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Editoriale

Barcelona '92. Il Settebello racconta... ecco Amedeo Pomilio

  Pubblicato il 09 Ago 2122  09:16
Sembra ieri, eppure sono trascorsi già trent’anni. Il 9 agosto 1992 il Settebello allenato da Ratko Rudic piega 9-8 la Spagna davanti ad una Picornell gremita in ogni ordine di posti, alla presenza dei reali iberici, e vince l’oro olimpico per la terza volta nella sua storia scrivendo una pagina memorabile negli annali dello sport italiano. Waterpolo People inizia oggi il racconto con cui, attraverso le parole dei protagonisti, vuole celebrare gli eroi di quell’epica impresa. Il primo a prendere la parola è Amedeo Pomilio, oggi vice allenatore del Settebello ed ex tecnico della Pro Recco.
 
Se deve riassumere il trionfo contro gli spagnoli con un’immagine quale sceglie?
Ricordo tante immagini, non una sola, come quel tunnel infuocato prima di entrare in piscina, le nostre mani che si sono afferrate tutte insieme durante la presentazione prima di entrare in acqua, la rissa a metà partita, il gol di Gandolfi ma anche la traversa colpita dallo spagnolo Oca subito dopo, i gol di Caldarella che ci hanno permesso di staccare gli spagnoli, il re sugli spalti, ne potrei elencare ancora tante e tutte quante hanno reso unica questa finale.
 
Quanto vi ha caricato dover giocare la sfida per il titolo in casa di una rivale fortissima e in una piscina grondante di entusiasmo per i propri beniamini?
Un’ atmosfera così calda, con diciottomila spettatori per una finale olimpica così attesa può schiacciarti o caricarti. Siamo stati bravi a mantenere la calma, a giocare senza perdere la testa e il filo del gioco, l’unione di squadra ha contato tanto perché, quando il gruppo è forte, permette di condividere la pressione psicologica nel modo giusto e a mantenere il controllo. Dopo il riscaldamento, nel tunnel, gli spagnoli che erano vicini a noi, ci diedero un segnale di eccessiva euforia, erano troppo eccitati e questo ci rese ulteriormente consapevoli delle nostre forze e quindi più sicuri.
 
La pallanuoto è senza dubbio una passione di famiglia. Quale importanza ha assunto, per quella spedizione, avere al vostro fianco un dirigente dello spessore e del carisma di papà Gabriele?
Il nostro gruppo era fortemente talentuoso, ognuno di noi aveva qualcosa di speciale per la squadra, ma avevamo bisogno di due cose fondamentali: la guida di Ratko e la managerialità di Gabriele. Penso che la sua figura fu molto importante anche in fase di impostazione del progetto per la Nazionale. Ratko e lui lavorarono in sinergia dalla programmazione alla gestione anche degli equilibri giusti.
 
C’è stato un momento in cui avete temuto di non farcela?
Spesso, ma abbiamo sempre reagito bene, col gioco di squadra. Era una finale olimpica e penso che sia normale che il timore di non farcela ci sia, con quello devi lottare, è il tuo vero avversario, da battere con la tua energia, il tuo coraggio e la tua passione, tutto è dentro di te e lo devi tirar fuori dal momento in cui entri in acqua.
 
Quale è stata la sua prima reazione quando ha visto il pallone scagliato da Gandolfi terminare la sua corsa nella porta spagnola?
Fu una gioia immensa, liberatoria, dopo tanti minuti senza segnare con il gioco bloccato da tutte e due le squadre. Durò però pochissimo. In quella partita troppe volte il risultato si era capovolto, mancavano 32 secondi e dovevamo pensare all’ultima difesa.
 
Il trionfo di Barcellona fu l’inizio di un ciclo memorabile per il Settebello. Quale era il segreto di quella nazionale?
La voglia di vincere, avevamo tutti una gran voglia di vincere. Non sempre eravamo uniti fuori, personalità molto diverse, ma nel momento in cui entravamo in acqua la squadra diventava molto coesa. Con Ratko lavoravamo tanto e lui ci portò a livelli sempre più alti fino a conquistare, dopo Barcellona, due europei e un mondiale di seguito, il grande slam.
 
Quali sono le tracce dell’eredità di Ratko Rudic nel percorso da allenatore di Amedeo Pomilio?
Ratko mi ha allenato in nazionale per 11 anni e parlare di tracce mi sembra poco. Direi che lui sia riuscito a farmi capire quale è l’unica via per ottenere risultati e questo nella vita ha un valore enorme.
 
A settembre uscirà nelle sale 42 Segundos, film dedicato alle vicende della vostra storica rivale. Che cosa potrebbe rappresentare per lo sport italiano un film sulla storia di quel Settebello?
Sarebbe un bell’esempio di cultura sportiva e penso anche che un film sul Settebello possa piacere a tantissimi italiani che conoscono lo sport più di quanto noi pensiamo. Chi ha perso cultura non è il pubblico ma gran parte del giornalismo sportivo e le leggi che lo regolano, questo è molto triste ma è la realtà.