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Dalla nona alla dodicesima puntata

  Pubblicato il 26 Gen 2019  10:39
LA NONA PUNTATA
Roscigno, giovedì 10 maggio, ore 17,10
Una mente matematica. Era una delle capacità di Arcangelo Noce, in grado di fare conti complicati, impossibili per la maggior parte della gente, senza l'aiuto della calcolatrice. Spesso Elio lo metteva alla prova in trattoria con moltiplicazioni a due cifre, la risposta era sempre esatta. "Quindi non ti azzardare a imbrogliarmi sul conto, con me non hai speranze".
Il commissario non ebbe bisogno di contare le giocatrici presenti nella piazza principale del paese fantasma insieme con l'allenatore Brini, il vice Silvestri e l'addetto stampa Troccola. Si accorse immediatamente che erano soltanto 11. "E la dodicesima che fine ha fatto?", chiese a Brini con disappunto, che diventò incazzatura di primo grado quando l'allenatore dell'Aquatic Napoli rispose "Bina Napolitano è rimasta a casa, ha 38 di febbre, non potevo certo portarla qui".
"E perchè non mi ha avvertito? Ma si rende conto che c'è stato un omicidio? Da come si comporta, mi sembra proprio di no. E adesso come cazzo facciamo a ricostruire l'accaduto? Forza Brini, me lo dica lei".
Occhi bassi, l'allenatore non rispose. Si fece avanti Anna Saputo, il capitano: "Ho un'idea, commissario: il suo vice potrebbe prendere il posto di Bina facendosi dare da lei tutte le informazioni per telefono".
"Si, facciamo il sopralluogo per corrispondenza! Ma non mi faccia ridere, signorina!".
L'idea, invece, gli era piaciuta. Ma non voleva ammetterlo pubblicamente. Prese in disparte Donatella Dell'Angelo e, al termine di un breve conciliabolo, tornò dal gruppo e disse: "E va bene. Facciamo come dice il capitano. E' un'idea cretina ma non abbiamo alternative. Però se la cosa non funziona, ce ne andiamo subito e torniamo qui domani pomeriggio al gran completo, anche se la febbre della vostra compagna è salita a 40°... Allora, Brini, mi dica con precisione cosa è successo il giorno del delitto".
"Siamo arrivati alle 17 circa e abbiamo fatto tutti insieme un rapido giro del paese, cominciando da lì". E indicò la strada in leggera salita che dalla piazza principale portava al dedalo di viuzze nel quale c'era anche la casa abbandonata dove era stato trovato il cadavere di Carolina Mazzi.
"E poi?".
"Dopo una ventina di minuti siamo tornati nella piazza principale e le ragazze hanno espresso il desiderio di giocare a nascondino".
"Di chi è stata l'idea?", chiese Noce.
"Come faccio a ricordare, commissario?", sbottò Brini. "E poi che differenza fa? A cosa può servire saperlo?".
Mentre stava per essere azzannato dalla iena, l'allenatore fu salvato in corner: "Sono stata io a proporlo", intervenne Francesca Tozzi confermando quanto aveva detto Alessandra Romano in commissariato. "Il paese, come può vedere, si presta perfettamente: c'è una quantità enorme di possibili nascondigli".
Da ragazzino a San Benedetto Del Tronto, la sua città natale, Arcangelo Noce giocava a nascondino per strada e spesso andava sotto volontariamente soltanto per assaporare il gusto di poter dire ai suoi compagni "Dove ti sei nascosto, brutto stronzo?" oppure "La mamma di chi salva tutti è una troia" e tante altre cose carine del genere. E poichè sin da bambino voleva fare l'ingegnere come suo padre, non avrebbe mai potuto immaginare che un giorno, nella piazza principale di un paese abbandonato, si sarebbe ritrovato nei panni di commissario di polizia a chiedere ad una squadra di pallanuoto "qual'era l'area delimitata che avete scelto per giocare a nascondino?".
Rispose Brini: "La piazza e gli edifici annessi".
Un quadrilatero che presentava, guardando la piazza dalla parte opposta all'ingresso del paese, un lato (A) completamente inutilizzabile ai fini del gioco, senza abitazioni e con una stradina di accesso alle campagne. Sulla destra (lato B) i servizi pubblici e tre caseggiati con negozi e abitazioni, di fronte (lato C) altri quattro caseggiati, sulla sinistra (lato D) la chiesa e la stradina che portava alla parte alta del paese. In totale almeno una trentina di possibili nascondigli sfruttando gli ingressi dei negozi e delle abitazioni, quasi tutti accessibili. Al centro della piazza, più spostata verso il lato C, la fontana adesso quartier generale delle operazioni di Arcangelo Noce.
"Chi è andato sotto a nascondino?", chiese la iena.
"Io". Dal gruppo, seminascosta dalle compagne di squadra, spuntò la mano di Valeria Croce.
"Venga fuori, signorina, non abbia timore". La dolcezza con la quale Noce invitò la ragazza a farsi avanti sorprese tutti, a cominciare da Donatella Dell'Angelo, alla quale per poco non venne un colpo per lo stupore quando il commissario aggiunse: "Sono certo che lei saprà dimostrare a tutti i presenti quanto è brava nel ricordare l'accaduto. Mi dica innanzitutto: quanto tempo è durato il gioco?".
"Non saprei, commissario. Forse un'ora, forse qualcosa in più".
"Possiamo dire, quindi, che il gioco è cominciato alle 17,30 circa e si è concluso alle 18,30?".
"Si, commissario - intervenne Brini -: l'ho detto anche alla pattuglia della polizia che venne qui quella sera".
Il "Silenzio!" con il quale la iena zittì l'allenatore dell'Aquatic Club esplose come un petardo nella tranquillità del paese abbandonato. "Siete pregati di intervenire soltanto se interrogati". Poi, rivolto nuovamente a Valeria Croce: "Quante volte avete ripetuto il gioco?".
"Una sola, commissario".
"Come sarebbe, una sola? Avete giocato per più di un'ora soltanto una volta?".
"Si, commissario".
"Posso?", chiese Anna Saputo timidamente.
"Dica pure", acconsentì la iena.
"Poichè Valeria è la più giovane del gruppo, spesso la prendiamo in giro affettuosamente. E così, prima di nasconderci, ci siamo messi d'accordo per far durare il gioco il più a lungo possibile".
"In che modo?", chiese il commissario.
"Qualcuno ha barato ed è andato a nascondersi al di fuori dell'area stabilita".
"Lei mi sta dicendo che alcuni di voi durante il gioco sono usciti dalla piazza?".
"Esatto".
"Posso sapere chi è stato e dove è andato?".
"Io sono andato nella strada che porta verso la parte alta del paese - intervenne l'addetto stampa Troccola -. Con me sono venute Francesca Tozzi e Grazia Esposito. Una volta imboccata la salita, ci siamo separati".
Mentre Donatella Dell'Angelo prendeva nota sul suo taccuino, Noce si rivolse al gruppo: "Qualcun altro durante il gioco si è allontanato dalla piazza?".
Nessuna risposta.
"E nessuno di voi durante il gioco ha visto Carolina Mazzi, giusto? Me lo potete confermare?".
"Si, commissario", rispose Angelo Brini.
"D'accordo. Allora adesso statemi bene a sentire: proveremo a ricostruire l'accaduto, a ripetere nel limite del possibile cosa è successo quella sera. Signorina Croce, dove si è messa a contare mentre gli altri si nascondevano?".
La ragazza indicò uno degli alberi accanto alla fontana.
"Molto bene. Vada a piazzarsi lì. Mentre la signorina Croce conta fino a 31, tutti gli altri sono pregati di ripetere gli stessi movimenti di quella sera. Andate, cioè, a nascondervi esattamente nello stesso posto che sceglieste il 25 aprile".
"...27, 28, 29, 30, 31". Appoggiata all'albero, terminata la conta, Valeria Croce scoppiò in un pianto dirotto.

***

"Forza, dai, dobbiamo farcela assolutamente!".
"Più di questo non posso, commissario. C'è traffico".
"E cosa aspetti a mettere la sirena?".
Erano le 23,17. Donatella Dell'Angelo obbedì e la sua Golf iniziò lo slalom tra le vetture a via Nuova Marina. "Ma lei non era quello che detestava la guida spericolata?".
"Si, ma non quando c'è una causa di forza maggiore. Stasera Elio ha fatto il polpo alla luciana, non posso assolutamente perdermelo. Ha detto che mi aspetta fino alle 23,30".
Arrivarono a via Lepanto alle 23,28. "Brava Donatella, ti proporrò per una promozione. Resti a cena con me?".
"La ringrazio, commissario, ma ho Walter che mi aspetta a casa. Buon appetito".
Elio accolse il commissario davanti all'ingresso della trattoria con un "Ha fatto appena in tempo. Stavo già per abbassare la saracinesca".
"Tu hai fatto appena in tempo, Elio. Se non mi avessi aspettato, domani ti avrei mandato il Servizio Igiene Pubblica e, vista la situazione della tua bettola, ti saresti beccato come minimo un mese di chiusura. Mi hai messo da parte il polpo?".
"Si, e anche una porzione di alici fritte e una decina di polpette al sugo".
"Così poche?".
"Se vuole le faccio un primo".
"No, lascia perdere. Per stavolta mi accontenterò di questi quattro rimasugli".
"E allora, com'è andata a Roscigno?", chiese Elio dalla cucina mentre riscaldava le vivande.
"Meglio del previsto. E' successo qualcosa di inaspettato".
"Cioè?".
"Innanzitutto una delle ragazze, quella che è andata sotto a nascondino, alla fine della conta si è messa improvvisamente a piangere e...".
"...ha confessato di essere stata lei ad ammazzare Carolina Mazzi".
"Ma che cazzo dici, Elio?! Non ha neppure diciotto anni quella ragazzina".
"E allora perchè si è messa a piangere? Ho capito, è lesbica ed era innamorata segretamente di Carolina".
"Ma la pianti di dire stronzate? Pensa piuttosto a non far attaccare il polpo alla pentola come è successo l'altra volta".
"Ma che centra? Quella volta un cliente ebbe un malore, dovetti per forza lasciare i fornelli. Al mio posto lei cosa avrebbe fatto?".
"Prima avrei messo in salvo il polpo, chiudendo il gas sotto la casseruola, e poi sarei intervenuto".
"Ok, ha ragione lei", tagliò corto Elio portando il vino a tavola. Rigorosamente rosso, il commissario lo preferiva anche quando le portate erano a base di pesce.
"E allora, si può sapere perchè si è messa a piangere 'sta ragazza?".
"Una semplice crisi di nervi, Elio. Più che comprensibile considerata la giovanissima età e la situazione di stress che stasera si era venuta a creare".
Elio portò a tavola il polpo, guarnito da un contorno di friarielli.
"Ma lei prima ha parlato di "qualcosa di inaspettato" con evidente riferimento alle sue indagini. A cosa si riferiva?".
"Stasera due delle persone presenti a Roscigno non hanno detto la verità".
La iena prese coltello e forchetta e guardò avidamente il polpo nel piatto. "E adesso a noi due".
 
***
 
LA DECIMA PUNTATA
Commissariato di Fuorigrotta - Venerdì 11 maggio - ore 11
Gli interrogatori avvennero separatamente. L'uomo fu ascoltato dal commissario Noce, la ragazza dal vice commissario Dell'Angelo. A entrambi fu mostrata la foto di un caseggiato, quello di fronte alla fontana nella piazza principale di Roscigno. Presentava sette ingressi di abitazioni. Gli inquirenti li indicarono sulla foto con le lettere dalla A alla G, quest'ultimo il più vicino all'unica strada di accesso al paese.

"Quando abbiamo fatto la ricostruzione del nascondino lei ha mentito".
L'uomo impallidì. "Come sarebbe a dire, commissario?".
"Glielo spiego subito. Durante la conta lei non sapeva dove andare, ha tentennato visibilmente e poi all'ultimo momento si è infilato nell'abitazione E".
"Ero indeciso - si giustificò l'uomo - perchè sono trascorse più di due settimane dal giorno del delitto, non ricordavo bene il mio nascondiglio. Come vede - e picchiettò con l'indice sulla foto - gli ingressi delle abitazioni si assomigliano un po' tutti".
"Non ricordava qual'era? E perchè non me l'ha detto subito?".
"Perchè poi, pensandoci bene, mi sono reso conto che il nascondiglio era proprio quello".
"Strano, perchè nell'abitazione E è andata a nascondersi anche Alessandra Romano, e la ragazza è certa che il giorno del delitto in quel nascondiglio non c'erano altre persone. "Mi sono sorpresa quando l'ho visto entrare, ho detto subito a Franco che si stava sbagliando".
E allora, signor Silvestri, mi vuol dire dove è andato veramente il giorno del delitto?".
 
"Nell'abitazione C. Quante volte glielo devo dire?".
"Ne è davvero sicura, signorina?", chiese Donatella Dell'Angelo.
"Certo. Perchè mai dovrei raccontarle il falso?".
"Non lo so, questo me lo deve dire lei. Io posso soltanto ribadirle che la sua versione dei fatti non mi convince. E sa perchè? Perchè non corrisponde a quella di Roberta Ciccariello e Paola Di Stasio. Soltanto loro il giorno del delitto sono andate a nascondersi nell'abitazione C. All'interno, del resto, lo spazio era particolarmente angusto: a stento ci si poteva stare in due".
"Forse ieri sera mi sono confusa. Forse era l'ingresso accanto, sono tutti uguali".
"L'ingresso accanto, dice?". Donatella Dell'Angelo prese la foto del caseggiato e la mostrò nuovamente alla ragazza. Me lo indichi, per favore".
"Ecco, questo qui", e indicò quello con la lettera B, il penultimo sulla destra del fabbricato.
"Mi spiace, signorina, ma non è possibile: lì non si può entrare. E' un deposito della Pro Loco chiuso a chiave. E allora, signorina Russo, mi vuol dire dove è andata veramente il giorno del delitto?".
 
"D'accordo, commissario, le dirò la verità: Gloria Russo ed io abbiamo una storia. Da circa un anno. Non lo sa nessuno. Io sono sposato e amo mio moglie, non voglio perderla. Ecco perchè ho mentito, per paura che si venisse a sapere dove eravamo Gloria ed io mentre gli altri giocavano a nascondino. Sono stato io a proporre al gruppo di fare lo scherzo a Valeria Croce: volevo che il gioco si prolungasse per rimanere il più possibile assieme a Gloria da solo. Non appena Valeria ha iniziato a contare, abbiamo imboccato la strada che porta fuori dal paese e siamo entrati nella prima abitazione sulla sinistra".
"Me la descriva, Silvestri".
"Ma perchè, commissario? Non mi crede?".
La iena sferrò sulla scrivania un pugno che fece sobbalzare il vice allenatore dell'Aquatic Napoli. "Me la descriva e basta! Non mi faccia perdere la pazienza, con lei ne ho già avuta fin troppa".
"Era una casa a due piani, invasa dalle macerie, quasi del tutto inaccessibile. Anche il portoncino era semidistrutto, Gloria non voleva entrare".
 
"Dai, Franco, andiamo via. Qui c'è solo mezzo portone, se qualcuno passa ci vede".
"Ma chi vuoi che passi a piedi in questo posto abbandonato da Dio? Non avere paura".

 
"E così l'ho convinta. Siamo rimasti per tutto il tempo nell'androne".
"Quanto tempo, Silvestri?".
"Quaranta minuti, al massimo trequarti d'ora".
"Se qualcuno fosse passato per strada l'avreste visto?".
"Gloria sicuramente si. Non ha fatto altro che sbirciare per timore che qualcuno potesse vederci. Ma non è passata anima viva".
 
"C'è qualcosa che non quadra", disse l'uomo di sotto.
Erano le 5, notte fonda. Soltanto due ore dopo l'alba avrebbe portato un po' di luce  nella cella 26 del Padiglione Genova del carcere di Poggioreale.
"Cos'è che ti lascia perplesso?", chiese Gabriele Marino.
"Se Carolina non è passata per l'unica strada di accesso al paese, come ha fatto a raggiungere l'abitazione dove è stato rinvenuto il cadavere?".

 
"Come cazzo ha fatto?", chiese Noce andando su e giù nervosamente per il suo ufficio sotto lo sguardo di Donatella Dell'Angelo.
"Non c'è altra spiegazione - rispose il vice commissario -: è entrata da un'altra parte".
La iena si fermò di botto e guardò Donatella di traverso: "A questo c'ero arrivato anch'io. Ti risulta per caso che esista un altra strada di accesso al paese?".
"No, commissario".
"E allora perchè mi fai perdere tempo con le tue ovvietà?". E riprese ad andare su e giù per la stanza.
"Ok, commissario, tolgo il disturbo", tagliò corto Donatella. E si avviò verso la porta.
"Ferma lì!", tuonò la iena. Come si chiama il presidente della Pro Loco? Mi sfugge il nome".
"Parente, Claudio Parente".
La iena prese il cellulare, scorse la rubrica e pigiò: "Sono il commissario Noce".
"Ah, buongiorno commissario, come sta?".
"Lasci perdere i convenevoli e mi stia bene a sentire: "Che le risulta, c'è un altra strada d'accesso al paese oltre quella principale?".
"Ce ne sono tante, commissario, lo dovrebbe sapere. E poi "paese"... non le sembra un po' riduttivo?".
"Riduttivo? Parente, ma per caso ha bevuto?".
"Io non bevo mai, commissario. Sono astemio".
"Ma se è stato lei a suggerirmi di prendere una bottiglia di Aglianico la prima volta che ci siamo visti".
"Aglianico? Sarò astemio, commissario, ma non del tutto rincoglionito. Rosso Piceno, questo è il vino che sicuramente le ho suggerito, ammesso e non concesso che l'abbia fatto. Sono passati circa vent'anni dalla prima volta che ci siamo visti".
Noce improvvisamente capì: "Mi scusi, signor sindaco, ho sbagliato Parente. Mi saluti sua moglie". E chiuse la telefonata.
"Ho telefonato per sbaglio al sindaco di San Benedetto del Tronto. Anche lui si chiama Parente, ma Carlo. Sti cazzo di cellulari...".
Donatella Dell'Angelo non riuscì a soffocare la risata che le stava esplodendo dentro. Noce le voltò le spalle, non voleva far vedere che stava ridendo anche lui.
"Ridi, ridi, Donatella. Se questo episodio esce fuori da questa stanza, ti giuro che cambio vice commissario. Adesso vediamo di non sbagliare un'altra volta...".
"E' lei signor Parente?".
"Si, chi è che parla?".
"Sono il commissario Noce. Non le farò perdere molto tempo, ho bisogno di una sola informazione: c'è un'altra strada di accesso al paese abbandonato oltre quella principale?".
"Si, commissario. Nella strada principale, a una cinquantina di metri dalla piazza, c'è un viottolo che porta alla parte alta del paese".
"Ne è sicuro, signor Parente?".
"Sicuro come mi chiamo Claudio, commissario", e la iena sorrise ripensando all'equivoco col sindaco di San Benedetto del Tronto.
"E allora come mai non abbiamo visto la stradina durante il sopralluogo?".
"Perchè adesso non è più accessibile a causa del crollo di una palazzina. Ci sono soltanto macerie".
"Quando è avvenuto il crollo?"
"Qualche giorno dopo l'omicidio, commissario".
 
"Quindi, per rientrare in paese, Carolina è passata da lì", chiese l'uomo di sotto.
"Proprio così.  Forse voleva evitare che gli altri la vedessero, e questo avvalora l'ipotesi che avesse appuntamento con qualcuno".
"Si, ma come ha fatto a capire che la stradina conduceva in paese? Carolina non era mai stata a Roscigno, da quello che ho potuto capire".
"Non lo so - rispose Gabriele Marino -. Forse ad indicargliela è stata la persona che aveva appuntamento con lei".
"Si, ma come? Con un messaggio?".
"No, altrimenti sarebbe risultato durante le indagini. Non so che dirti, per me è un mistero".

***

La iena invitò Donatella Dell'Angelo a fare il punto della situazione.
"Adesso sappiamo che Carolina è rientrata nel paese servendosi della stradina laterale. La domanda a questo punto è: c'è andata da sola oppure con Gabriele Marino? In questo caso l'assassino non può essere che lui. Ma se c'è andata da sola...".
"...l'assassino è uno della squadra oppure qualcun altro con il quale la ragazza aveva appuntamento", aggiunse Donatella.
"Esatto. Escludendo Buonfante, il meccanico, che ha un alibi inattaccabile, non rimane che Dell'Annunziata. Quell'idiota di Coviello non lo prendo nemmeno in considerazione. Carolina non gli avrebbe mai dato un appuntamento e, in ogni caso, non ha assolutamente le palle per commettere un omicidio del genere".
"E quelli della squadra?".
"Secondo le varie testimonianze, i possibili autori del delitto ormai sono soltanto tre, cioè coloro che durante il nascondino sono andati verso la parte alta del paese: l'addetto stampa Troccola, Grazia Esposito e Francesca Tozzi".
"Ma sono proprio le due compagne di squadra che odiavano maggiormente Carolina Mazzi!", fece notare Donatella Dell'Angelo.
"Già. E se hanno commesso il delitto, sicuramente lo hanno fatto assieme. L'hanno ammazzata per strada e poi hanno trasportato il cadavere nella casa abbandonata".
 
***

L'UNDICESIMA PUNTATA
Via Consalvo - Sabato 12 maggio

Pioggia e vento stavano flagellando la città.
Noce uscì da casa alle 7,40 spaccate, così come ogni mattina. Il vento impiegò pochi secondi a disarmarlo dell'ombrello. Non perse tempo a tentare di recuperarlo: si era incastrato sotto una macchina parcheggiata in divieto di sosta. La iena prese il numero di targa.
Il commissario non cercò di raggiungere la fermata del 41. Versione Noce di un celeberrimo detto: "E' più facile che un cammello passi per la cruna dell'ago che un autobus arrivi in orario in questa città".
Per evitare di affogare, la iena si accucciò dentro il soprabito ed entrò in un bar.
"Le faccio un caffè?", chiese il barista.
"No, mi faccia un piacere, chiami un taxi". E gli mostrò il tesserino.
"Perchè cazzo non se lo chiama lui?", pensò il barista.
Ignorava che la iena il telefono sapeva usarlo soltanto per le chiamate ordinarie.
"Vigevano 46, fra tre minuti è qui. E' sicuro che non vuole un caffè o qualcos'altro di caldo?".
"No, porca troia!".
Non ce l'aveva con il barista. Dalla porta a vetri del bar aveva intravisto il 41 che gli era passato sotto il naso.
Vigevano 46, però, arrivò puntuale. "Ci vorrebbe una barca stamattina", disse il tassista sperando in un compagno di viaggio disponibile alla conversazione. Noce non lo era mai stato e tagliò corto: "Faccia presto, per favore".
Erano le 7,54. Stavolta non poteva essere il polpo alla luciana il motivo della premura del commissario. Voleva arrivare al più presto in ufficio, tutto qui. Soltanto il pensiero di giungere in ritardo lo faceva star male. Non aveva appuntamenti urgenti, era una questione di principio: alle 8, secondo la "tabella Noce", il commissario doveva essere dietro la sua scrivania, domeniche e festività comprese.
"Sono un commissario di polizia, non si preoccupi: se le fanno la multa, gliela faccio togliere".
"E io sono soltanto un tassista, non un pilota di formula uno".
Ma alle 7,59 il taxi lasciò Noce davanti al commissariato di Fuorigrotta.
"Bravo, giovanotto", si complimentò la iena. Ma non gli lasciò nemmeno un centesimo di mancia.
 
***
 
Quando Giuseppe Troccola giunse in commissariato un caldo sole aveva preso il posto del temporale. L'addetto stampa dell'Aquatic Napoli era stato convocato per le 10, Noce lo ricevette soltanto mezzora dopo. Ritardo dovuto esclusivamente alla sua scarsa simpatia per i giornalisti. "Che stia a friggere in sala di attesa", disse a Donatella Dell'Angelo quando il vice commissario gli comunicò l'arrivo di Troccola.
L'attesa forzata, però, non ebbe alcun effetto sul giovane giornalista. Pur avvertendo l'ostilità della iena, e pur sapendo di essere tra i sospettati per l'omicidio di Carolina Mazzi, Troccola affrontò l'interrogatorio con tranquillità e rispose con grande prontezza a tutte le domande.
"Lei ci ha detto che durante il gioco è andato a nascondersi nella parte alta del paese, non lontano dal caseggiato dove è stato ritrovato il corpo di Carolina Mazzi. Conferma?".
"Si, e non mi sono mosso da lì per trequarti d'ora. Come lei sai, commissario, c'eravamo messi d'accordo per fare uno scherzo a Valeria Croce".
"E lei mi vuol fare intendere che per 45 minuti è rimasto sempre nello stesso posto?".
"E' la verità, commissario. Ma dello scherzo a Valeria non me ne fregava niente, il motivo era un altro: volevo prolungare il gioco per permettere a Franco Silvestri di appartarsi tranquillamente con Gloria Russo. Franco è un caro amico ed ho nei suoi confronti un debito di riconoscenza: è stato lui a farmi avere il posto di addetto stampa all'Aquatic Napoli".
"Silvestri, tuttavia, ci ha fatto capire che nessuno è a conoscenza della sua relazione con la Russo".
Troccola sorrise: "Ma se lo sanno tutti... chieda pure alle altre ragazze della squadra. Facciamo finta di non saperlo per un fatto di discrezione".
Noce si alzò dalla scrivania e, seguito dallo sguardo del giornalista, andò alla finestra e la spalancò. Suo padre gli aveva trasmesso l'amore per il mare, la iena a San Benedetto del Tronto aveva un ufficio dal quale poteva vedere lo splendido litorale marchigiano. Adesso si doveva accontentare della vista dello Stadio San Paolo. Detestava il calcio, al solo pensiero chiuse di nuovo la finestra.
"Ed è a conoscenza anche della relazione tra l'allenatore Brini e Carolina Mazzi?", chiese a Troccola tornando a sedersi dietro la scrivania.
"Certo. Nemmeno quella era un mistero".
"E lei?".
"Io cosa, commissario?".
"Lei non ha mai avuto rapporti particolari con qualche giocatrice della squadra?".
"No, commissario. Me ne guardo bene. E non faccio distinzione alcuna, per me sono tutte uguali, brave e meno brave".
"Tuttavia ci risulta - e mostrò a Troccola il tabulato - che negli ultimi due mesi lei abbia fatto ben 11 telefonate a Carolina Mazzi, alcune delle quali della durata di oltre mezzora. E nello stesso periodo ne ha fatte soltanto 3 ad Anna Saputo, che pure è il capitano della squadra".
"Ho già spiegato i motivi al suo vice, la dott.ssa Dell'Angelo. Telefonate di lavoro, tutto qui. Del resto, se io avessi avuto una relazione con Carolina Mazzi le telefonate non sarebbero state a senso unico. Ho sempre chiamato io Carolina, mai viceversa".
 
"Questo non vuol dir nulla. Anche a me Carolina non telefonava mai", disse Gabriele Marino. "Faceva parte del personaggio, voleva tenere gli uomini sulla corda e ci riusciva benissimo".
"Ma questo Troccola, quindi, non aveva un alibi - argomentò l'uomo di sotto -: dice che è rimasto nello stesso posto per trequarti d'ora, tempo più che sufficiente per incontrarsi con Carolina e per ammazzarla".

 
"Io so a cosa sta pensando, commissario, ma le assicuro che si sta sbagliando: non sono stato io a uccidere Carolina. Era una ragazza molto attraente, non lo nego, e non nego neppure di averci fatto un pensierino. Ma con lei non ci ho mai provato, e sa perchè? Perchè non sono il tipo da dividere una donna con altri. O tutto o niente".
"Un'ultima domanda, signor Troccola: quando lei è andato a nascondersi nella parte alta del paese, ha visto dove sono andate Grazia Esposito e Francesca Tozzi?".
"Siamo saliti insieme per la stessa strada, l'unica che dalla piazza principale porta alla parte alta del paese. Io mi sono fermato dopo una trentina di metri e mi sono nascosto, loro hanno proseguito oltre. Non so dirle altro".
 
***
 
Forse si erano messe d'accordo. Fatto sta che le versioni dei fatti di Grazia Esposito e Francesca Tozzi, interrogate separatamente e rispettivamente dal commissario Noce e dal suo vice Dell'Angelo, combaciavano perfettamente: "Ci siamo nascoste insieme in una palazzina mezzo diroccata nella parte alta del paese e, secondo gli accordi presi con gli altri per lo scherzo a Valeria Croce, siamo rimaste lì per mezzora circa. Poi abbiamo ripercorso la stradina per tornare nella piazza principale, abbiamo atteso per una decina di minuti che Valeria si allontanasse, ci siamo precipitate verso l'albero dove aveva fatto la conta e abbiamo toccato prima di lei".
Non combaciava quello che dissero dopo.
Francesca Tozzi: "Sono contenta che Carolina sia morta, sarei un'ipocrita se dicessi il contrario. La odiavo con tutte le mie forze, ma non sono stata io ad ammazzarla".
Grazia Esposito: "Carolina ed io siamo state in buoni rapporti fino a quando non ha fatto la spia con il presidente. E' andato a dirgli che io qualche volta faccio uso di marijuana, mi ha fatto beccare un mese di sospensione. Non so perchè l'abbia fatto, forse perchè era malvagia. Da quel giorno con me ha chiuso. La sua morte non mi ha fatto nè caldo nè freddo, l'omicidio sì. E non sono l'unica. Tutta la squadra ne ha risentito, da quel giorno non siamo state più capaci di vincere una partita".
 
***
 
Sabato 12 maggio - Ore 23,30
"Ce l'hai sempre, vero, la busta con il mio pronostico sull'assassino?".
"Certo, commissario".
"Giura che non l'hai aperta".
"Glielo giuro sulla cosa che mi è più cara al mondo, la mia trattoria", rispose Elio alzando la mano destra come in un'aula di tribunale. "Perchè me lo ha chiesto, ha forse cambiato opinione?".
"No, e ti ho già detto che non è un'opinione, soltanto una sensazione. Neppure avvalorata dai fatti. Erano e rimangono cinque, anche dopo gli interrogatori di stamattina, le persone che avrebbero potuto uccidere Carolina Mazzi, e con le medesime probabilità".
"Un bel rompicapo", commentò Elio mentre versava il caffè.
"Ti confesso che mai, nella mia carriera, mi sono imbattuto in un caso così complicato. Ed è proprio su quello che l'assassino conta per farla franca. Sa benissimo che non è l'unico ad essere sospettato".
"Certezze finora?".
"Una sola, hai bruciato il caffè. E sono molto preoccupato: era l'unica cosa che sapevi fare qui dentro".
 
***

LA DODICESIMA PUNTATA
Domenica 13 maggio - Piscina Scandone di Napoli - Ore 13,03
"Torna Bina, torna!", urla Angelo Brini sporgendosi verso il bordovasca mentre l'arbitro lo guarda storto.
Il centroboa dell'Aquatic Napoli è in netto ritardo sulla controfuga della Rari Nantes Lazio. Il difensore del centro avversario, dopo averle sottratto facilmente il pallone, ha preso tre metri a Bina e nuota verso la porta difesa da Paola Di Stasio, secondo portiere, mandato in acqua da Brini a metà partita per sostituire Barbara Fattore, oggi un fantasma tra i pali. Il punteggio è 8-8, mancano soltanto 14" alla fine della gara, il tecnico napoletano spera di salvare almeno il pareggio. Ma il pallone, a conclusione della controfuga, perviene alla mancina laziale, che scavalca con un pallonetto Di Stasio in uscita. E' la terza sconfitta consecutiva dell'Aquatic Napoli, dagli spalti della Scandone arriva qualche fischio e un "Andate a casa, che è meglio".
Anna Saputo, il capitano, esce dall'acqua e si dirige verso il tifoso contestatore: "Lo sai quello che stiamo passando, fottuto animale?", gli urla con tutta la sua rabbia scagliandogli la calottina addosso. Il tifoso le volta le spalle e si avvia verso l'uscita. "Dove cazzo vai, vigliacco, mica ho finito". "Dove cazzo vai tu?!", le urla Brini tirandola via mentre la sua giocatrice sta scavalcando le transenne. "Ci manca solo che ti becchi una squalifica e il quadro è completo".
Il capitano si accascia sulla panchina, la rabbia ha lasciato il posto allo sconforto. "Non piangere, Anna, quegli stronzi non meritano nulla", le sussurra "Bunny" Baratto abbracciandola da dietro. I suoi lunghi capelli bagnati piovono come una cascata sulla compagna mischiando l'acqua alle lacrime. Poco lontano, ammutolite, Grazia Esposito e Francesca Tozzi assistono alla scena.
 
"Sono state loro".
Lunedì 14 maggio Alessandra Romano si presentò in commissariato con i capelli rosso fuoco. Corrispondevano al suo stato d'animo: "Sono state Grazia e Francesca ad uccidere Carolina", ribadì con rabbia.
"Le ha viste uccidere?", chiese Noce con calma conoscendo già la risposta.
"No, ma...".
"E allora le sue affermazioni valgono zero", signorina Romano. "Io ho acconsentito a riceverla nella speranza che lei mi portasse nuove prove, o almeno indizi. Di semplici supposizioni non so che farmene".
"Non è una semplice supposizione, e nemmeno un caso, che durante il nascondino si siano dirette verso la parte alta del paese, dove è stata uccisa Carolina, proprio le due persone che la odiavano maggiormente".
"Ma la loro destinazione durante il gioco - obiettò Noce - è stata dettata dalla necessità di fare lo scherzo a Valeria Croce".
"E guarda caso - aggiunse Alessandra Romano - si sono offerte per andare nella parte alta del paese proprio loro. E la rabbia con la quale il corpo di Carolina è stato preso a calci e gettato nel buco del pavimento? Non è reazione di una persona gelosa come potrebbe esserlo un amante, ma di gente carica d'odio come Grazia e Francesca".
 
"Io non avrei mai potuto farlo", disse Gabriele Marino all'uomo che occupava il letto di sotto nella cella 26. "Ammettiamo che l'abbia uccisa io: per quale motivo avrei dovuto infierire in quel modo? Io quel corpo lo amavo".
 
"A prendere a calci il cadavere - replicò Noce ad Alessandra Romano - potrebbe essere stato anche uno dei suoi amanti delusi, non crede?".
La simpatia del commissario nei confronti della ragazza consentì alla giocatrice dell'Aquatic Napoli di rimanere nel suo ufficio oltre ogni limite previsto. Altri sarebbero stati messi alla porta con abbondante anticipo. Incredibilmente, inoltre, Noce s'intrattenne con Alessandra Romano chiedendo informazioni sullo stato di salute della squadra: "E' vero che dal giorno dell'omicidio non avete vinto nemmeno una partita?".
"E' vero. Abbiamo perso anche contro formazioni che non valgono una cicca. Ma era prevedibile, commissario, con quello che stiamo passando. Le uniche che stanno giocando bene, nonostante tutto, sono proprio Grazia Esposito e Francesca Tozzi. Soltanto un caso?".
Noce non rispose, non ebbe il tempo. Dal centralino gli passarono una chiamata da Salerno. "Sono il vice questore Dazzo".
"Che fine ha fatto Cosentino?", chiese la iena.
"Stamattina hanno ammazzato di botte un barbone sul litorale. E' andato sul posto. Ma non è per questo che l'ho chiamata. C'è qui da noi un certo Carpentieri. Dice che il giorno del delitto di Carolina Mazzi era a Roscigno e sostiene di essere in possesso di importanti informazioni".
"E perchè si è presentato soltanto oggi?", chiese la iena.
"E' stato all'estero, o almeno così mi ha detto".
"Che te ne pare, potrebbe essere un mitomane?".
"Non mi sembra. Che faccio, glielo passo?".
"No, mandamelo immediatamente con una volante".
 
***
 
Lunedì 14 maggio - Ore 12,30
Augusto Carpentieri gli fece tornare alla mente il suo professore di matematica e fisica del liceo, di cui gli sfuggiva il nome. A Noce erano rimasti impressi il volto, le movenze dinoccolate e l'esperimento che ogni mattina, nelle giornate di bel tempo, il professore effettuava in aula. Prendeva dalla tasca interna della giacca un pacchetto di "Nazionali Esportazione" senza filtro, toglieva una sigaretta e la sistemava sul pacchetto nell'angolino della cattedra più esposto al sole. Poi si toglieva gli occhiali e li poggiava di fronte alla sigaretta. Versione tabagista dello specchio ustorio di Archimede, esperimento dal medesimo risultato ogni giorno: la sigaretta non riuscì ad accenderla mai.
"Come cazzò si chiamava, ce l'ho sulla punta della lingua", pensò la iena mentre ascoltava Carpentieri seduto dall'altra parte della scrivania in completo griglio chiaro, panciotto, camicia bianca e cravatta rossa. Lo stesso abbigliamento con il quale, invariabilmente, si presentava ogni giorno in aula quel professore il cui cognome lo stava facendo impazzire ("Marino? No, non mi sembra... Mattone? No, quello insegnava storia e filosofia").
Stesso abbigliamento, taglia decisamente inferiore. Il suo professore di matematica ("Macchi? Macchia?") era un gigante che sfiorava il metro e novanta, Carpentieri un ometto che viaggiava verso i settanta. Capelli grigi, lineamenti regolari, un enorme neo sullo zigomo destro e una specie di tic: pollice e indice della mano destra che, senza tregua, andavano a torturare la parte inferiore del mento.
"Sono un ingegnere in pensione, commissario, e per passare il tempo dipingo. Nature morte. Non so fare altro. Sono di Salerno, ma da quando sono andato in pensione vivo a Sacco, un paese vicino a Roscigno, dove mia moglie possiede una casetta in campagna. Mercoledì 25 aprile, il giorno in cui è stata uccisa quella povera ragazza, mi sono deciso ad andare a Roscigno. Era un po' che avevo intenzione di farlo: nella piazza principale del paese c'è il tronco di un enorme albero, lo hanno lasciato lì per i turisti. Molto suggestivo. Se lo si guarda da una certa angolazione sembra un cervo in agonia, volevo fotografarlo al tramonto per poi tirarci fuori un quadro. Ho preso la mia Panda e sono arrivato a un centinaio di metri all'ingresso del paese, ma dall'altra parte è sopraggiunta un'altra vettura. La strada è stretta, in due è impossibile passare: ho fatto retromarcia e, durante la manovra, sono andato a strisciare con la fiancata destra contro un cartello stradale. E' stata talmente la rabbia che ho deciso di tornare immediatamente a casa".
"Ha visto il guidatore dell'altra vettura?".
"No, commissario, e non so neppure che macchina fosse. Io non me ne intendo. Posso dirle soltanto che era scura, forse blu, e che era più grossa della mia".
"A che ora è successo?".
"Non glielo so dire con precisione. Ma da casa sono partito intorno alle 18 e per arrivare a Roscigno non ci vuole più di mezzora".
"E' sicuro di non sbagliare giorno?".
"Mercoledì 25 aprile, non possono esserci dubbi: il giorno dopo ho portato la macchina a riparare dal carrozziere. Gli ho telefonato ieri per chiedere conferma, era proprio giovedì 26 aprile".
"Come mai ha atteso quasi venti giorni per presentarsi alla polizia?".
"Mia moglie ed io siamo partiti per la Spagna. La nostra unica figlia vive a Madrid. Siamo tornati tre giorni fa e ieri pomeriggio, guardando la televisione, ho visto un servizio sull'omicidio e ho collegato le due cose".
 
***

"Un pittore che si tortura continuamente il mento con la mano. Non le sembra strano, commissario? Come fa a dipingere?".
"Cazzi suoi, Elio".
"Che le è preso? Oggi è di poche parole".
"Mi è preso che sto riflettendo, Elio".
"E lo faccia ad alta voce", chiese il ristoratore mentre andò a prendere l'amaro.
"Quel tizio che è venuto stamattina in commissariato sostiene che...".
"Maledizione!"
"Cosa è successo, Elio? Mica hai fatto cadere l'amaro?".
"No, ma c'è mancato poco. Sono andato a sbattere contro lo spigolo del marmo della cucina".
"Marmo! Ecco come si chiamava!".
"Chi, la persona che è venuta stamattina in commissariato?".
"No, il mio professore di matematica del liceo. Ma non c'entra un cazzo con quello che stavo dicendo. Dunque, questo tizio, che si chiama Carpentieri, il giorno del delitto è andato a Roscigno e si è imbattuto in una persona che stava lasciando il paese in macchina, proprio nella zona in cui Marino sostiene di aver parcheggiato la sua Renault. Carpentieri non ha visto in faccia il guidatore e non ha saputo dirmi la marca dell'autovettura, ma ricorda che era scura, forse blu, esattamente come quella di Gabriele Marino".
"E allora?"
"E allora c'è una cosa che non coincide con il racconto di Marino: Carpentieri sostiene che ha visto quella macchina alle 18,30, Marino ci ha detto che ha lasciato il paese alle 18 circa, dopo il breve incontro con Carolina Mazzi".
"Quindi - argomentò Elio mentre la iena sorseggiava l'amaro - se l'uomo che Carpentieri ha visto in macchina era Marino, sicuramente è lui l'assassino".
"Esatto. I fatti potrebbero essere andati così: Carolina Mazzi raggiunge Marino alle 17,30, ma i due non rimangono in macchina, raggiungono la parte alta del paese fantasma prendendo la viuzza che adesso è impraticabile per la frana, ed entrano in un'abitazione. Dopo aver fatto l'amore, la ragazza gli comunica che tra loro due è finita, Marino perde la testa e la uccide. Poi, ripercorrendo la stessa viuzza, torna alla macchina e nel lasciare il paese s'imbatte nella Panda di Carpentieri".
"Ma è attendibile questo Carpentieri?", chiese Elio.
"Si, e in ogni caso la sua testimonianza esclude automaticamente dalla lista dei sospetti sia Troccola, l'addetto stampa, sia Esposito e Tozzi, le due compagne di squadra di Carolina".







 

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