale si era fatto da parte per dare posto a un tiepido sole,  fece un salto a Fuorigrotta per parlare con Noce. Non per ringraziarlo per la fregatura che gli aveva dato con la conferenza stampa: voleva fare il punto della situazione. Ma era già ora di pranzo, la iena non c'era. "Dove posso trovarlo?", chiese ad un giovane poliziotto. "Da Elio, è una trattoria a cinque minuti da qui".
Per la prima volta da quando aveva messo piede a Napoli, la iena pranzò in compagnia. E per la prima volta, dopo tempo immemorabile, Riccio fece un pasto completo negli orari di ufficio fidandosi ciecamente del collega nella scelta del menu: penne ai quattro formaggi, polpette al sugo con contorno di friarielli, crostata di mele.
"Niente vino per me, grazie. Già non sono abituato a mangiare tutta questa roba a quest'ora, se mi metto pure a bere...". Riccio, tuttavia, non riuscì a dire di no quando Elio, al termine del pranzo, si presentò con una bottiglia nera con la guarnizione del tappo argentata: "Due commissari in una volta sola è un evento che bisogna festeggiare degnamente", e mostrò con orgoglio l'etichetta: "Liquirizia Amarelli. Una delizia. Viene da Rossano, questo liquore è il vanto della Calabria. Ovviamente - aggiunse Elio - offre la casa".
Un pensiero tutt'altro che disinteressato. Elio aveva capito che Riccio aveva raggiunto il collega in trattoria per parlare degli omicidi di Borghese e Spoto e sperava di poter assistere al colloquio, ma Noce, appartandosi con la scusa di pagare il conto, gli disse: "Mi spiace, non è possibile. Ti aggiornerò questa sera a cena".
Intanto si fece aggiornare da Riccio sulla conferenza stampa. Ma già conosceva la risposta: "Solite domande del cazzo, solite risposte di circostanza, solita perdita di tempo".
I giornalisti, in particolare, avevano chiesto lumi su un interrogativo al quale la Polizia non era ancora in grado di rispondere: l'assassino di Borghese e Spoto è la stessa persona?
Riccio era più per il si che per il no: "Due persone che abitano una accanto all'altra vengono uccise nel giro di dodici ore. Non può essere soltanto una coincidenza. Per me - disse a Noce - è andata così: dopo aver ammazzato lo strozzino, l'assassino di Spoto esce dall'appartamento della vittima e sul pianerottolo si imbatte in Borghese, che diventa così un testimone troppo pericoloso. Deve eliminarlo. La mattina dopo si apposta sotto la casa dell'arbitro, attende che esca di casa, lo segue a Villa Florida e lo ammazza".
Noce era più per il no che per il si: "Se Spoto è stato ucciso, come è probabile, nella tarda serata di venerdì 11 maggio, che cosa ci faceva Borghese sul pianerottolo a quell'ora?  Sappiamo con certezza - ce lo ha detto la sua fidanzata - che l'arbitro raramente usciva di casa di sera nei giorni feriali. Se fosse un palazzo di recente costruzione, con le mura di cartone, potremmo ipotizzare che abbia sentito le grida di Spoto mentre l'assassino lo ammazzava di botte, ma si tratta di un palazzo antico, con le pareti divisorie spesse, è molto difficile che Borghese abbia potuto sentire qualcosa. Abbiamo anche fatto le prove. Ma ammettiamo pure che l'arbitro abbia capito che nell'appartamento accanto stava accadendo qualcosa di anormale: era così fesso da intervenire? Non credo proprio, avrebbe telefonato alla Polizia. Sembra incredibile anche a me, ma non penso che ad uccidere Borghese e Spoto sia stata la stessa persona".
"Ok, ammettiamo che tu abbia ragione. Ma dimmi allora chi può aver ucciso Borghese! Sono tante le persone che avrebbero voluto morto lo strozzino, ma l'arbitro? Zero assoluto. E' stato escluso anche l'omicidio per rapina: ammesso e non concesso che possa esistere un individuo tanto squilibrato da ammazzare un tizio che fa jogging in un parco per derubarlo, nello zainetto che abbiamo trovato assieme al cadavere non mancava nulla: portafogli, documenti, denaro, chiavi di casa e chiavi della macchina. No, per me non ci sono dubbi: ad uccidere Spoto e Borghese è stata la stessa persona".
 
***
 
"E tu come la vedi?", chiese Noce ad Elio quella sera in trattoria.
"Non si offenda, commissario, ma credo che il suo collega abbia ragione. Due vicini di casa che vengono uccisi da due persone diverse nel giro di poche ore è pura fantascienza. Succede solo nei film".
"Non puoi immaginare quante cose assurde ho visto nella mia carriera, Elio. Tanto per dirtene una: un tizio ammazza una donna in pieno agosto, ad ora di pranzo, su una spiaggia affollata, e il cadavere viene scoperto soltanto la sera, dal bagnino del lido mentre sta rimettendo a posto sedie e ombrelloni".
"Non è possibile, commissario, mi sta prendendo per il culo!".
"Ti dico che è vero, invece. Vammi a prendere un bicchierino di quella liquirizia che ci hai dato oggi a pranzo e ti racconterò com'è andata".
"Io il liquore glielo do, ma se mi sta dicendo cazzate le giuro che questo è l'ultimo bicchierino di Amarelli che berrà qui dentro".
Il commissario sorseggiò il liquore: "Buonissimo. Devi procurarmene una bottiglia, Elio... Dunque, quello che tu definisci una cazzata è accaduto nel 1996 in uno stabilimento balneare di San Benedetto del Tronto, nelle Marche".
"Lo so benissimo dov'è, per chi mi ha preso?", disse il ristoratore e si sistemò cavalcioni ad una sedia di fronte a Noce, braccia e mento appoggiate allo schienale.
"Non m'interrompere, per favore, lo sai benissimo che mi fai incazzare". E diede un altro sorso all'Amarelli: "Favoloso, questo liquore, semplicemente favoloso". E riprese il racconto: "A quell'epoca ero vice commissario, ma il mio superiore era in ferie, quindi toccò a me occuparmi del delitto. Te la farò breve: i due sono seduti sotto l'ombrellone, lui addormenta la donna con un sonnifero che aveva messo nella birra, poi la bacia e le fa inghiottire una capsula di cianuro passandola da bocca a bocca. Mentre è sempre chino sulla donna continuando a baciarla, con la mano destra fa partire un piccolo registratore che aveva nascosto nella borsa del mare e fa ascoltare a tutti questa frase: "Dai, fai il bravo, ho sonno, lasciami dormire". Una frase che - lo abbiamo scoperto dopo - aveva preso da una scena d'amore di un film. Poi, mentre la vittima apparentemente riposa, lascia lo stabilimento, raggiunge l'abitazione della donna, ammazza anche la cameriera strangolandola, apre la cassaforte, prende soldi e gioielli e sparisce letteralmente dalla circolazione. Non l'abbiamo mai preso, non siamo riusciti neppure ad individuare chi fosse".
"Possibile? Ma se lo hanno visto sulla spiaggia assieme alla donna!".
"Si, ma nessuno di quelli che abbiamo ascoltato come testimoni, sia sulla spiaggia sia altrove, sapeva chi fosse. Sappiamo soltanto che era alto, biondo, decisamente bello e sulla trentina. Per il resto, soltanto supposizioni, deve essere andata così: l'uomo, dopo aver preso informazioni sulla donna - che aveva una quindicina di anni più di lui e viveva sola - l'abborda, la corteggia, si fa invitare a casa per scoprire dove tiene nascosti soldi e gioielli e qualche giorno dopo la porta al mare in uno stabilimento lontano da quello abitualmente frequentato dalla donna, in modo da evitare incontri di amici e conoscenti. Il resto lo sai. E allora che ne dici? Non è un delitto incredibile? Eppure è accaduto veramente. E chissà quanti altri ne ha commesso quell'uomo! In Italia no, altrimenti ne avremmo avuto notizia".
"Mi auguro per lei, caro commissario, che non sia già all'estero anche colui che ha ammazzato lo strozzino e l'arbitro di pallanuoto. Io rimango dell'idea che si tratta della stessa persona", concluse Elio versando un'altra dose del denso liquore nero nel bicchierino della iena.
 
***

"Ma questa non è la Scandone! Dove cazzo mi trovo?".
Ma si buttò lo stesso.
Arcangelo Noce non riuscì a fare nemmeno un metro. Nuotava, nuotava, nuotava ma rimaneva sempre nello stesso punto. "Nei sogni accade sempre, porca troia, ma stavolta...". Non riuscì a terminare la frase, andò sotto, più giù, sempre più giù. "Adesso mi sveglio, succede sempre così".
Non si svegliò. Riemerse a fatica e riprese a nuotare. Ma era sempre nello stesso punto.
L'acqua improvvisamente diventò nera e molto più densa. "Ma che cazzo di acqua è?!", chiese ad Elio che lo guardava accovacciato sul bordovasca. "Non è acqua, commissario, è liquirizia. La beva e vedrà che ce la fa".
La iena vide un bicchierino di vetro che galleggiava. Lo afferrò, lo riempì del liquido nero, bevve tutto d'un fiato e, senza fare neppure una bracciata, si ritrovò dalla parte opposta della vasca. "Grazie, Elio, ho capito come fare". E si svegliò.
Guardò l'orologio. Erano le 6,14 di mercoledì 23 maggio. Si alzò, andò in bagno, fece una rapida doccia, si vestì e mise la moka sul fuoco. Aprì un armadietto della cucina è afferrò una confezione di fette biscottate, poi prese nel frigo un pane di burro e un vasetto di marmellata di ciliege. Gli stessi movimenti di tutti i giorni. Alle 7,15 sarebbe uscito di casa, un quarto d'ora dopo sarebbe stato sulla sua poltrona in commissariato.
Variazione sul tema alle 6,48: "Ma chi se ne fotte, io lo chiamo lo stesso!". E telefonò ad Elio.
"Ma si rende conto di che ora è?", rispose il ristoratore. "Buon per lei che ero già sveglio, altrimenti oggi l'avrei lasciata a pane acqua".
"Smettila di sparare cazzate e stammi bene a sentire. C'è una cosa che mi hai detto ieri sera che non riesco a ricordare, ma so che è importante. E' da quando sono sveglio che mi ballonzola nell'anticamera del cervello e non riesce ad entrare".
"Provi con un apriscatole", suggerì Elio.
"Non è facendo battute del cazzo che mi aiuterai. Su, datti da fare, cerca di ricordare cosa mi hai detto!".
"Ma su che argomento, commissario?".
"Sull'assassino, Elio, sull'assassino! O forse credi che mi sia d'aiuto la tua ricetta del polpettone di tonno?!".
Un attimo di silenzio sulla linea. Poi il ristoratore, come se avesse scoperto chissà cosa, esclamò: "Ah si, ora ricordo! Le ho detto che l'assassino di Borghese e l'assassino di Spoto sono la stessa persona".
"Ed è una cazzata, Elio. Comunque, non è questo che m'interessa. Forza, spremi le meningi. Lo so che per te è uno sforzo sovrumano, ma provaci lo stesso".
"Ok, ma mi dia almeno un indizio, qualcosa che aiuti a ricordare".
"E' qualcosa che riguarda l'assassino, Elio".
"Si, questo l'ho capito, me lo ha già detto... No, commissario, mi spiace, non mi viene proprio in mente. Se è per questo, anche lei ha la memoria corta. Lo sa che giorno è oggi?".
"E' il 23 maggio".
"E allora?".
"E' il mio compleanno, commissario. Non mi aspetto un regalo, ma almeno gli auguri...".
E improvvisamente nel cervello della iena si accese la luce.
"Gli auguri, certo! Ecco che cosa mi hai detto ieri sera! Ti sei augurato per me che l’assassino di Spoto non sia all’estero. Beh, può darsi che invece sia proprio così”.
 
***
 
“Sei tornata al momento giusto”.
La iena non sprecò neppure un attimo per salutare Donatella Dell’Angelo, al rientro dopo il viaggio di nozze. Il vice commissario aveva portato a Noce dalle Canarie del pregiato rum al miele che le era costato un occhio della testa e non vedeva l’ora di darglielo. Ma l’accoglienza del suo superiore, anzi la totale mancanza di accoglienza, fece scemare di botto tutto il suo entusiasmo e Donatella decise di tenersi per sé la bottiglia di rum. “Vuol dire che Walter ed io stasera ce la berremo alla tua salute, brutto stronzo”.
“Sei tornata al momento giusto perché ho un incarico da affidarti”, precisò la iena. E le spiegò la situazione.
Donatella ci mise soltanto mezzora per eseguire la prima parte dell’incarico. “Silvio Spoto non ha fatto testamento. Tutti i suoi averi – mi ha spiegato il suo legale – vanno al fratello Pietro, che vive in Inghilterra”.
“E che ha un alibi solidissimo”, gli aveva assicurato Antonio Riccio aggiungendo: “Quando Spoto è stato ucciso, lui si trovava a Birmingham. Abbiamo controllato, non può essere stato lui”.
La seconda parte dell’incarico riguardava la situazione economica del fratello dello strozzino. Il vice commissario Dell’Angelo ci mise un po’ di tempo in più ma riuscì ad appurare che “Pietro Spoto è sommerso dai debiti. Ha fatto investimenti azzardati e adesso è sotto di circa duecentomila sterline. Ha dovuto anche ipotecare la casa che possiede a Birmingham”.
“E dunque tu pensi che il fratello dello strozzino abbia assoldato qualcuno per ammazzarlo”, disse Riccio quando Noce gli espose telefonicamente l’idea che gli era venuta in mente”.
“Tra liquidi e proprietà immobiliari – precisò Noce - Pietro Spoto erediterà una cifra superiore al milione di euro. Bastano e avanzano per sistemare la sua traballante situazione economica e vivere di rendita. Senza contare i crediti che Silvio Spoto vantava come strozzino. Inoltre i rapporti tra i due fratelli erano tutt’altro che idilliaci. L’avvocato di Silvio Spoto, tra l’altro, ci ha detto che tre mesi fa Pietro Spoto ha telefonato al fratello per chiedere un prestito ricevendo un secco rifiuto. Secondo quello che lo strozzino avrebbe riferito all’avvocato, pare che Silvio Spoto gli abbia risposto così: “Per me sarebbe un pessimo affare, un fallito come te non ha alcuna possibilità di restituirmi il denaro”.
“Ma perché tutto questo rancore? L’avvocato lo ha spiegato?”.
“Si. Pare che quarant’anni fa abbiano litigato ferocemente per una donna. Il rapporto si è incrinato e i due non si sono parlati più. In tutto questo tempo, sempre secondo quello che ha riferito l’avvocato, l’unico contatto tra i due fratelli è stata proprio la telefonata che Pietro ha fatto a Silvio tre mesi fa per chiedergli un prestito”.
“Dimentichi una cosa, però – disse Riccio -: visto che i due non avevano rapporti da anni, Pietro Spoto non poteva sapere che il fratello non aveva fatto testamento. Quindi, se ha assoldato qualcuno per ucciderlo, c’era il rischio che il delitto potesse essere completamente inutile”.
“Fino ad un certo punto – obiettò Noce -: essendo l'unico consanguineo vivente, in ogni caso Pietro Spoto avrebbe avuto diritto ad una parte dell’eredità. E poichè il patrimonio globale del fratello ammontava ad oltre un milione di euro, la quota spettante a Pietro Spoto è più che sufficiente a ripianare i suoi debiti”.
“C’è un’altra cosa, tuttavia, che non mi convince – argomentò Riccio –: la dinamica del delitto. Chi ha ucciso lo strozzino lo ha fatto con rabbia, non è un’esecuzione da killer professionista”.
La iena avrebbe voluto rispondergli: “Ma ti devo proprio insegnare tutto, pezzo di asino? Possibile che non capisci che si è trattato di una messinscena?”. Invece disse: “Evidentemente il killer lo ammazzato di botte proprio per sviarci, proprio per farci credere che l’autore del delitto era uno dei debitori dello strozzino. E infatti ci siamo cascati in pieno ed abbiamo perso un sacco di tempo ad interrogarli”.
“D’accordo – disse Riccio -: ammettiamo che sia andata cosi e che Pietro Spoto abbia ingaggiato qualcuno per ammazzare il fratello. Adesso come cazzo facciamo a trovare il killer?”.
“Infatti non lo troveremo – rispose Noce -. Arrivati a questo punto ci resta una sola cosa da fare: metterci l’anima in pace. Se, come credo, Pietro Spoto ha fatto ammazzare il fratello, non abbiamo alcuna possibilità di incriminarlo”.
“Una possibilità forse ci sarebbe – intervenne Donatella Dell’Angelo, che aveva assistito alla conversazione -: ricordo che in un film giallo uno strozzino aveva nascosto una telecamera nel proprio appartamento per filmare gli incontri con i propri debitori, in modo da poter avere una testimonianza dell’accordo nell’eventualità che qualcuno di loro volesse fare il furbo”.
Noce riferì a Riccio quello che aveva detto il suo vice.
“I miei uomini hanno guardato dappertutto in casa dello strozzino – rispose il dirigente del commissariato del Vomero-Arenella -: però, arrivati a questo punto, che cosa ci costa fare un altro sopralluogo? Non si sa mai”.

***

La squadra alla ricerca della telecamera (ammesso e non concesso che ci fosse davvero) nell'appartamento di Silvio Spoto era formata dai commissari Noce e Riccio e dal vice commissario Dell'Angelo.
Setacciarono lo studio dello strozzino da cima a fondo: niente.
"I clienti li riceveva qui. Quindi se Spoto filmava gli incontri - argomentò Antonio Riccio - la telecamera può averla messa soltanto in questa stanza".
Lo studio di Spoto occupava gran parte dell'abitazione. Al centro della grande stanza, dalla forma rettangolare, una scrivania antica con tre sedie in massello di mogano foderate di velluto verde bottiglia. "Aveva buon gusto quel maiale", commentò Noce guardando l'ampia libreria, sempre in mogano, alle spalle della scrivania.
Ai lati della libreria una finestra con tende leggere, bianche e ricamate, e la porta che separava lo studio dalla camera da letto. Sul versante opposto della stanza un angolo-soggiorno con un divano e due poltrone, anche quelli verde bottiglia. "Gli doveva piacere molto questo colore", commento Donatella Dell'Angelo accarezzando il delicato tessuto della poltrona nella quale aveva preso posto. Accanto a lei, nell'altra poltrona, la iena in meditazione. Seduto sul divano, Antonio Riccio a fare il punto della situazione: "Se qui non l'abbiamo trovata, significa che la telecamera non c'è. Non vedo per quale motivo Spoto avrebbe dovuto metterla altrove".
"E adesso?", chiese Donatella Dell'Angelo.
"E adesso ci fottiamo - rispose la iena -. Non abbiamo alcuna possibilità d'incastrare Pietro Spoto".
"Ma un modo deve pur esserci! Forse c'è sfuggito qualcosa, forse la soluzione è a portata di mano e non ce ne rendiamo conto. Proviamo a fare un riepilogo di tutto quello che è accaduto finora", suggerì Riccio.
"Si, ma prendi carta e penna, altrimenti non riesco a raccapezzarmi", disse la iena.
Riccio andò meccanicamente con la mano destra al taschino della giacca, ma a vuoto. "Cazzo, l'ho lasciata in ufficio".
"Poco male, vado a prenderne una sulla scrivania dello strozzino", intervenne Donatella Dell'Angelo.
Il vice commissario tornò con carta e penna e si accomodò nuovamente sulla poltrona. "Se siete d'accordo, prenderò appunti io. Prima di entrare in Polizia ho fatto un paio di anni come amministratrice di condominio".
"Si guadagna bene?", chiese Riccio.
"Dipende - rispose Donatella -: se i condominii sono belli grandi, ci puoi fare anche i soldi. Se invece sono piccoli come quelli di cui mi occupavo io, ci fai soltanto la fame. Allora, cosa devo scrivere?".
"Comincia a... un momento, Donatella, fammi vedere quella penna", disse Riccio e si alzò dal divano. "C'è una strana finestrella sul cappuccio".
"Dove, dove?", chiese Donatella in preda a grande eccitazione.
Senza darle il tempo di controllare, Riccio le strappò la penna di mano e... "Ci siamo! La telecamera è qui dentro!".
"Sei sicuro?", chiese Noce.
"Ma certo, ne ho viste già altre. Danno immagini abbastanza buone e c'è anche il sonoro".
"Devono costare un occhio della testa", commentò Donatella.
"Poco più di 30 euro", precisò Riccio sorridendo. "Si comprano regolarmente su eBay".
 
***

Il filmato comincia con Silvio Spoto che apre la porta d'ingresso del suo appartamento all'assassino. L'uomo è calvo. Altezza media, età tra i 40 e i 50, lineamenti regolari, baffi e pizzetto. Indossa un completo nero senza cravatta, la camicia è blu notte.
 
Venerdì 11 maggio - Ore 23,06
Conversazione di Silvio Spoto con il suo assassino
 
Spoto: "Prego, le faccio strada".
Assassino: "Mi spiace aver dovuto disturbarla a quest'ora, ma Michele le ha spiegato la mia premura. Ho urgentemente bisogno di quel denaro, lunedì mattina devo andare in banca per coprire un assegno".
Spoto: "Poteva venire tranquillamente domani, se è per questo. Io lavoro anche il sabato e la domenica. Michele non glie l'ha detto?".
Assassino: "Si, ma ho voluto anticiparmi ugualmente".
Spoto: "Ha fatto bene... Prego, si accomodi. Gradisce qualcosa? Un liquore, un caffè?".
Assassino: "La ringrazio, sto bene così".
Spoto: "D'accordo. Dunque, Michele mi ha detto che lei ha bisogno di 35mila euro. Giusto?".
Assassino: "Si. Mi ha anche spiegato che è possibile un pagamento a rate mensili e che l'interesse è del 30%".
Spoto: "Esatto. Ho già preparato tutto. Vuol favorirmi un documento di riconoscimento, per favore?".
Assassino: "Va bene la carta d'identità?".
Spoto: "Va benissimo. Legga il documento e controlli se tutto è in ordine. Io intanto vado a prenderle il denaro".
 
Le immagini inquadrano Spoto che si allontana e si dirige verso la camera da letto. Al suo ritorno ha con sè una borsa di tela grigia.
 
Assassino: "E tutto a posto. Ho già firmato".
Spoto: "Benissimo. Controlli se la somma è giusta, per favore".
Assassino: "Non ce n'è bisogno".
Spoto: "La ringrazio per la fiducia. Scusi se mi tolgo la giacca, ma fa molto caldo e motivi di salute m'impediscono di utilizzare il condizionatore d'aria".
 
Le immagini diventano mosse e confuse,  poi il filmato s'interrompe. Si intuisce che Spoto, dopo essersi tolto la giacca, ha interrotto la registrazione video e ha riposto la penna sulla scrivania.
 
"Quell'uomo?", chiese Noce a Riccio.
"Mai visto prima. Credo proprio che tu abbia ragione, si tratta di un killer assoldato dal fratello di Spoto. Si è presentato come cliente e ha fatto fuori lo strozzino. A questo punto non ci resta che inviare la sua foto all'Interpol e ai commissariati di tutta Italia nella speranza che qualcuno lo riconosca. Intanto sentirò anche i miei informatori. Quel Michele secondo te è Borghese?".
"Non so che dirti, tutto può essere - rispode la iena -. Se è lui l'uomo che ha fatto da tramite, adesso è chiaro perchè l'assassino lo ha tolto di mezzo. Però può trattarsi anche di un'omonimia. In ogni caso sarà bene sentire i nostri informatori per vedere se sanno di chi si tratta".
 
***
 
"Lei cosa ne pensa, commissario?, chiese Elio quella sera in trattoria.
"Non credo che Borghese e il Michele che ha messo in contatto l'assassino con Spoto siano la stessa persona, e continuo a pensare che l'arbitro nulla abbia a che vedere con la morte dello strozzino. In altre parole, mio caro Elio, tra  Borghese e l'uomo che ha ucciso Spoto c'è la stessa attinenza che esiste tra un vero ristorante e la tua trattoria: cioè, nessuna".
"Cosa glielo fa credere?".
"Che domande?! Qui si mangia da cani".
"No, commissario, intendevo dire cosa le fa credere che l'arbitro non possa essere il Michele di cui parlano Spoto e l'assassino nel filmato".
"Se quel Michele era effettivamente Borghese, perchè non ha partecipato all'incontro? Abitava nell'appartamento accanto. E poi - ma mi pare di avertelo detto più di una volta - io vado a sensazioni. E  il mio sesto senso continua a dirmi che Michele Borghese non è stato ammazzato dall'uomo che ha ucciso Silvio Spoto".


 

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