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Editoriale

Franco Esposito: spero che Spuntavano scudetti a Marechiaro ridesti gli entusiasmi sopiti

  Pubblicato il 11 Apr 2123  11:54
Un libro che parla di passato per cercare di ridestare gli entusiasmi sopiti e smuovere un ambiente dal suo torpore nel tentativo di ritornare ai fasti dell’epoca d’oro perché la pallanuoto è lo sport di squadra che ha dato di più alla città di Napoli. Franco Esposito, maestro di scrittura e firma storica del giornalismo sportivo, racconta le origini, lo sviluppo e gli anni d’oro della waterpolo partenopea nel volume Sputavano Scudetti a Marechiaro.
 
Condividiamo l’auspicio di un grande scrittore ma soprattutto di un autentico appassionato perché la città di Napoli, e le sue storiche realtà, possano tornare ad assurgere a quel ruolo di protagoniste assolute che, per storia e blasone, compete loro.

La crescita dei settori giovanili può essere la via maestra per costruire un futuro tanto sostenibile quanto vincente ma essa non può prescindere dalla presenza di tecnici altamente qualificati che siano anche educatori alla vita per i giovani atleti.
 
Quali analogie coglie tra il Napoli che sta vincendo lo scudetto e il Posillipo che dominava la scena negli anni 90?
Risulta difficile trovare analogie: sono due sport diversi e tornei diversi. L’unica è la portata di impresa che il Napoli sta per realizzare: un distacco così non si era mai visto. Si può pensare ad un’analogia sul piano della continuità di dominio del Posillipo in quell’epoca, anche se il Napoli non l’ha ancor dimostrata, così come prima il Circolo Canottieri Napoli e la Rari Nantes.

Come e quando nasce l’idea di scrivere Spuntavano scudetti a Marechiaro?
L’idea è nata nel nuovo ufficio di Pino Porzio. Volevo, già da tempo, lasciare qualcosa a livello di testimonianza dell’emozione che mi ha regalato la pallanuoto, per me lo sport numero uno. Ho avuto la fortuna di seguire l’era della pallanuoto a Napoli.
 
Il volume scritto insieme ai fratelli Porzio che tipo di patrimonio può rappresentare per i tanti giovani che si avvicinano a questo sport?
L’ambizione, la speranza è che ridesti entusiasmi ormai sopiti. Vuole essere uno stimolo a tentare di riportare il clima bellissimo degli anni d’oro perché nessun altro sport di squadra ha dato alla nostra città. E’ un obbligo tentare da parte di chi ama questo mondo. Un libro che racconta 75 anni di pallanuoto. Questo sport ha il dovere di dire grazie alla città di Napoli ma anche la città deve essergli riconoscente. Mi auguro che alla presentazione ci sia un’adeguata rappresentanza delle istituzioni.
 
Quanto pesa sull’attuale declino della pallanuoto la mancanza di maestri che, oltre ad allenare, siano in grado di formare i giocatori dal punto di vista umano: Dennerlein, De Crescenzo, Mistrangelo?
La pallanuoto è uno sport meraviglioso ma ha una tendenza al masochismo, gode nel farsi male. Hai citato tre nomi che hanno dato tantissimo. La mancanza pesa, gli eredi si possono trovare. Il problema della pallanuoto sta negli uomini che la governano perché, mi duole dirlo, non si sono rivelati all’altezza. Non aver sfruttato a dovere il trionfo di Barcellona 92 è stato un peccato mortale.  Da questo discorso escludo i presidenti dei circoli che, in un’epoca di grandi difficoltà, hanno operato ogni sforzo per mantenere competitivo questo sport. Oggi il mondo è cambiato. Non ci sono i soldi e non sarebbe un male se la pallanuoto si sganciasse da realtà che hanno mentalità chiusa.
 
La crescita dei giovani è l’ingrediente principale per riportare la waterpolo partenopea ai tempi d’oro?
E’ basica, fondamentale. In quel caso ci vuole tempo e non bisogna pretendere risultati immediati. Buon tecnico, ottimo vivaio e giocatori affermati capaci di dare l’esempio possono essere un mix vincente. Lo hanno dimostrato Circolo Canottieri Napoli e Circolo Nautico Posillipo. Nel vivaio ci vogliono però i veri maestri ancor più che nella prima squadra. Devi offrire l’opportunità di uno sbocco professionale per evitare che i giocatori scelgano poi altre strade.