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Editoriale

Campagna: “Alleno il futuro “. Pallanuoto, il Ct e gli stage con i giovani e i loro allenatori

  Pubblicato il 13 Dic 2122  12:23
Nell'interessante intervista realizzata nei giorni scorsi da Italo Vallebella per il Secolo XIX il Ct Sandro Campagna ha fatto il punto sulla ripresa del lavoro con i giovani attraverso i raduni collegiali organizzati su base territoriale sottolineando l'importanza del lavoro con la base del sistema per costruire le fortune future dell'intero movimento.
 
Vi riproponiamo l'intervista pubblicata da Il Secolo
 
Recco. L’Italia della pallanuoto come una grande cantera dove far crescere i campioni del domani. Come? Monitorando i ragazzi, responsabilizzando facendo sentire parte di un progetto importante gli allenatori che ogni giorno sono vicini ai giovani. Il futuro della pallanuoto si costruisce così per Sandro Campagna, commissario tecnico del Settebello vice campione mondiale.
 
«Non ce ne accorgiamo, ma il tempo corre» dice il ct. Meglio, dunque, farsi trovare pronti. Se è fondamentale avere un gruppo forte nel presente, è importante tracciare un percorso che guardi ad un futuro anche lontano. Campagna questo solco ha iniziato a tracciarlo dalla Liguria. Con il fidato Piero Ivaldi ha organizzato due giorni di allenamento per i 2006, 2007 e 2008 della Liguria a Recco. E sempre qui, nella sede della Pro Recco, ha incontrato i tecnici delle giovanili della regione: una mattinata di confronto per indicare le linee guida in vista del futuro. Campagna non è nuovo ad iniziative di questo tipo. Ma ora ha dovuto riprendere in mano un filo che si era spezzato a causa del Covid. E che qualche danno lo ha portato.
 
Campagna, non solo Parigi 2024, dunque? I giovani che va a visionare in giro per l’Italia se va bene serviranno per il 2028 o il 2032...
Sarebbe un delitto se non lo facessi. Che ci sia io o meno seduto sulla panchina azzurra quella dei giovani è una traccia da segnare e seguire.
 
Lei è ripartito dalla Liguria. C’è un motivo?
Ho deciso di andare nelle zone dove la pallanuoto ha radici solide e può essere un serbatoio azzurro. Ma non è che mi sono inventato ora questa cosa. Lo facevo anche prima della pandemia. Adesso è ancora più importante ritornare a vedere i ragazzi e parlare con gli allenatori.
 
Perché?
Perché in Italia abbiamo risentito di più rispetto ad altre nazioni della pandemia. Ci sono state regole restrittive che hanno limitato i ragazzi. Oggi la crisi sta portando varie piscine a ridurre gli spazi acqua. Ho la sensazione che abbiamo perso terreno. Ma siamo in tempo per recuperare.
 
Sensazione o certezza?
Quando avrò terminato il mio giro in Italia potrò rispondere più precisamente. Se vuole che mi sbilanci le dico che ho una forte sensazione.
 
Gli allenatori, dunque, diventano il mezzo per far recuperare ai ragazzi il terreno perso?
 Certo, ma questi incontri servono anche per far capire quanto loro possano essere importanti per un ragazzo. Cerco di dare ai tecnici input, indicare metodologie per crescere. Abbiamo alcune annate dove le cose vanno bene. Altre, invece, diciamo dal 2006 in poi, che sono più in difficoltà.
 
Qual è la cosa più importante che devono sapere i tecnici?
 Lavorare sulla tecnica, banalmente fare il riscaldamento con la palla. Sul piano tattico puntare sulla verticalità e la profondità.
 
Questo tour in giro per l’Italia è anche un messaggio ai ragazzi?
Certo, anche perché il tempo va veloce. A me ogni tanto sembra ieri che gente come Di Fulvio e Fondelli venivano lanciati in azzurro. Ma in realtà parliamo di giocatori che viaggiano intorno ai 30 anni.
 
A proposito di giocatori, a Recco ad insegnare ai ragazzi il ruolo di centroboa c’era Matteo Aicardi.
Penso lo vedrete ancora. Abbiamo uno come lui che sa interpretare al meglio questo ruolo, è laureato Isef e sa insegnare ai ragazzi. Era un’opportunità da cogliere.
 
A proposito di giovani l’ottima estate del Settebello ha contribuito a fare crescere il numero dei tesserati.
 Dopo due anni di sofferenza era l’ora. Siamo uno sport con buoni numeri anche se non elevatissimi. Non è necessariamente un male.
 
In che senso?
Nel senso che geograficamente sappiamo dove andare a cercare quelli che potrebbero essere i talenti del domani. E poi io porto sempre come esempio il Montenegro, una nazione con seicentomila abitanti e quattro squadre di pallanuoto che sa produrre talenti di pallanuoto. Io dico che se ogni cinquecento ragazzi non ne tiriamo fuori dieci di prospettiva, qualcosa abbiamo sbagliato.
 
A Recco ci si allena all’aperto. A volte le famiglie si spaventano di questo aspetto, ma i dati dicono che ci si ammala meno.
 Vero. Io ne sono l’esempio. A Siracusa mi allenavo all’aperto e le assicuro che a gennaio e febbraio il freddo si sentiva. Ebbene, mi ammalavo di più quando giocavo, al chiuso, a Roma. Nessun timore sulla pallanuoto all’aperto anche per i giovani, semmai benefici. Anche il Savona per anni non ha giocato a Luceto?
 
 
Credits: DBM