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Dalla decima alla tredicesima puntata

  Pubblicato il 30 Apr 2120  18:42
LA TREDICESIMA PUNTATA
Noce si mordeva le mani. Quando aveva convocato Martina Vollero in commissariato per interrogarla sulla morte di Enrico Ruggiero, la iena le aveva offerto un caffè e lei aveva accettato volentieri, pur trattandosi di quello del distributore automatico. Se fosse stato lungimirante, il commissario avrebbe conservato il bicchierino di carta per poi poter confrontare il dna con uno dei residui di capelli rinvenuti dalla Scientifica nella Volvo di Bruno Gambino, ma adesso quel bicchierino chissà dov'era...
"Non ci rimane altro - suggerì Donatella Dell'Angelo - che convocare nuovamente Martina Vollero e offrirle un altro caffè".
"Si, ma stavolta lo facciamo venire dal bar. Quella sbobba della macchinetta io non la bevo".

***
 
Sabato 29 marzo - Ore 9,20
Martina Vollero si presentò in tuta.
"Chiedo scusa, commissario, ma stamattina alle 10 ho allenamento. Non posso saltarlo, domani abbiamo una partita importante, è in ballo l'intera stagione".
"Cercheremo di fare il più presto possibile", assicurò la iena e alzò il ricevitore del telefono per parlare col centralino. "Facci portare del caffè dal bar".
La donna rimase in silenzio.
"L'ho convocata - precisò Noce - per chiederle qualche altra informazione su Gambino".
"E non potevi chiedermelo per telefono, brutto sgorbio", pensò la donna.
"Vede, noi siamo dell'idea che la chiave di tutta questa vicenda sia proprio lui".
"Mi sta dicendo che è stato Gambino ad uccidere Enrico?", chiese la donna.
"Abbiamo forti sospetti. E' l'unico che aveva un movente e non possedeva un alibi. Ma ci sono anche altri particolari, emersi nel corso dell'inchiesta, che ci spingono a credere che sia stato lui ad ammazzare Ruggiero".
"Ma io che informazioni posso darle?", obiettò la donna facendo spallucce. "Tutto quello che sapevo sul conto di Gambino ve l'ho già detto".
"Lo so - annuì Noce -, ma inconsapevolmente può esserle sfuggito qualcosa. Lei ci ha detto che Enrico Ruggiero l'aveva messa a conoscenza delle sue intenzioni di licenziare Gambino, giusto?".
"Giusto. Ma non mi ha detto altro".
"E' sicura? Ruggiero non le ha parlato di minacce da parte di Gambino?".
"No, commissario. Mi ha detto soltanto che Gambino aveva sottratto somme ingenti all'azienda e perciò aveva deciso di liberarsi di lui. Tutto qui".
"Come lei ben sa, prima di essere ucciso Enrico Ruggiero ha ricevuto una telefonata mentre era in tribuna a guardare la partita di calcio femminile. Noi pensiamo che a fare quella chiamata sia stato Gambino in base ad un appuntamento preso con Ruggiero il giorno prima. Il suo compagno non le ha accennato nulla in proposito?".
"No, commissario, altrimenti glielo avrei detto".
Noce non sapeva cos'altro chiedere alla donna per intrattenerla. A salvarlo in corner arrivò il caffè e Donatella Dell'Angelo, in piedi accanto alla scrivania del commissario, tirò un sospiro di sollievo. Ma il suo stato d'animo cambiò radicalmente quando Martina Vollero alla domanda di Noce "Quanto zucchero?" rispose "No grazie, di caffè stamattina ne ho presi già due".
"Gradisce qualcos'altro?", chiese Noce speranzoso. "Non faccia complimenti, la nostra macchinetta qui fuori è fornitissima".
"La ringrazio, sto bene così".
Se il momento non fosse stato drammatico, Donatella sarebbe scoppiata a ridere davanti a tutta quella premura della iena. Mai visto prima un Noce così gentile e ossequioso: in condizioni normali se ne sarebbe altamente fregato del rifiuto della donna di prendere il caffè, e di certo non le avrebbe offerto un'alternativa.
Ci voleva un escamotage. Donatella prese la sua tazzina di caffè, versò un cucchiaino di zucchero, lo girò e bevve un sorso. Poi si portò alle spalle della donna ma, proprio mentre stava per versarglielo sui capelli fingendo di essere inciampata, Martina Vollero allungò la mano versa una tazzina e disse: "Va beh, che sarà mai un caffè in più?! Lo prendo amaro, grazie".
Qualche minuto dopo rientrò il ragazzo del bar e si avvicinò alla scrivania. "Posso portare via?".
"Lascia tutto dov'è", gli intimò la iena. "Ci pensiamo noi".

***

"E così l'avete incastrata", commentò Elio quella sera in trattoria
"Credo proprio di sì", annuì la iena e aggiunse: "L'esame del dna ci darà la conferma".
"Non vorrei fare il disfattista, commissario, ma da dove proviene tutta questa certezza che il dna darà ragione alle sue supposizioni?".
"Innanzitutto dal mio sesto senso, e lo sai che raramente sbaglia. Ma poi lo dice anche la logica, il "cui prodest", che nulla a che vedere con il prurito, voglio subito precisarlo considerata la tua proverbiale ignoranza".
Elio non ribattè, si limitò a dire con un sorriso "Vada avanti".
"Sono cose che già sai, Elio. E' stato Gambino ad ammazzare Ruggiero su incarico di Martina Vollero, che poi ha fatto fuori anche lui. Ammazzandolo nella Volvo ha lasciato sul sedile anteriore destro un residuo di capello che la inchioderà alle sue responsabilità: ha sempre sostenuto che la sua conoscenza di Gambino era soltanto limitata e occasionale. E adesso, se non vuoi farmi incazzare, tira fuori la Sambuca dell'altra volta".

***
 
Martedì 31 marzo - Ore 18
Stavolta Martina Vollero non si presentò in commissariato in tuta. Indossava un jeans, un golfino azzurro sopra una camicetta bianca e non nascondeva una certa irritazione: "E' la seconda volta in quattro giorni che vengo convocata qui, e senza alcuna apparente motivazione. Voglio ricordarle, commissario, che io lavoro e che questo lavoro è legato all'attività di tredici pallanuotiste, le quali senza di me non possono allenarsi come richiede il delicato momento della stagione agonistica che stiamo attraversando".
"La motivazione c'è - ribattè Noce -. Lei ha dichiarato di aver visto Bruno Gambino soltanto nelle rare occasioni in cui è andata nella sede del mobilificio a Torre del Greco. Lo conferma?".
"Certo".
"E' una menzogna. Nella Volvo di Gambino sono stati ritrovati residui di capelli e uno di questi appartiene a lei, signora Vollero: l'esame del dna lo ha confermato".
"Quale esame del dna? Voi non mi avete chiesto alcuna autorizzazione". Poi ricordò: "Il caffè! Ecco perchè mi avete convocato l'altra volta, per farmi bere il caffè e prelevare il mio dna dalla tazzina". Lo disse con rabbia, alzandosi di scatto dalla sedia. "Un volgare espediente, una vera e propria truffa. Ma non vi servirà a nulla, mi è stato estorto con l'inganno".
"Innanzitutto si calmi e si sieda", le ordinò Noce. "Non c'è stato alcun inganno, alcuna estorsione: il caffè lo ha bevuto di sua volontà. Ma non è questa la cosa importante: l'unico fatto rilevante è che lei ha mentito. E' stata nella Volvo di Bruno Gambino, quindi lo conosceva bene".
"Voglio il mio avvocato", esclamò furente la donna prendendo dalla borsetta il cellulare.
"Mi spiace, non è nel suo diritto. Non l'abbiamo accusata di nulla, lei è qui solo ed esclusivamente in veste di persona informata di fatti".
"Gambino ed io eravamo amanti", disse improvvisamente Martina Vollero.
"Da quanto tempo?", chiese Noce.
"Da qualche mese", rispose la donna.
Noce aprì il cassetto centrale della scrivania, prese una foto e gliela mostrò. Martina Vollerò impallidì.
"Conosce quest'uomo?", chiese Noce.
Nessuna risposta.
"Si chiama Nicola Borrelli, è un giovane allenatore, lavora per una società napoletana di pallanuoto maschile e da oltre un anno ha una relazione con lei. Quanti amanti ha, signora Vollero?".
Anche stavolta la donna non rispose.
"Vuole sapere come siamo giunti a queste informazioni? Glielo spiego subito: quando è uscita da questo commissariato sabato scorso, l'abbiamo fatta pedinare. E anche nei giorni successivi. Ieri sera si è incontrata con Borrelli nella sua abitazione e stamattina noi lo abbiamo convocato qui. Non ha potuto avvertirla perchè è tuttora in commissariato, senza cellulare: per precauzione lo abbiamo preso noi. Ebbene, Nicola Borrelli ci ha spiegato tutto e ci ha detto che non conosce Gambino: di lui sa soltanto che era il direttore del mobilificio e che è stato ammazzato nella sua Volvo al Parco Virgiliano. Noi gli crediamo. Ci è parso sincero anche quando ha affermato che, da quanto gli risulta, i rapporti tra lei e Gambino erano di semplice conoscenza, al contrario di quello che lei, signora Vollero, ha affermato poco fa. Lei ci ha mentito una seconda volta. Perchè? Se non era l'amante di Gambino, come mai un suo capello è stato ritrovato nella sua Volvo?".
Martina Vollero anche stavolta non rispose.
"Adesso sì che può chiamare il suo avvocato. Ne ha tutti i diritti".

***
 
LA DODICESIMA PUNTATA
Cenarono arrangiandosi con "quel poco che c'è in frigo", aveva suggerito l'uomo prima che Martina Vollero lo utilizzasse per fare un'ottima carbonara. "La cosa che più mi piace di te è la totale negazione per la cucina", disse lei mentre l'uomo apriva una bottiglia di rosso.
"E io che m'illudevo fosse la mia abilità a letto...".
"Anche quella, certo. Ma se c'è una cosa che non sopporto sono gli uomini che si piazzano in cucina per il solo fatto che va di moda: dopo tre ore di sperimentazioni assurde ti fanno mangiare uno schifo e ti lasciano tutto sottosopra come se avessero cucinato per un reggimento intero".
"Tuo marito".
"Appunto. "Vieni, cara, accomodati, assaggia, stasera ti faccio andare in paradiso", fece il verso al fu Enrico Ruggiero. "Il fatto è che non mi faceva andare in paradiso nemmeno dopo in camera da letto".
"Voto?".
"Nemmeno la sufficienza. E poi era maledettamente pesante, uno schiacciasassi".
"Io sarò leggero come una piuma", assicurò l'uomo mentre spingeva dolcemente Martina verso la camera da letto.
Fecero l'amore fino alle 2. "Adesso basta", ordinò Martina. "Devo alzarmi presto, ho appuntamento alle 9 con le maestranze del mobilificio, vogliono sapere che ne sarà dell'azienda".
"Che ne sarà?", chiese a sua volta l'uomo.
"Non ho ancora deciso, forse la venderò", disse mentre lui cominciava a stuzzicarle con le labbra l'orecchio sinistro.
"Maledizione a te! Lo sai che se fai così non resisto", e si abbandonò nuovamente alle carezze del compagno.

***

Dormirono non più di quattro ore. Mentre Martina Vollero si preparava per uscire, l'uomo rimase a ciondolare a letto. "A che ora ci sentiamo?", le chiese.
"Chiamami a mezzogiorno. Anzi, no, ti chiamo io: per il momento lasciamo tutto così com'è, non voglio che quelli dell'azienda sospettino qualcosa".
"Ma prima o poi dovremo pure sentirci e vederci normalmente", protestò garbatamente.
Lei gli si avvicinò, gli stampò un bacio sulla bocca e in tono categorico disse: "Per i lo momento non se ne parla nemmeno. E continuiamo a sentirci con le schede prepagate".

***

Noce e Donatella Dell'Angelo analizzarono nuovamente i tabulati telefonici di Gambino. Cercavano qualcosa che li indirizzasse verso quel complice di cui entrambi sospettavano l'esistenza. Ma anche stavolta il risultato fu scoraggiante. "Niente, assolutamente niente", commentò desolata il vice commissario. Esattamente lo stesso esito che avevano avuto finora le sue ricerche sulla presunta amante del marito, complice anch'essa: non di un delitto ma di tradimento. "Ste cazzo di tessere prepagate!", esclamò Donatella pensando alle irrintracciabili conversazioni clandestine del marito.
"Maledette loro e chi le ha inventate!", le fece eco la iena riferendosi alle telefonate tra Gambino e colui (o colei) che in combutta con il direttore del mobilificio aveva ammazzato Enrico Ruggiero per poi spedire all'altro mondo anche lui.
"E maledizione anche a Gambino!", aggiunse Donatella. "Due volte coglione: rischia la galera uccidendo Ruggiero in un posto rischiosissimo e poi si fa ammazzare come un pollo dentro la sua macchina da chi lo ha aiutato a liberarsi del suo datore di lavoro".
E qui, come spesso gli accadeva quando era immerso nel buio più totale delle indagini, improvvisamente nel cervello di Noce si accese la luce: "Non è stato il complice ad aiutare Gambino ad ammazzare Ruggiero. E' stato Gambino ad aiutare il complice".
"E non è la stessa cosa?", domandò perplessa Donatella.
"Eh no, c'è una sostanziale, importantissima, fondamentale differenza: se fosse stato il complice ad aiutare Gambino, il movente sarebbe stato inequivocabilmente soltanto il posto di direttore che Gambino rischiava di perdere, movente che non mi ha mai convinto. Se invece è stato lui ad aiutare qualcun altro ad ammazzare Ruggiero, la posta in palio deve essere stata decisamente più importante, e tale da giustificare veramente il rischio di un omicidio".
"E cioè?".
"Il patrimonio di Enrico Ruggiero. Gambino è stato l'esecutore...".
"...e Martina Vollero la mandante", aggiunse Donatella dando un pugno con la mano destra sul palmo della sinistra. "Erano amanti", aggiunse completando la rivelazione.
"Forse", asserì Noce. "Ma non è da escludere che i due fossero soltanto complici. Le cose potrebbero essere andate così: dopo tre anni di convivenza Martina Vollero decide di liberarsi di Enrico Ruggiero. Non lo ama più, ma se lo lascia deve rinunciare alla bella vita alla quale l'imprenditore l'ha abituata. Escogita quindi il delitto, ma non se la sente di portarlo a termine da sola e contatta Bruno Gambino, di cui conosce la precaria situazione lavorativa. Oltre al mantenimento del posto di direttore, gli offre in cambio dell'esecuzione materiale del delitto anche una bella fetta della torta che gli consegnerà quando entrerà in possesso del patrimonio di Ruggiero. Ma, dopo l'omicidio, qualcosa non va come nei piani e Martina Vollero decide di liberarsi di Gambino. Si procura un motorino, prende appuntamento con lui al Parco Virgiliano, lo ammazza, si libera del motorino, sale sull'auto che in precedenza aveva lasciato dall'altra parte dell'interruzione di via Tito Lucrezio Caro e si dilegua".
"Forse ha ammazzato Gambino perchè voleva il patrimonio tutto per sè", suggerì Donatella.
"Non credo, ce n'era abbastanza per entrambi. Probabilmente l'ha fatto fuori per il timore che parlasse, che si tradisse. Forse nei giorni successivi l'omicidio di Ruggiero lo ha visto vacillare".
"Francamente - fece osservare Donatella - Gambino nei vari interrogatori mi è sembrato tutt'altro che vacillante. Ma forse era soltanto apparenza: la Vollero ha temuto che crollasse e che trascinasse anche lei nel baratro, quindi ha preferito sbarazzarsene".
"C'è un solo problema, adesso, e non è certo di poco conto: dimostrare tutto questo. Non abbiamo uno straccio di prova, nemmeno un indizio".
"Veramente un indizio c'è: i residui di capelli rinvenuti nella Volvo di Gambino. Se uno di essi appartiene a lei - aggiunse Donatella - Martina Vollero deve spiegarci come mai è andato a finire nell'autovettura del direttore del mobilificio".
"Ah, certo. Ma chi ce la dà l'autorizzazione a prelevare un campione per effettuare la prova del dna?".


***
 
L'UNDICESIMA PUNTATA
Niente capelli asiatici sul sedile anteriore destro, niente giapponesina, niente alibi. "Quando ce l'ha fornito - disse la iena ad Elio - Bruno Gambino non immaginava minimamente che esiste una differenza sostanziale tra i capelli europei e quelli degli orientali, e nemmeno io del resto".
"In altre parole, la giapponesina esisteva soltanto nella sua fantasia", commentò Elio mentre sorseggiava un amaro assieme al commissario. L'orologio a muro della trattoria di via Lepanto indicava che era passata da sei minuti la mezzanotte.
"Beh, che esistesse o meno forse non lo sapremo mai. Può anche darsi che Gambino questa giapponesina l'abbia conosciuta veramente e che si sia ispirato a lei per inventarsi l'alibi. Di certo non era con lui domenica 15 marzo al Parco Virgiliano, e non c'era nemmeno Gambino: lui era al Campo Simpatia ad ammazzare Enrico Ruggiero. Ormai non ci sono più dubbi. Quello che non mi convince è il movente: non si rischia il carcere a vita per un licenziamento".
"E allora perchè l'ha ucciso?", domandò Elio.
La iena diede un ultimo sorso all'amaro e mostrò il bicchierino vuoto come per dire "Dammene un altro". Elio prese la bottiglia, versò il liquido ambrato e rabboccò anche il suo bicchierino in attesa della risposta, che arrivò assieme ad una smorfia che tradiva l'insoddisfazione di Noce: "Se lo sapessi, non sarei qui a perdere tempo assieme a te".
Una bugia bella e buona. Se la iena continuava a rivelare ad Elio, passo dopo passo, tutti gli sviluppi delle sue indagini non era soltanto per l'amicizia che lo legava a lui, ma anche e soprattutto perchè sapeva che lo scambio di opinioni (quelle di Elio gli avevano dato spesso imput preziosi) e il rivisitare assieme fatti e sviluppi dell'inchiesta avrebbero potuto chiarire qualcuno dei numeosi punti oscuri del doppio omicidio Ruggiero-Gambino.
"Riepiloghiamo. Sabato 14 marzo - esordì la iena - Enrico Ruggiero telefona a Gambino e i due si danno appuntamento al Campo Simpatia per il giorno dopo durante la partita di calcio femminile. Mentre Ruggiero è in tribuna accanto al vice presidente Dell'Aquila, arriva lo squillo di Gambino, il segnale convenuto. Ruggiero si allontana, scende le scale della tribuna e raggiunge il luogo dell'appuntamento, a noi sconosciuto. Sappiamo per certo che l'imprenditore non conosceva l'impianto, e anche Gambino ci ha detto di non averlo mai frequentato. Ma evidentemente ha mentito: sapeva dov'erano gli spogliatoi e vi ha condotto Ruggiero sapendo che si trattava del luogo ideale per portare a compimento il delitto. Tutti i presenti allo stadio in quel momento si trovavano sul campo di gioco o in tribuna".
"Tuttavia - intervenne Elio - qualcuno non presente allo stadio sapeva che Gambino stava ammazzando Ruggiero o è venuto a conoscenza del delitto nei giorni successivi. E ha mandato all'altro mondo anche lui".
"Forse, ma non ne abbiamo la certezza - precisò Noce -: non sappiamo, cioè, se i due omicidi sono collegati. Se lo sono, possono configurarsi -  partendo proprio dalla tua osservazione - due scenari:

1. Gambino aveva un complice e costui ovviamente sapeva che domenica 15 marzo avrebbe ucciso Ruggiero
2. Gambino ha agito da solo, ma qualcuno in un secondo momento ha capito che era stato lui ad ammazzare Ruggiero e, per un motivo a noi sconosciuto, lo ha spedito al Creatore

"Forse per vendetta, non certo perchè questo qualcuno aveva cominciato a ricattarlo. Non si ammazza la gallina dalle uova d'oro", osservò Elio.
"Certo. Sul conto corrente di Gambino, del resto, non ci sono tracce di pagamenti. Vendetta? Può darsi, ma io non credo molto a questa ipotesi. Sono più dell'idea che Gambino avesse un complice e che è stato proprio costui a farlo fuori. I due si danno appuntamento al Parco Virgiliano per venerdì 20 marzo, l'assassino raggiunge Gambino a bordo del ciclomotore rubato, entra nella Volvo e, approfittando di un momento di distrazione dell'altro, prende il corpo contundente che aveva con sè e gli spacca il cranio".
Elio finì il suo amaro. "Se permette, commissario, suggerirei in questo momento qualcosa di più forte. Ho della sambuca molto buona che mi ha portato un cliente, che ne dice?"
"Dico che sei il solito coglione: che aspettavi a tirarla fuori?".
"E alla Sambuca aggiungo la considerazione su un particolare che sicuramente non può esserle sfuggito, commissario: quando l'assassino è salito in macchina il corpo contundente non poteva certo averlo in mano. Sto pensando ad una borsetta, l'assassino secondo me è una donna".
"Niente lo esclude - commentò la iena -, e infatti tre dei quattro tipi di capelli rinvenuti sul sedile anteriore appartengono al sesso femminile. Ma non è detto che l'assassino avesse portato in macchina il corpo contundente in una borsa da donna, potrebbe averlo nascosto nel giaccone che sicuramente indossava: era sera, faceva freddo ed è arrivato in motorino. Quindi ad uccidere Gambino potrebbe anche essere stato un uomo".

***

L'uomo stava aspettando che finisse l'allenamento. Era in macchina, una Renault Captur grigio metalizzato. I capelli neri, cadendo sulla fronte, si affacciavano su un paio di occhi celesti che negli ultimi dieci minuti erano andati in continuazione dal cancello d'ingresso della piscina Scandone all'orologio. E viceversa. Poteva avere al massimo 25 anni.
Improvvisamente sorrise. Lei stava arrivando. Chinandosi quasi di novanta gradi, l'uomò aprì lo sportello di destra. "Come mai ci hai messo tanto?", chiese mentre la donna entrava nell'abitacolo. "Mentre stavo per andar via, mi ha bloccato il presidente - rispose Martina Vollero -: voleva fare il punto della situazione sulla squadra, mi ha chiesto anche se avevo bisogno di qualcosa".
"E tu cosa gli hai risposto?", chiese l'uomo scostandole i capelli dall'orecchio sinistro e baciandola sul collo.
"Non qui, potrebbero vederci", sbottò ritraendosi. "Ho detto al presidente che non avevo bisogno di nulla e che ho trovato le ragazze fisicamente a posto, meglio di quanto mi aspettassi: chi mi ha sostituito in questi giorni ha lavorato bene".
L'uomo accese il motore, partì e domandò: "Dove andiamo?".
"A casa tua", rispose la donna.
"Molto bene. Era un bel po' che non venivi da me", commentò con un sorriso soddisfatto. "Ma adesso nulla potrà impedirci di stare insieme".
 
***
 
LA DECIMA PUNTATA
Dopo un nuovo sopralluogo in via Tito Lucrezio Caro, gli agenti del commissariato di Posillipo trovarono il ciclomotore. L'assassino lo aveva occultato in un cespuglio a cento metri dall'interruzione stradale.
"I tuoi uomini sono delle teste di cazzo", disse Noce a Francesco Pirozzi, vice questore responsabile del commissariato di Posillipo. La iena era fuori dalla grazia di Dio: "Come cazzo hanno fatto a non vederlo durante il primo sopralluogo? Sono orbi?".
Ma era infuriato soprattutto con se stesso. Se Elio non lo avesse messo sulla strada giusta, adesso Noce sarebbe ancora a lambiccarsi il cervello per scoprire come aveva fatto l'assassino a dileguarsi dopo aver mandato all'altro mondo Bruno Gambino.
Adesso, però, c'era un altro interrogativo al quale bisognava dare una risposta: l'assassino, dopo aver oltrepassato l'interruzione, era salito su una macchina lasciata sul posto in precedenza oppure su quella di un complice? Un vero e proprio rebus, considerato che negli ultimi cento metri percorsi dall'assassino in via Tito Lucrezio c'era il vuoto assoluto: nessun negozio, nessun locale, nessuno al quale chiedere "Avete visto passare qualcuno imbrattato di sangue? Lo avete visto salire in macchina?"
Intanto gli accertamenti sul ciclomotore, nel rispetto delle previsioni di Noce, appurarono che il mezzo era stato rubato. E precisamente due giorni prima dell'omicidio di Gambino, per il quale era sempre in piedi il dilemma: era collegato oppure no con il delitto Ruggiero?
"Anche se i due casi non sono collegati - fece notare la iena a Donatella Dell'Angelo - di certo hanno un comun denominatore: l'assassino, o gli assassini, per entrambi gli omicidi hanno scelto una soluzione ad altissimo rischio: prima gli spogliatoi di un campo di calcio nel bel mezzo di una partita, poi l'appuntamento con la vittima in un luogo frequentato da coppiette".
"Forse non avevano altra scelta", commento Donatella.
"O forse - argomentò Noce - hanno scelto soluzioni complicate proprio per metterci in difficoltà". "E ci stanno riuscendo benissimo", ammise con se stesso.
"Di certo hanno studiato i delitti nei minimi particolari - sottolineò Donatella -: poteva bastare un nonnulla, vista la dinamica di entrambi, affinchè qualcosa andasse storto e i colpevoli fossero già in galera".
"E devono essere anche maledettamente abili - aggiunse la iena -: per l'omicidio di Ruggiero hanno avuto pochissimo tempo a disposizione, quello intercorso tra martedì 10 marzo, giorno in cui l'imprenditore ha preso l'appuntamento con il vice presidente Dell'Aquila per andare a vedere la partita di calcio femminile, e la domenica in cui è stato ucciso. Ma c'è anche un altro particolare che deve farci riflettere: la dinamica dell'omicidio di Gambino. Perchè l'assassino ha scelto un modo così cruento per ammazzarlo, e così rischioso visto che inevitabilmente gli schizzi di sangue gli sono piovuti addosso? Avrebbe potuto usare una pistola. Evidentemente non si tratta di professionisti, quindi il delitto probabilmente non è avvenuto per commissione".
"Forse - argomentò Donatella - l'assassino ha scelto di colpirlo alle spalle con un corpo contundente perchè non era certo di avere la meglio qualora, ad esempio, avesse scelto di strangolarlo. Non dimentichiamo che Gambino era una specie di gigante".
"Forse. Ma di certo - corresse Noce - un tentativo di strangolamento avrebbe comportato una colluttazione, le grida di Gambino e l'accorrere di gente qualora fosse riuscito ad aprire il finestrino per chiedere aiuto. Decisamente meglio colpirlo alle spalle approfittando del fattore-sorpresa".

***

Lunedì 23 marzo - Ore 15
Non furono d'aiuto agli inquirenti il tabulato telefonico del cellulare di Gambino e quello del telefono del suo ufficio. Anche il sopralluogo effettuato da Donatella Dell'Angelo lunedì mattina nell'abitazione della vittima non ebbe gli effetti desiderati. Noce lo capì non appena vide l'espressione sul volto del suo vice al rientro in commissariato. "Un buco nell'acqua, tutta fatica sprecata", confermò Donatella.
"E la moglie?", chiese la iena.
Altezza media, capelli e occhi castani, lineamenti regolari, Giulia Tomassini dimostrava - nonostante qualche chilo di troppo - meno dei 42 anni che risultavano dalla sua carta d'identità. "Non sono in grado di darvi informazioni utili alle indagini", disse per prima cosa a Donatella Dell'Angelo.
"Lasci giudicare a me", ribattè il vice commissario. Ma alla fine del colloquio dovette ammettere che la donna aveva ragione. Aria fritta fu quello che riuscì a raccogliere dalla sua testimonianza: "Bruno mi aveva messo al corrente del periodo difficile che stava attraversando per il lavoro, e mi aveva anche detto che attendeva da un momento all'altro la lettera di licenziamento, ma non mi è sembrato particolarmente preoccupato. L'omicidio di Ruggiero? Mi ha detto che lo avete interrogato, che gli avete chiesto un alibi. Ma la sua morte lo ha definitivamente scagionato", concluse Giulia Tomassini con una punta di acredine. Come per dire: "Brutti stronzi, se pensavate che era stato lui adesso siete serviti".
Tuttavia, nulla per il momento escludeva che Bruno Gambino avesse ammazzato Enrico Ruggiero per poi rimanere anch'egli vittima di un omicidio. "Se è stato lui ad ammazzare l'imprenditore, e i delitti sono collegati, la conclusione non può essere che una - disse Noce a Donatella -: c'è un'altra persona che lo ha tolto di mezzo per vendetta o per qualche altro motivo che in questo momento non conosciamo".

***

Lunedì 23 maggio - Ore 16,30
"Potevate prendervela più comoda", disse acidamente la iena al giovanotto alto e bruno che ebbe l'incarico di consegnare a Noce i risultati dei rilievi della Scientifica.
"Con tutta la buona volonta non abbiamo potuto fare prima, commissario. In questi giorni siamo sommersi di lavoro. Mi creda, il fatto che io sia qui è già un miracolo".
"Il fatto che lei sia qui a distanza di quasi tre giorni dal delitto ha dato all'assassino un vantaggio non indifferente", ribattè la iena. In altre circostanze sarebbe andato fino in fondo alla questione, avrebbe informato il questore di ritardi che egli considerava inspiegabili e che in realtà trovavano una semplice spiegazione nel fatto che, salvo casi del tutto eccezionali, la domenica il personale della Scientifica lavorava a ranghi ridotti. In ogni caso, Noce preferì soprassedere e passò alle domande per le quali sperava di avere risposte il più esaurienti possibili.
"Sappiamo che Gambino ha consumato un tramezzino prima di essere ucciso. Ne sono state trovate tracce all'interno dell'autovettura?".
"No, commissario: nè di alimenti nè di eventuali contenitori".
"Impronte di scarpe fuori dall'autovettura dal lato del passeggero?".
"Nulla di utilizzabile, commissario".
"Le tracce di sangue?
"Tutte quelle che abbiamo trovato all'interno dell'autovettura appartengono alla vittima. Abbiamo rinvenuto, invece, frammenti di capelli appartenenti a quattro persone differenti: tre donne e un uomo, tutti adulti. Oltre a quelli della vittima, naturalmente".
"Mi tolga una curiosità - chiese il commissario -: gli asiatici hanno capelli differenti dai nostri?".
"Assolutamente si, commissario. Sono notevolmente più spessi".
"Tra i capelli rinvenuti nell'autovettura di Gambino, qualcuno appartiene a persone di razza asiatica?".
"No, commissario. Lo posso escludere categoricamente".
 
 

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