Non esiste nello sport moderno ciclo vincente che non sia associato ad un grande condottiero. Allenatore, leader, padre di famiglia e tanto altro: nello splendido quadro del Setterosa oro olimpico ad Atene 2004 si staglia la gigantesca figura di Pierluigi Formiconi. Uno dei tecnici più vincenti ci svela i segreti alla base della costruzione di un gruppo fondato sulla straordinaria unità di intenti tra tutte le giocatrici, atlete disposte a qualsiasi tipo di sacrificio pur di arrivare alla vittoria e pronte a recepire i suggerimenti di chi con maestria ha saputo indicare loro la strada per arrivare fino al
massimo traguardo nella vita di uno sportivo, l’oro a cinque cerchi, traguardo che ha coronato un ciclo di successi straordinario.
Se deve riassumere il trionfo contro le greche con un’immagine quale sceglie?
Quando abbiamo recuperato l’ultima palla, mancava ormai pochissimo, la sirena finale ha sancito la fine della partita ed è scattata l’apoteosi.
Che cosa ha detto alle sue ragazze prima della finalissima con le padrone di casa?
Dovevamo attuare quello che avevamo studiato. Loro sapevano perfettamente cosa fare e come mettere le rivali in difficoltà: il segreto era far fare agli avversari ciò che volevamo quando erano in possesso della palla.
C’è stato un momento in cui avete temuto di non farcela?
Noi mentalmente non perdevamo mai con nessuno. La partita più brutta del mondo è stata la finale: la Liosi ci ha segnato cinque gol nonostante conoscessimo il suo gioco ed il suo modo di tirare. Abbiamo sbagliato tanto, specialmente in difesa. Non esiste nulla di più importante dell’Olimpiade e alla fine siamo stati bravi e fortunati a vincere a casa loro.
Quale è stata la sua prima reazione quando ha visto il pallone scagliato da Grego terminare la sua corsa in fondo al sacco?
L’ho messa dentro pochi minuti prima. Era fondamentale che avessimo fatto gol, è stato un sollievo perché eravamo state sotto di due reti ad inizio supplementari ma non era ancora finita e dovevamo portare a casa la partita
Che cosa rendeva unico e, per certi versi, indistruttibile quel Setterosa?
Il gruppo, sono sempre state unite. Io le chiamo le tredici sorelle perché potrebbero tranquillamente avere lo stesso cognome. Qualcuna è rimasta fuori e avrebbe tranquillamente meritato la medaglia ma ho dovuto, con dispiacere, effettuare delle scelte.
Quale era la difficoltà maggiore da affrontare nella gestione di un gruppo così ricco di talento e incredibilmente affamato di vittorie?
Qualche litigata è stata fatta in tanti anni ma rimaneva nello spogliatoio, era un gruppo di grandi lavoratrici che si è sempre comportato in maniera egregia.
È innegabile che la pallanuoto femminile italiana non viva oggi il suo momento migliore. Che cosa serve per riportare il movimento alla dimensione che gli compete?
Avere tecnici che lavorino bene con il settore giovanile e qualcuno c’è. Ci vuole gente qualificata e preparata perché lì nascono le giocatrici. Bisogna poi sperare che nasca qualche campione, farli stare insieme e affidarli a chi possa insegnargli i fondamentali del gioco.
Credit: Maria Angela Cinardo/MfSport.net
Inviaci un tuo commento!